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Primarie PD 2023

Primarie Pd, Orlando a Fanpage: “Con Schlein per evitare la svolta moderata, ripartiamo dal lavoro”

Il deputato del Pd scende in campo per sostenere la candidatura di Elly Schlein alle primarie. Con Bonaccini “c’è il rischio che il Pd sia avvertito come un partito che si sposta su una posizione più moderata”, dice Orlando intervistato da Fanpage.it. Sul congresso avverte: “La questione del posizionamento del Pd non è stata risolta”. E sulla sconfitta alle elezioni attacca: “Bisogna discutere con chi, dentro il partito, ha voluto rompere con i 5 Stelle”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Andrea Orlando ha deciso di appoggiare Elly Schlein nella sua corsa alla segreteria del Partito Democratico. Il deputato dem, più volte ministro e tra i dirigenti di primo piano del Pd, è sceso in campo per sostenere la candidata che se la vedrà ai gazebo con Stefano Bonaccini. Intervistato da Fanpage.it, Orlando ha spiegato perché ha deciso – dopo aver riflettuto a lungo – di sostenere Schlein e soprattutto perché è la scelta migliore per ricostruire un partito in grande difficoltà dopo la disfatta delle elezioni politiche e regionali.

Secondo lei Meloni è una politica capace? Lo ha detto Bonaccini, che potrebbe diventare il nuovo segretario del Pd.

Io sto a quello che noi abbiamo detto in Parlamento, sulla base delle scelte che fino a qui il governo ha compiuto. E cioè un giudizio molto negativo sulla manovra economica e sulle sue conseguenze sull'economia reale, sulle famiglie e sui lavoratori. Un giudizio molto negativo sul decreto Rave, una mossa propagandistica che complica soltanto il quadro penale senza affrontare seriamente nessun problema e, tra l’altro, anche con rischi sulle libertà individuali. Un giudizio molto negativo sul decreto Ong che va contro la nostra Costituzione e le leggi del diritto internazionale. Basterebbero questi giudizi per trovare una contraddizione.

Perché alle primarie sostiene Schlein? Si rischia la frattura interna al partito vista la spaccatura sui due candidati?

No, credo che il partito si dovrà ricomporre, sarà urgente poi riprendere l'iniziativa unitaria. Dico Schlein perché sono convinto che in questo momento sia necessario rispondere a un rischio, quello che il nostro partito sia avvertito come un partito che si sposta su una posizione più moderata. Questo lascerebbe un grande spazio al Movimento 5 Stelle. Superato questo scoglio, potremo discutere di come ricostruire un campo, di come far sì che il Pd torni pienamente il baricentro di una coalizione. Ma adesso il problema fondamentale è che il Pd sopravviva a questo passaggio e questo è possibile se siamo in grado di trattenere una fascia di elettorato che in questo momento è perplessa e chiede una maggior nettezza sulle questioni che riguardano le diseguaglianze sociali e la crisi ambientale. Schlein risponde con più forza, con più determinazione su questi punti. Ho deciso con una certa calma anche guardando alle platee. È impressionante come Schlein riesca a muovere un pezzo di elettorato che è più lontano dal Partito Democratico, anche anagraficamente, rispetto a quella che è la base della nostra organizzazione.

Ha proposto di cambiare il nome in Partito del lavoro, il Pd del futuro dovrebbe avere una collocazione labour? E con quali alleati?

Io credo che il tema si sia in qualche modo imposto, guardiamo questo aspetto positivo al di là della questione del nome. Abbiamo parlato di più di lavoro, abbiamo riconsiderato di più le scelte fatte in passato. E devo dire che la proposta di Schlein è la più conseguente rispetto a un dato dal quale dobbiamo partire: lasciamo perdere adesso chi aveva torto e chi aveva ragione sul Jobs Act, oggi siamo arrivati al massimo storico del numero di contratti a tempo determinato da quando si registra la tipologia contrattuale. Questo dato non è sostenibile sotto più aspetti. Dal punto di vista delle diseguaglianze e dal punto di vista della previdenza. Non basta soltanto dire “vabbè ma rendiamo un po’ più conveniente il lavoro a tempo indeterminato”. Dobbiamo anche eliminare una serie di tipologie contrattuali che non si giustificano più. Con quali alleanze? Io penso che, alla fine, se si è in grado di saldare questa proposta politica con una domanda sociale che esiste, anche gli altri sono costretti a riconoscere la forza di questo posizionamento.

In questi mesi il Pd ha perso punti percentuali facendosi rimontare dagli avversari, chiuso in un dibattito interno incomprensibile da fuori. Il congresso costituente è servito a rinascere?

Penso che si sia imboccata una via di mezzo che non ha aiutato particolarmente. O si faceva una costituente – e si poteva anche fare scegliendo un gruppo dirigente provvisorio- oppure si poteva andare subito alla scelta di un leader e rimandarla. Avere associato questi due momenti non è stata una scelta particolarmente felice. Fatto sta che oggi resta sul tavolo l'esigenza di un ragionamento sull'identità, sulla natura, su un posizionamento del Partito Democratico. È un tema che dovrà affrontare chiunque sarà chiamato a guidare il partito, perché questa questione non è stata risolta. Stiamo ancora a discutere di leadership e non a confrontarci sui singoli punti, che sarebbe un modo salutare di ricostruire una piattaforma politica per un partito che attraversa una fase di difficoltà.

Nei giorni scorsi il Pd ha esultato per essere stato il partito d’opposizione più votato alle regionali, alzando i toni contro 5 Stelle e Terzo polo. Ma poi nei fatti avete perso voti e l’ennesima regione dove governavate. C’è veramente da esultare?

Intanto ringrazio Alessio D'Amato e Pierfrancesco Majorino, che hanno condotto una battaglia assolutamente coraggiosa e con grande valore. Quando l'elettorato avverte che la partita è già chiusa a tavolino, non si mobilita. Le alleanze non possono essere l'unico tema, ma neanche venire rimosse. In un sistema dove chi prende un voto in più vince, se non fai le alleanze dai il segnale che non stai competendo neanche. La polarizzazione sulla base della minaccia “attenzione che vince la destra” non funziona più. Si spiega così anche la sconfitta alle elezioni politiche. E su questo forse bisognerebbe fare una seria discussione con chi ha insistito per rompere l'alleanza con il Movimento 5 Stelle dentro il Partito Democratico. Non la pensavamo tutti allo stesso modo, c’è chi fin dal Conte bis ha lavorato per mettere in discussione quell'asse anziché consolidarlo. E questo non credo abbia aiutato nella battaglia delle elezioni politiche.

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