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Patto di Stabilità, Draghi va in soccorso dell’Italia: “No a un ritorno alle vecchie regole di bilancio”

Draghi affida all’Economist la sua riflessione sulla discussione sul nuovo Patto di Stabilità: “Tornare alle vecchie regole sospese durante la pandemia sarebbe il risultato peggiore possibile”.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'ex presidente del Consiglio Mario Draghi in un intervento sull'Economist, indica la strada da seguire sul nuovo Patto di stabilità, in vista dei prossimi vertici europei. Verso nuove regole spingono soprattutto gli Stati, come l'Italia, che non avrebbero alcun vantaggio nel vedere tornare l'austerità pre-pandemia. L'ex presidente della Bce sostiene che l'Europa deve cambiare per affrontare le nuove sfide condivise e tornare a vecchie regole, sarebbe la "scelta peggiore", mentre è necessario "creare un'unione più stretta".

"Le strategie che hanno garantito la prosperità e la sicurezza dell'Europa in passato – la dipendenza dall'America per la sicurezza, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l'energia – sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili. In questo nuovo mondo, la paralisi è chiaramente insostenibile per i cittadini, mentre l'opzione radicale di uscire dall'Ue ha prodotto risultati decisamente contrastanti. Creare un'unione più stretta si rivelerà, in ultima analisi, l'unico modo per garantire la sicurezza e la prosperità tanto agognate dai cittadini europei", ha scritto Draghi. L'ex premier auspica un‘"unione fiscale" nella zona euro, le cui prospettive stanno paradossalmente migliorando perché "la natura della necessaria integrazione fiscale sta cambiando".

Il combinato disposto della politica della Bce che dal 2012 "ha sviluppato strumenti politici per contenere le divergenze ingiustificate tra i costi di finanziamento dei paesi più forti e quelli più deboli, e ha mostrato la propria volontà di utilizzarli" e il fatto che "l'Europa non si trova più ad affrontare crisi causate principalmente da politiche inadeguate in determinati paesi" ma "shock comuni e importati come la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina", troppo grandi perché possano essere gestiti da singoli paesi, fanno sì che ci sia meno opposizione anche da parte dei paesi forti ad "affrontarli attraverso un'azione fiscale comune".

L'Europa, continua Draghi, "deve ora affrontare una serie di sfide sovranazionali che richiederanno ingenti investimenti in un breve lasso di tempo, compresa la difesa, la transizione verde e la digitalizzazione". E al momento "non ha né una strategia federale per finanziarli, né le politiche nazionali possono assumerne il ruolo, poiché le norme europee in materia fiscale e sugli aiuti di Stato limitano la capacità dei paesi di agire in modo indipendente".

L'inerzia, però, pone il "serio rischio" che "l'Europa non raggiunga i suoi obiettivi climatici, non riesca a fornire la sicurezza richiesta dai suoi cittadini e perda la sua base industriale a favore di regioni che si impongono meno vincoli". Proprio per questo – afferma l'ex premier ed ex presidente della Bce – "ritornare passivamente alle vecchie regole fiscali – sospese durante la pandemia – sarebbe il peggior risultato possibile". Per questo l'invito è quello di "ridefinire il quadro fiscale e il processo decisionale dell'Ue per renderli commisurati alle nostre sfide condivise". La Commissione europea ha presentato – dice ancora Draghi – "una proposta per nuove regole fiscali mentre, con l'ulteriore allargamento dell'Ue sul tavolo, è il momento giusto per prendere in considerazione tali cambiamenti".

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