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Opinioni

Migranti, cosa l’Europa vuole fare, cosa farà e cosa ci farà fare

In vista del vertice di giugno vale la pena di riprendere il contenuto dell’agenda europea sulla migrazione per capire scelte ed indirizzi della Commissione europea. E per chiarire una volta per tutte cosa l’Europa “vuole fare”, cosa “farà” e cosa invece “non può fare” sulla questione migranti.
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Come noto da settimane è in corso un vero e proprio braccio di ferro sulla questione delle quote di richiedenti asilo che sbarcano in Italia e Grecia da ripartire tra i vari Paesi europei. Ad opporsi al meccanismo delle quote è anche la Francia, che continua ad impedire che i migranti passino il confine a Ventimiglia, ma che ha assicurato l’impegno comune nel fronteggiamento della crisi nel mar Mediterraneo.

Ad onor del vero va ricordato che la questione delle quote, che sembra ormai essere diventata cruciale, è solo uno degli aspetti trattati dall’agenda europea sulla migrazione, che è tuttora il punto di partenza essenziale per valutare le mosse della Comunità Europea. A dirla tutta, da un certo punto di vista la questione quote è finanche marginale, considerando che si tratterà di “redistribuire” circa 24 mila persone, a fronte di 200mila arrivi stimati nel corso del solo 2015. In una intervista sul tema, il capo del Dipartimento Immigrazione Mario Morcone ci ha spiegato come si tratti di una cifra che a stento coprirà gli arrivi di luglio / agosto e di come in effetti quella sulle quote sia una battaglia politica, più che una soluzione ai problemi connessi agli sbarchi. Una battaglia politica che ha come obiettivo di medio termine la modifica del Regolamento di Dublino III che, come noto, impone che il richiedente asilo debba fare domanda di protezione nel Paese di primo approdo.

Cosa c'è nell'Agenda Europea sulla migrazione

La definizione dell'agenda ha richiesto quasi due mesi di lavoro e lunghe trattative interne alla Commissione, anche perché si trattava del primo vero tentativo di ragionare in maniera "sistemica e collegiale" di flussi migratori "di tipo emergenziale". Alla logica emergenziale sono ispirati gli interventi immediati suggeriti dalla Commissione (e in larga misura confermati da Consiglio Europeo e Parlamento di Strasburgo), sintetizzabili nel potenziamento di Triton e Poseidon, con 27 milioni di euro (gestiti da Frontex) immediatamente disponibili e ulteriori 62 milioni di euro da destinare ai paesi in prima linea per quel che concerne l'accoglienza (5 milioni per il fondo Sicurezza interna e 57 milioni per il fondo Asilo). Cifre che saliranno nel 2016, quando dallo strumento di flessibilità arriveranno 150 milioni per l'emergenza in Italia e Grecia, mentre il Fondo asilo, migrazione ed integrazione sarà portato ad 833 milioni di euro complessivi.

C'è poi il richiamo alla necessità di una operazione "di politica di sicurezza e di difesa" comune nel Mediterraneo. Tale opzione si è concretizzata in queste ultime ore con la definizione della missione EUNavfor Med, approntata qualche settimana fa tra critiche e perplessità. In soldoni si tratta di "intervenire contro gli scafisti", sequestrando barconi e navi madre per poi renderli inutilizzabili: la sede della missione sarà a Roma ed il comando italiano (l'ammiraglio Enrico Credendino), con 12 milioni di euro di budget ed un mandato di 12 mesi.

Resta da capire (sapremo di più nei prossimi giorni, probabilmente) quale sarà la tempistica delle "fasi successive" in cui si articolerà la missione e che incidenza avrà a lungo termine. Infatti nella prima fase si procederà alla individuazione ed al successivo monitoraggio delle reti di migrazione (non è passata sotto silenzio la mezza ammissione dell'intelligence Ue di conoscere solo marginalmente la questione), mentre per le fasi "operative" (ricerca, sequestro e smantellamento delle imbarcazioni) bisognerà ancora attendere le specifiche risoluzioni dell'Onu. Insomma, per ora, niente affondamenti o operazioni "straordinarie", ma si continua con le vecchie regole di ingaggio di Triton e Poseidon.

L'agenda europea affronta poi altri nodi cruciali della questione migrazioni, stanziando fondi per i programmi di sviluppo e per un "centro pilota" in Niger. L'obiettivo è quello di "affrontare le cause alla base delle migrazioni", con la leva dello sviluppo, della cooperazione e dell'assistenza umanitaria, ma anche pressando i paesi terzi affinché mettano in campo seri meccanismi di rimpatrio, in cambio di "una regolamentazione e revisione" della migrazione regolare.

Cos'è e come si articola il sistema delle quote

Come detto, una parte dell'agenda è dedicata al meccanismo delle quote, o meglio alle "misure provvisorie di ricollocazione dei migranti". Si tratta, in poche parole, di distribuire nei paesi membri circa 40mila persone (24mila delle quali sono in Italia e 16mila in Grecia) che hanno "evidente bisogno di protezione internazionale" e che vengono da una nazione che "presenta un tasso medio di accettazione delle domande di protezione pari o superiore al 75%": dalla ripartizione sono escluse ovviamente Italia e Grecia e per gli Stati ospitanti è previsto un "rimborso" di circa 6mila euro a persona. Si tratterà in ogni caso di misure temporanee, della durata di 24 mesi e per un numero totale di beneficiari che non potrà in ogni caso superare il "40% del numero totale di richiedenti asilo".

Marco Zatterin de La Stampa ha potuto visionare in anteprima la bozza che sarà discussa e con ogni probabilità approvata nel vertice europeo del 25 e 26 giugno e che contiene una novità rilevante: sì al piano dell'agenda europea e alle "quote", ma la decisione sulla distribuzione dei richiedenti asilo spetterà agli Stati. In pratica:

Chiaro, no? L’Europa sceglie di dare un aiuto iniziale ai paesi di prima linea, la Grecia e l’Italia, ma rifiuta che “le quote” (che nessuno chiama ufficialmente così) siano determinate dalla Commissione o da altre istituzioni. Per questo si impegnano a definirle i governi, con una forma di riallocazione coordinata che assomiglia molto a una “obbligatorietà volontaria”. In pratica, si scioglie il nodo senza creare un precedente di diktat, e si passa il messaggio che sono gli stati ad avere l’ultima parola e non le istituzioni.  Alla prova dei fatti, il risultato concreto è lo stesso: Italia e Grecia saranno aiutate.

Tutto qui, insomma? Forse, perché resta comunque ferma l'intenzione della Commissione Europea di presentare una proposta legislativa "incentrata su un sistema di ricollocazione obbligatoria ad attivazione automatica che, in caso di afflusso massiccio di potenziali richiedenti asilo, distribuisca all'interno dell'Unione Europea le persone con evidente bisogno di protezione internazionale". Senza dimenticare la "raccomandazione" della Commissione circa il programma europeo di reinsediamento per 20mila rifugiati, con una proposta che ricalca il sistema delle quote, ovvero con la ripartizione di chi ha diritto alla protezione (qui per capire "di che tipo") in base ad una serie di parametri: Pil, popolazione, tasso di disoccupazione, profughi accolti in passato. È una proposta che ha fatto molto discutere e sulla quale gli Stati membri si sono sostanzialmente divisi (con Regno Unito, Irlanda e Danimarca che hanno fatto capire di potersi avvalere delle clausole di opting in / out).

E quindi?

Quindi torniamo di nuovo al concetto cardine dell'intera vicenda: l'Italia sta cercando di far sì che la crisi nel Mediterraneo venga percepita come problema europeo (e in parte ci sta riuscendo), ma ha sulle proprie spalle gran parte del carico dell'accoglienza. Ottenuto il supporto (soprattutto economico) per quel che concerne il pattugliamento e i soccorsi in mare, il nostro Paese deve gestire comunque l'afflusso dei migranti secondo la legislazione in vigore, vagliando le richieste di asilo e sostenendo il compito di prima "e seconda" accoglienza. Le "quote" copriranno una parte molto marginale delle richieste d'asilo dei precedenti e dei prossimi mesi e non ci sarà alcun intervento straordinario del nostro Governo (era stato ipotizzato il ricorso a permessi temporanei, in modo da permettere agli stranieri di lasciare il nostro Paese: evenienza che avrebbe fatto precipitare i rapporti con gli stati membri della Ue). La normativa, insomma, resterà la stessa e si ripresenterà l'annoso problema sottolineato da Briguglio su LaVoce:

L’amministrazione italiana, un po’ per inefficienza, un po’ per esercitare una pressione nei confronti degli altri Stati UE, un po’ per scansare immediatamente una parte degli oneri, ha creato i presupposti per un aggiramento di fatto del regolamento Dublino 3, ritardando di molto l’identificazione (con rilevazione delle impronte digitali) e la verbalizzazione delle eventuali domande di asilo dei profughi, e lasciando loro libertà di circolazione (incurante del fatto che, in mancanza di una richiesta d’asilo o di altra ragione umanitaria grave, lo straniero che sbarchi sulle coste italiane dovrebbe essere rimpatriato)

L'incidenza del "meccanismo elusivo" è piuttosto chiara se ad esempio si guardano i dati delle richieste di asilo nel 2014: a fronte di circa 170mila sbarchi, l'Italia ha ricevuto meno di 65mila richieste di protezione, circa il 10% del totale Ue, quota non dissimile da quella della stessa Francia (che secondo la proposta della Commissione dovrebbe farsi carico di ulteriori richiedenti asilo). È questo uno degli ostacoli di fondo alla "soluzione organica comune": e si ripresenterà nuovamente ora che toccherà agli Stati "decidere" sulle quote.

Nel frattempo, sta ottenendo ben poca visibilità la prima "concessione" che il Governo si appresta a fare all'Europa sulla gestione del flusso di migranti: la creazione dei campi profughi in cui "centralizzare" le operazioni (anche il livello burocratico). Alfano ha usato il termine "hotspot", "centri dove identificare i migranti sbarcati e verificare se possono fare la domanda di protezione internazionale", ricordando come siano una parte centrale dell'agenda Juncker, ma la questione resta estremamente complessa. Anche perché l'insieme di misure sopra descritte non possono prescindere dalla messa in funzione di un "meccanismo che consenta di rimpatriare i migranti economici". Una linea tanto discutibile (che ne facciamo di chi fugge dalla fame e dalla disperazione? Che fine farà chi non fornirà le proprie generalità? Siamo al punto da dover utilizzare lo strumento delle carceri? Come si immagina il modello di espulsione e rimpatrio?) quanto fumosa.

Resta, infine, la necessità di un ripensamento del sistema dell'accoglienza (anche per evitare sprechi e disfunzioni…). Ma, per chiudere, resta anche la consapevolezza che l'Italia possa gestire in autonomia un simile flusso migratorio (come ribaditoci anche dal prefetto Morcone), soprattutto se ogni Regione comincerà a fare la sua parte fino in fondo. Insomma, tocca a noi, prima di tutti.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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