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“Le Ong non aiutano i trafficanti, il codice viola il diritto internazionale del mare”

L’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) critica il codice di condotta per le ong: “Diminuisce la capacità delle organizzazioni di salvare vite umane”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Dopo l'approvazione del codice di condotta per le ong ecco l'affondo dell'Asgi, l'associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione: "Le ong si fanno carico di compiti che gli Stati europei non sono stati in grado di assolvere, pur avendone la responsabilità giuridica, oltre che morale". È la difesa dell'operato delle organizzazioni in mare, in contrapposizione alle stringenti norme imposte dal nuovo codice di comportamento.

Secondo l'Asgi l'attività delle ong è del tutto slegata dai traffici illeciti delle organizzazioni criminali, e non ci sono prove che ne dimostrerebbero il coinvolgimento. L'associazione ha elaborato un documento, per smentire punto per punto il codice di condotta per le ong. In particolare alcune regole sarebbero apertamente in contrasto con il diritto internazionale del mare. Inoltre nel codice viene esplicitamente richiesto alle ong di collaborare con la Libia, dove la situazione politica è fortemente instabile, e dove non c'è certezza che i migranti rimpatriati otterrebbero trattamenti adeguati al diritto internazionale.

L'Asgi ha pertanto elaborato un documento, la "Posizione sulla bozza di “codice di condotta per le ONG coinvolte nel salvataggio di migranti in mare”. Nel testo si evince che l'Italia, prevedendo sanzioni per le ong che non riconoscono il codice, sta entrando in un territorio giuridico che non le compete. Tradotto: se le ong battenti bandiere di Paesi terzi non rispetteranno le norme non avranno il permesso di attraccare nei nostri porti. Ma per il diritto internazionale in teoria l'Italia non potrebbe esercitare competenze in alto mare. In quelle condizioni una nave è soggetta alla giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera. Per questa ragione, l‘Italia non può nemmeno imporre la presenza di propri agenti di sicurezza a bordo delle navi.

Per quanto riguarda invece l'incolumità stessa dei migranti, secondo l'Asgi, il codice diminuisce la capacità delle ong di salvare vite umane. A esempio impedendo le comunicazioni luminose o telefoniche con i barconi alla deriva.

La Convenzione europea dei diritti umani imporrebbe all'Italia di proteggere la vita e l’integrità fisica e morale delle persone a bordo della nave, che si trovano soggette alla giurisdizione italiana. Per questo la possibilità negata di usufruire dei nostri porti alle navi delle ong potrebbe non essere in linea con precedenti accordi presi dal nostro Paese.

Sulla controversa questione dell'obbligo di collaborare con la guardia costiera libica, l'Asgi ha poi espresso le sue perplessità: in primo luogo sostiene che le ong non abbiano mai ostacolato le attività di ricerca e soccorso (SAR) dei libici, e in molti casi è anzi avvenuto il contrario. Infine nel documento viene citata un'indagine conoscitiva del Senato sulle attività dei militari italiani nel Mediterraneo, dalla quale emerge che la piena autosufficienza della Guardia costiera libica nelle attività di SAR non è ancora stata raggiunta.

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