Le banche italiane guadagnano oltre 6,5 miliardi in tre mesi, ma i profitti rallentano rispetto al passato: ecco perché

Per anni, i conti delle banche italiane hanno fatto registrare profitti straordinari, trimestre dopo trimestre. Il segreto? I tassi di interesse, alti come non succedeva da tempo, che hanno reso i prestiti molto più redditizi rispetto ai depositi. Ma quel periodo di "crescita facile" sembra ormai concluso.
Secondo i dati del terzo trimestre 2025, le sei principali banche italiane, UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco BPM, Monte dei Paschi di Siena, BPER e Credem, hanno guadagnato 6,5 miliardi di euro. È sì un aumento rispetto all'anno scorso, ma molto più contenuto rispetto ai tassi di crescita a doppia cifra registrati negli ultimi anni. Dall'inizio del 2025, gli utili complessivi del settore hanno raggiunto 21 miliardi di euro, a dimostrazione che le banche restano solide, anche se con ritmi più "normali".
La fine del boom dei tassi che ha fatto crescere i profitti
Negli ultimi due anni, il grande motore dei profitti bancari è stato l'aumento dei tassi deciso dalla Banca Centrale Europea (BCE). Più alto il tasso, maggiore il guadagno dei prestiti rispetto a ciò che le banche pagano sui depositi, cioè il cosiddetto margine di interesse. Oggi però quella spinta si sta esaurendo: nel terzo trimestre 2025, il margine di interesse aggregato delle principali banche è sceso del 3,6%. Non è un crollo, ma indica che il "guadagno facile" dai tassi elevati non ci sarà più. In pratica, le banche non possono più fare affidamento solo su questo vantaggio automatico ma devono puntare su altri strumenti per mantenere i profitti.
Un esempio pratico: se prima una banca prestava 100 euro a un tasso alto, guadagnava molto sulla differenza tra interessi incassati e interessi pagati sui depositi. Ora, con tassi più stabili, quel margine si riduce, e bisogna trovare altre fonti di reddito.
Le commissioni prendono il posto dei prestiti
Oggi, a compensare la riduzione dei guadagni derivanti dai prestiti ci sono le commissioni, ossia i ricavi che le banche ottengono dai servizi non direttamente legati al credito: carte di pagamento, assicurazioni, consulenze finanziarie, gestione del risparmio. Questo mette in luce l'importanza del modello di banca "universale", che non si limita cioè a prestare denaro, ma offre un insieme di servizi diversi.
Per capire meglio: se un cliente ha un conto corrente con carta di credito, un piano di risparmio e usufruisce di consulenze per investimenti, la banca guadagna in tre modi diversi; dagli interessi sulla carta di credito, dalle commissioni sul piano di risparmio e dalle parcelle o fee della consulenza. Anche se il margine sui prestiti diminuisce, queste entrate aggiuntive aiutano a mantenere i profitti complessivi stabili.
Prestiti solidi e famiglie prudenti
Oltre a puntare sulle commissioni, le banche continuano a monitorare con attenzione anche la qualità dei prestiti concessi. Un dato positivo riguarda proprio questo aspetto: nel trimestre le rettifiche su crediti, cioè i soldi accantonati per coprire eventuali prestiti insoluti, sono diminuite del 5,5%.
In pratica, significa che famiglie e imprese italiane continuano a rispettare regolarmente i loro debiti, nonostante inflazione e rallentamento economico. È anche un segnale della maggiore prudenza adottata dalle banche: dopo le crisi del 2008 e del Covid, concedere un prestito non è più automatico. Ogni richiesta viene valutata con attenzione, per capire chi può davvero sostenere il debito e chi invece comporterebbe un rischio troppo alto.
Costi sotto controllo e contributo allo Stato
Oltre a diversificare i ricavi e a monitorare con attenzione i prestiti, le banche italiane continuano a gestire in modo efficiente i propri costi. Nonostante l'aumento delle spese per stipendi e l'inflazione, le spese operative sono cresciute solo del 2,5%, a dimostrazione di una solida capacità di controllo interno.
Ma il loro ruolo non si limita ai bilanci interni: le banche contribuiscono anche in modo significativo alle finanze pubbliche. Solo nel terzo trimestre hanno versato oltre 2 miliardi di euro di tasse, pari a circa un terzo degli utili. In altre parole, una parte importante dei profitti bancari torna direttamente allo Stato e finanzia servizi pubblici essenziali come sanità, istruzione e infrastrutture, al fine di sostenere l'economia del Paese nel suo complesso.
Le sfide del futuro per le banche italiane
Se fino a oggi le banche hanno mantenuto profitti solidi grazie a margini interessi ancora positivi, commissioni crescenti e prestiti di buona qualità, il futuro presenta però ancora alcune incognite. La BCE ha fermato l'aumento dei tassi e potrebbe ridurli nel 2026, riducendo così i guadagni derivanti dai prestiti. Allo stesso tempo, l'economia italiana rallenta: se le famiglie riducono i consumi e le imprese limitano gli investimenti, le banche dovranno valutare con maggiore attenzione a chi concedere credito e individuare nuove fonti di reddito.
Dopo anni di razionalizzazioni, fusioni e chiusure di filiali, le banche hanno già ridotto gran parte dei costi possibili. Per questo, diventa difficile abbattere ulteriormente le spese, e rimane incerto quanto a lungo la qualità dei prestiti potrà restare alta se l'economia dovesse rallentare ulteriormente.