La manovra arriva in Senato: come può cambiare la tassa sugli affitti brevi con le modifiche in Aula

La manovra da 18,7 miliardi di euro prenderà il via ufficialmente in Senato domani. La prossima settimana entreranno nel vivo i lavori della legge di Bilancio 2026, che porteranno all'approvazione del testo entro la data del 31 dicembre. Il testo arriva a Palazzo Madama con un giorno di ritardo rispetto ai programmi, e lo slittamento ha permesso alla maggioranza di risolvere anche il problema del ddl Concorrenza. Il testo, varato a giugno in Consiglio dei ministri è tra gli obiettivi Pnrr e va approvato entro il 31 dicembre, ma è rimasto fermo in commissione per mesi con 160 emendamenti da votare, molti anche della maggioranza, da votare. E quest'iter in teoria avrebbe dovuto completarsi entro l'avvio della sessione di Bilancio, che blocca i provvedimenti che contengono spese. Alla fine, in assenza di una mediazione con le opposizioni, la scelta del governo è stata quella di mandare il provvedimento in Aula senza relatore, facendo decadere tutti gli emendamenti. Una volta votato il ddl Concorrenza, con la fiducia, potrà partire anche la sessione di Bilancio.
Da lunedì comunque partono le audizioni davanti alle commissione Bilancio riunite di Camera e Senato a Palazzo Madama, e si concluderanno con il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti giovedì intorno alle 14:30.
Uno dei nodi ancora da sciogliere è rappresentato dall'aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, che il governo, dopo le le pressioni di Lega e Forza Italia, ha confermato al 21% per le locazioni dirette. Anche se più del 90% degli affitti brevi passa dalle piattaforme come Airbnb e Booking. Per questa tipologia di affitti l'aliquota per la prima casa messa in affitto salirebbe dal 21% al 26%. Ricordiamo che per affitti brevi, secondo la definizione del 2017, si intendono i contratti di locazione di immobili abitativi della durata non superiore ai 30 giorni, stipulati dalle persone fisiche direttamente o con un intermediario, anche telematico.
Nel testo della manovra bollinata la versione iniziale della norma appare modificata. Non più quindi un aumento della tassa generalizzato: per coloro che affittano la prima abitazione senza intermediari rimarrebbe la tassazione al 21%, come è stato fino ad ora. Per tutti gli altri, cioè per chi usa i portali o chi si rivolge alle agenzie immobiliari, l'aliquota sale.
Secondo la relazione tecnica alla manovra di bilancio redatta dalla Ragioneria generale dello Stato si prevede che il 90% degli immobili assoggettati alla cedolare secca del 21% "continui ad avvalersi delle piattaforme per esigenze di semplificazione e rapidità delle transazioni" anche dopo l'innalzamento dell'aliquota al 26%. Per questo la norma sugli affitti brevi comporterà "effetti finanziari positivi a regime in misura pari a circa 102,4 milioni di euro su base annua" a partire dal 2028. A scegliere di non avvalersi più dei servizi delle piattaforme telematiche sarebbe il restante 10% della platea.
La tassazione sul primo immobile è considerata inaccettabile dagli azzurri e anche sai leghisti, che puntano a cancellare la modifica con un emendamento in Senato. Il governo è aperto a modifiche, anche se bisognerebbe trovare le risorse, visto che la misura a regime vale circa 100 milioni di euro per le casse dello Stato. Ma se Lega e Forza Italia chiedono la soppressione dell'articolo, il resto della maggioranza è più cauto. Secondo Noi Moderati non bisognerebbe toccare l'attuale norma, ma utilizzare il gettito (i redditi derivanti da contratti di locazione breve stipulati dagli affittuari avrebbero generato un imponibile di 438 milioni di euro) per introdurre una cedolare secca al 15% per gli affitti a lungo termine. Fdi invece punta a una mediazione. Tra le ipotesi allo studio c'è la revisione dell'aumento: non ci sarebbe un incremento dal 21 al 26, ma l'aliquota sul primo immobile in affitto tramite le piattaforme potrebbe salire al 23% e non al 26%.