La difesa di Nordio, Piantedosi e Mantovano per il caso Almasri: “Agito per interesse dello Stato”

È stata depositata in Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio la memoria difensiva congiunta dei ministri della Giustizia e dell'Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano sul caso Almasri.
Si tratta di un unico documento di 23 pagine firmato dai tre componenti del governo, indagati a vario titolo dei reati di omissione di atti d'ufficio, concorso in favoreggiamento e peculato. Come sappiamo, il Tribunale dei ministri ha archiviato la posizione relativa alla premier, mentre ha chiesto l'autorizzazione al processo nei confronti del sottosegretario Mantovano, dei ministri Nordio e Piantedosi, per la scarcerazione e il rimpatrio delgenerale libico Almasri, nonostante il mandato di arresto della Corte penale internazionale. Il caso deve essere ora esaminato dalla Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, prima di passare al voto nell'Aula della Camera. La prossima riunione della Giunta è già convocata mercoledì 17 alle 8,15.
Cosa c'è nella memoria difensiva di Nordio, Piantedosi e Mantovano per il caso Almasri
La memoria difensiva non può essere resa nota sul sito della Camera: il contenuto completo del testo si conoscerà dalle relazioni del relatore, il deputato del Pd Federico Gianassi. Secondo quanto scrive il Corriere, che ha visionato le carte, nel testo si conclude che i tre componenti del governo nella vicenda Almasri avrebbero agito "per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante". E "il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo". Sono questi i requisiti previsti dalla legge affinché il parlamento non autorizzi il processo. La tesi sostenuta dai tre ministri sarebbe quella delle numerose anomalie e violazioni da parte dei giudici del Tribunale dei ministri, che renderebbero irricevibile l'accusa.
Le accuse dei ministri ai giudici
Come scrive il Corriere della Sera, i giudici vengono accusati di aver fatto durare l'indagine oltre i termini previsti dalla legge; non avrebbero poi tenuto conto dell'offerta del sottosegretario Mantovano di sottoporsi alle domande al posto del ministro Nordio (ma era il Guardasigilli che il tribunale voleva sentire, non l’altro indagato, e il Guardasigilli mandò a dire di non essere disponibile, ricorda il Corriere); avrebbero quindi tentato di screditare le testimonianze che non andavano nella direzione gradita al collegio, considerandole immotivatamente contraddittorie o poco attendibili; secondo la linea della difesa poi avrebbero lasciato spazio a considerazioni e interpretazioni delle norme, senza conoscere a fondo la materia. E infine hanno mandato sotto inchiesta la capo di Gabinetto dei Nordio, Giusi Bartolozzi facendo aprire un procedimento separato, nonostante l'ipotetico collegamento con i reati ministeriali contestati ai membri del governo, con l'obiettivo di aprire un processo parallelo a quello dei ministri, bypassando dunque il Parlamento.
Il documento depositato ribadisce quanto già affermato dagli esponenti del governo nelle relazioni al Parlamento del febbraio scorso, che poi è stato messo nero su bianco nella memoria trasmessa il 30 luglio ai giudici di piazzale Clodio, firmata dall'avvocato Giulia Bongiorno.
La linea difensiva del governo poggia sul fatto che i ministri abbiano agito "nell'interesse dello Stato". "Lo stato di necessità, come enunciato dall'articolo 25 del ‘Responsability of State for Internationally Wrongful Acts 2001' della International Law Commission delle Nazioni Unite – si legge nella memoria del 30 luglio – legittima rappresentanti del governo italiano coinvolti nel presente procedimento". La norma citata si riferisce al codice di diritto internazionale sulla responsabilità degli Stati su atti illegittimi che giustifica – come nel caso citato nella memoria difensiva – l'illiceità di una misura per salvaguardare un interesse essenziale dello Stato da un pericolo grave e imminente.
La stessa premier Meloni nei mesi scorsi aveva fatto espresso riferimento a ragioni di "sicurezza nazionale" nella scelta di espellere il generale libico dal territorio italiano. Nel documento trasmesso in Giunta, scrive Ansa, un passaggio potrebbe essere dedicato a quanto stabilito all'articolo 9 della legge Costituzionale – la numero uno del 1989 – in cui si afferma che l'Assemblea può "a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere ove reputi" e con "valutazione insindacabile" che "l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo".
Il Governo aveva già chiarito la sua posizione nella prima memoria di febbraio che riprendeva in sintesi quanto detto da Nordio in Parlamento. Il Guardasigilli aveva respinto le accuse affermando di "non essere un passa carte" e facendo riferimento allo stato di necessità. "Ho il potere di interloquire con altri organi dello Stato in caso di necessità – aveva detto il ministro – e questa necessità si presentava eccome".
Sempre in quella memoria si sottolineava che "deve escludersi in modo categorico che incombesse sul Ministro un dovere di trasmissione automatica degli atti al Procuratore Generale". Sull'atto di espulsione di Almasri firmato da Piantedosi si citavano poi i "motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato". In quei giorni si è scelto di agire rapidamente – è la posizione del governo già nella prima memoria – "per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato".