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La Corte di giustizia europea boccia il ricorso dei cittadini italiani contro il green pass

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha rigettato il ricorso che chiedeva di sospendere l’esecuzione del regolamento che stabilisce un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati Covid digitali Ue, il green pass. Secondo il presidente del Tribunale Ue “nessuna argomentazione dei richiedenti dimostra il carattere manifesto della violazione denunciata”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La Corte di giustizia dell'Unione europea boccia la richiesta di sospendere il green pass. La notizia arriva direttamente da un comunicato del Tribunale Ue, che risponde ad un ricorso depositato il 30 agosto scorso da parte di una cittadina italiana e altri 423, rappresentati da un avvocato italiano. Si chiedeva alla Corte di sospendere l'esecuzione del regolamento che stabilisce un quadro comune per il rilascio, la verifica e l'accettazione dei certificati Covid digitali Ue, il green pass. Oggi è arrivata la risposta, negativa, da parte del presidente del Tribunale, che ha deciso di rigettare la domanda.

Nella nota diffusa dalla Corte vengono spiegati i motivi della decisione: "Gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione godono della presunzione di legalità, ed è solo a titolo eccezionale che il giudice del procedimento sommario può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato innanzi al Tribunale – si legge – Il presidente del Tribunale precisa inoltre che la sospensione dell’esecuzione può essere accordata se la parte richiedente prova che la sua concessione è fondata prima facie in fatto e in diritto (fumus boni iuris) e che è urgente, nel senso che è necessario che sia emanata e che produca effetti prima della decisione della causa principale per evitare un danno grave e irreparabile".

In pratica il presidente del Tribunale "esamina se risulti soddisfatta la condizione dell’urgenza" e "ricorda in proposito che, quanto alla tesi secondo cui il regolamento crea in pratica una discriminazione tra i cittadini dell’Unione nell’esercizio dei loro diritti fondamentali, non si possa fare applicazione meccanicamente e rigidamente della condizione del carattere irreparabile del danno, ma si debba tener conto delle circostanze che caratterizzano ogni causa, dovendo disapplicarsi l’anzidetto criterio quando esso sia incompatibile con i requisiti di una protezione provvisoria effettiva".

Dopo questa premessa, il presidente del Tribunale spiega: "Nessuna argomentazione dei richiedenti dimostra, a prima vista, il carattere manifesto della violazione denunciata, poiché il possesso dei certificati previsti dal regolamento non è condizione necessaria per l’esercizio del diritto alla libera circolazione". Inoltre "i richiedenti non presentano alcun elemento che dimostri il peggioramento delle loro condizioni di spostamento, derivante dal regolamento, rispetto alla situazione preesistente alla sua entrata in vigore". Anzi: "Lo scopo del regolamento impugnato è semmai quello di facilitare l’esercizio del diritto di libera circolazione in seno all’Unione durante la pandemia di Covid-19". Il presidente conclude che "i ricorrenti non hanno provato che la condizione relativa all’urgenza sia soddisfatta, per cui la domanda cautelare è rigettata, senza necessità di esaminare la condizione relativa all’esistenza del fumus boni iuris né di procedere al bilanciamento degli interessi".

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