Il piano del governo per gli stipendi: flat tax per straordinari e festivi, cosa cambia in busta paga

I lavori sulla manovra sono ancora nelle primissime fasi, il Parlamento ancora chiuso per la fase estiva, ma i partiti iniziano ad avanzare le loro proposte. Così, mentre finora l'attenzione si è concentrata sul Fisco e sulle pensioni, ora emerge un'ipotesi per gli stipendi. Da una parte, una flat tax che permetta di pagare imposte più basse sugli straordinari, i festivi, il lavoro notturno, insomma le entrate variabili in busta paga. Dall'altra, una norma che spinga i datori di lavoro a rinnovare più rapidamente i contratti collettivi.
Flat tax su straordinari e festivi, che effetto ha per gli stipendi
Per ora, come detto, sono ipotesi. L'idea della flat tax sarebbe simile a quella che già esiste per i premi di produttività. Si pagherebbe un'aliquota più bassa per la parte dello stipendio legata a straordinari, lavoro durante i festivi o in orario notturno. Non c'è ancora un'idea chiara su quale sarebbe questa aliquota: per i premi di produttività è fissata al 5%.
Quasi sicuramente ci saranno dei paletti. Si pensa a un importo massimo su cui applicare la tassazione ridotta, e anche a un tetto di reddito per i beneficiari. Ad esempio: Irpef ridotta al 5% sugli straordinari, per un massimo di 3mila euro all'anno e solo per i lavoratori con un reddito non superiore agli 80mila euro. Questi sono i requisiti per i premi di produttività, e il meccanismo dovrebbe essere simile, anche se probabilmente con cifre diverse, stando a quanto riportato da Repubblica e Stampa.
Contratti collettivi, o si rinnova in fretta o lo stipendio sale in automatico
L'altra idea riguarda i contratti collettivi. Come è noto, uno dei problemi dei lavoratori italiani è che i contratti che comprendono milioni di dipendenti restano scaduti per anni, e così le buste paga sono ferme mentre l'inflazione fa salire i prezzi. La bozza di partenza per intervenire in questo campo sarebbe spinta soprattutto dalla Lega.
La misura consisterebbe in due incentivi. Il primo è un taglio delle tasse per premiare i datori di lavoro che arrivano al rinnovo del contratto collettivo entro sei mesi dalla sua scadenza. Verrebbero dimezzate le imposte sugli aumenti di stipendio per un periodo di tre anni. O, in alternativa, l'Irpef sarebbe ridotta al 5% per un triennio sempre su quegli aumenti di stipendio.
Il secondo incentivo invece sarebbe mirato a tutelare i lavoratori e le lavoratrici che si ritrovano con un contratto scaduto per troppo tempo. L'idea sarebbe di adeguare automaticamente gli stipendi al costo della vita una volta che il contratto non viene rinnovato per due anni dopo essere scaduto.
Se un contratto collettivo scade a gennaio 2025, e a gennaio 2027 non ce n'è ancora uno nuovo, allora da luglio 2027 le buste paga verrebbero aumentate in percentuale pari all'Ipca, cioè l'indice che si usa per misurare quanto aumenta il costo della vita, entro un massimo del 5%. Gli aumenti verrebbero ripetuti ogni anno, sempre nel mese di luglio, fino al rinnovo del contratto.
Come finanziare queste misure: possibile trattativa con le banche
Resta la questione di come finanziare queste misure. I retroscena parlano di un'intenzione del governo di cercare un accordo con le banche, anche se Forza Italia sarebbe contrario. Pochi giorni fa al meeting di Rimini il ministro dell'Economia Giorgetti aveva detto che sarebbe servito un "pizzicotto" alle banche per chiedergli di aiutare di più le famiglie. Già la prossima settimana potrebbe esserci un incontro tra l'esecutivo e l'associazione bancaria Abi, per intavolare una discussione su un possibile contributo da chiedere agli istituti di credito.