Il nuovo reato di femminicidio non basterà a fermare la violenza sulle donne: il nuovo episodio di “Nel Caso Te Lo Fossi Perso”

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Il Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge che introduce il reato di femminicidio, con una formula modificata rispetto a quella inizialmente proposta dal governo, in cui si terrà conto anche dell’aspetto del rifiuto della donna ad avere una relazione con l’autore del delitto. Manca il passaggio alla Camera per l'ok definitivo, ma si tratta di una novità che porta con sé un messaggio importante. Come ha spiegato la ministra per le Pari Opportunità Eugenia Roccella, dare un nome ai fenomeni (come appunto il femminicidio) è fondamentale perché serve a riconoscerli e perché le leggi contribuiscono a formare la cultura di una nazione. Ma davanti a una società così ancora fortemente patriarcale introdurre nuovi reati basterà?
Il ddl punisce con l’ergastolo chiunque provochi la morte di una donna come atto di odio, di discriminazione, di prevaricazione, controllo o possesso o dominio in quanto donna. O anche in relazione al suo rifiuto di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali. Vengono previste anche una serie di altre misure come l'aumento di pena per lesioni, violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, stalking, revenge porn; l’aumento a mille metri della distanza minima negli ordini di allontanamento; tutele per i minori figli di vittime di femminicidio e la formazione obbligatoria per i magistrati che dovranno occuparsi di questi casi per evitare qualsiasi rischio di vittimizzazione secondaria. Tuttavia le opposizioni lamentano l'assenza di misure di prevenzione ed educazione, come quella sessuale e affettiva, che permetterebbero di intervenire prima, cioè alle radici del fenomeno, anziché dopo, a delitto compiuto. E provare a scardinare un problema che è molto più complesso e riguarda: le discriminazioni di genere, sociali, economiche, lavorative, il consenso, le tradizioni patriarcali, l’asimmetria nei rapporti di potere tra uomo e donna e tanto altro.
A queste critiche si aggiungono i dubbi di un gruppo consistente di giuriste che ha contestato l'introduzione del reato di femminicidio per varie ragioni, sia tecniche che pratiche. In sostanza il rischio è che con questa legge ci sarà sì, un nuovo reato e pene più severe, ma che alla fine la risposta ad un problema che è strutturale nel nostro Paese sarà debole.
Ora, riconoscere nero su bianco il femminicidio come reato commesso per motivi di controllo, possesso, rifiuto o odio ha una valenza simbolica potente. Ma è altrettanto legittimo chiedersi se la repressione basterà da sola a cambiare la rotta. O se forse, finché non si lavorerà a una strategia di prevenzione adeguata, che non si limiti solamente a intervenire sulle conseguenze più estreme, ma agisca prima sulle cause che alimentano violenza, le cose rimarranno le stesse.
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