Il centrodestra frena i controlli di Finanza e Fisco sulle aziende, dovranno sempre essere motivati

Niente più ispezioni in azienda senza motivazioni chiare, da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. Lo stabilisce una proposta di Forza Italia che dovrebbe essere approvata a breve, inserita in un emendamento al decreto fiscale che è in lavorazione alla Camera in questi giorni.
L'intervento, che mette un limite alle verifiche il Fisco e la Finanza possono effettuare in azienda, serve a correggere delle norme che la Corte europea dei diritti umani ha condannato, a febbraio: infatti, il sistema attuale darebbe troppa libertà a chi fa i controlli, con il rischio di lasciargli "potere discrezionale illimitato".
Cosa cambia per le ispezioni fiscali in azienda con la riforma di FI
L'iniziativa è del deputato forzista Vito De Palma, relatore del ddl per convertire il decreto in legge che al momento si trova in commissione Finanze a Montecitorio. L'emendamento prevede che, quando ci sono dei controlli in negozio, in ufficio, in studio o comunque nelle sedi di un'azienda, tutte le "circostanze e le condizioni che hanno giustificato l'accesso" dovranno essere "espressamente e adeguatamente indicate e motivate" nei verbali.
La modifica è inserita nella legge che regola i diritti dei contribuenti. Una volta approvata, i controlli potranno procedere solamente se ci sono le specifiche motivazioni che li giustificano. In caso contrario, niente accesso alla sede aziendale per controllare i registri, i cassetti, ottenere copie dei file digitali. O meglio, l'ispezione a quel punto diventerebbe facile da impugnare davanti a un giudice, e finirebbe per essere dichiarata nulla.
Va sottolineato che questa novità non è ancora in vigore: prima dovrà essere approvata la conversione in legge del decreto Fisco. E si applicherà solamente agli atti successivi, non sarà retroattiva. Lo specifica l'emendamento, chiarendo che "restano comunque validi gli atti e i provvedimenti adottati" in precedenza, così come tutti i rapporti, le indagini e così via che sono nati da controlli effettuati prima della nuova stretta.
Cosa c'è nella sentenza Cedu che ha portato al ‘freno' sui controlli
A rendere necessaria questa novità è stata una sentenza della Corte europea dei diritti umani arrivata il 6 febbraio di quest'anno. La decisione ha risposto in risposta alle cause portate avanti negli ultimi anni (la prima era stata depositata già nel 2018) da dieci aziende della provincia di Foggia.
I ricorsi in questione contestavano che non ci fossero limiti sufficienti ai poteri del Fisco di ispezionare le aziende. In occasione dei controlli subiti, le imprese avevano dovuto mostrare "documenti contabili, libri sociali, fatture e altri documenti", che furono copiati e "in alcuni casi sequestrati", senza conoscere le motivazioni delle verifiche e senza che fosse chiaro se potevano fare ricorso o opporsi in qualche modo.
Dopo aver analizzato tutte le leggi nazionali, le circolari, le altre sentenze sulla materia, la Cedu ha deciso di dare ragione alle aziende e ha condannato l'Italia. Infatti, l'articolo 8 della Carta europea dei diritti dell'uomo afferma che ciascuno ha diritto al rispetto "del proprio domicilio e della propria corrispondenza", che l'autorità pubblica non può interferire con questo diritto a meno che non sia "previsto dalla legge". Questo diritto si applica anche alle sedi delle aziende, anche se in modo meno stringente.
Dato che tutti gli interventi – i controlli, le ispezioni e così via – devono essere "previsti dalla legge", devono anche essere giustificati. Invece le norme italiane non richiedevano "alcuna giustificazione specifica per autorizzare le misure in questione". Per questo, secondo la Corte le autorità nazionali si erano ritrovate con un "potere discrezionale illimitato". Fermo restando che i contribuenti sono comunque sempre obbligati a fornire i documenti richiesti.
Al di là del piccolo rimborso ricevuto dalle aziende – 3.200 euro a testa per danni morali – l'effetto della sentenza è stato che il governo ha iniziato a pensare come intervenire, per evitare altri ricorsi in futuro. Alla fine è arrivato l'emendamento che diventerà legge nelle prossime settimane.