Fratoianni a Fanpage.it: “Il governo vuole demolire la democrazia, esalta Kirk e tace su Gaza”

Mentre una parte crescente della comunità internazionale, dal Canada all'Australia, dal Regno Unito al Portogallo, compie passi, seppur tardivi, verso il riconoscimento dello Stato di Palestina, l'Italia resta invece ferma. Un immobilismo che, secondo il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, si intreccia con una più ampia strategia politica: riscrivere i riferimenti culturali della democrazia italiana, attaccando l'antifascismo e svuotando di senso il linguaggio politico. Fanpage ha parlato con il leader di Avs affrontando i temi che scuotono la politica italiana e internazionale: dal genocidio a Gaza fino alla costruzione di nuovi simboli e miti della destra.
Nelle ultime settimane diversi Paesi, dal Canada all'Australia, dal Regno Unito al Portogallo, seppur in ritardo, hanno compiuto passi importanti verso il riconoscimento dello Stato di Palestina. Il governo Meloni invece continua a tacere. Come giudica questo silenzio?
Penso che, certo in ritardo, come lei ha ricordato, talvolta con troppa timidezza, ma finalmente, una parte della comunità internazionale non solo stia prendendo parola, ma stia mettendo in campo atti concreti per segnalare la propria indignazione e per cercare di fermare il genocidio, l'occupazione, la deportazione, la pulizia etnica, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità che Netanyahu e il suo governo stanno ormai perpetrando da due anni nell’indifferenza del mondo. Non siamo di fronte al primo genocidio della storia: naturalmente ce ne sono stati altri. C’è stata la Shoah, il genocidio più grande, non solo per dimensioni, ma persino per la sua dimensione ingegneristica. Ma questo è il primo genocidio nella storia dell'umanità che avviene in diretta televisiva, in diretta social. E il fatto che accada in diretta televisiva, in diretta social, rende ancora più pesante, più grave, la posizione di chi, vedendo ciò che accade, non fa assolutamente niente di quello che è in suo potere fare.
La società civile si è invece mobilitata fin da subito e oggi torna in piazza con uno sciopero nazionale che chiede la fine del massacro a Gaza, l'embargo sulle armi a Israele e il riconoscimento del popolo palestinese. Quanto è significativa questa mobilitazione, in un Paese dove il governo resta silenzioso?
La società civile, alcune forze politiche, naturalmente i sindacati di base Usb, CUB, SGb e USI-CIT, i lavoratori portuali, gli studenti, gli attivisti della Global Summit Flottiglia, moltissimi intellettuali, stanno facendo quello che possono con tutti i loro strumenti. Ma i governi hanno un altro potere, hanno un altro ruolo e avrebbero il dovere di svolgerlo. Il governo Meloni non solo è immobile, ma anche ipocrita e persino insufficiente nelle parole: sentiamo pronunciare la parola "inaccettabile", ma non abbiamo mai sentito ancora pronunciare la parola "condanna". Il nostro governo, con il suo comportamento, votando contro il riconoscimento dello Stato palestinese nelle sedi internazionali, votando contro le sanzioni al criminale di guerra Benjamin Netanyahu, votando contro la sospensione dell'accordo di associazione con Israele, ogni giorno è sempre più complice di quello che sta accadendo.
Quando si critica direttamente l'immobilismo del governo, le reazioni sono però spesso stizzite. Secondo lei cominciano a rendersi conto della distanza crescente tra le loro posizioni e il sentire comune della maggioranza delle persone?
Si, si arrabbiano molto quando glielo ricordiamo, forse perché persino loro cominciano a vedere quanto sia grande, enorme, sempre più rilevante la frattura tra la percezione della stragrande maggioranza dei cittadini e delle cittadine, anche tantissimi di quelli che hanno votato per loro, naturalmente, e il loro immobilismo, la loro ipocrisia.
Mentre sembra crescere questa distanza tra governo e paese reale, esponenti di primo piano come Matteo Salvini rilasciano dichiarazioni che sembrano ignorare completamente questo scollamento. È il caso dell' intervista concessa a i24News, cosa ne pensa?
Salvini ormai ci ha abituati, con costanza e non occasionalmente, a superare sistematicamente ogni volta il limite del peggio. Quell'intervista è l'ennesima dimostrazione del suo impegno in questo "sport", che però non è affatto qualcosa di positivo: superare ogni volta il limite del peggio. Un'intervista indegna e indecente che, considerando che lui è uno dei vicepresidenti del Consiglio, getta ancora una volta, e ancor più pesantemente, vergogna sulle istituzioni del nostro Paese.
Proprio ora Salvini ha commentato lo sciopero generale di oggi, sostenendo che starebbe causando "la soppressione di un numero limitato di corse", e che la "mobilitazione politica dei sindacalisti di estrema sinistra non può danneggiare milioni di lavoratori". C'è il rischio che frasi del genere minimizzino la protesta e finiscano per delegittimare la causa?
Non sono in grado di dire una parola nel merito perché, forse, cominciano a vergognarsi. Sarebbe una speranza, anche se temo delusa, che almeno intimamente possano sentire questo disagio. Chi governa un grande Paese del G7, soprattutto nella situazione attuale dell’Italia e di fronte a un immobilismo così grave, non solo dovrebbe vergognarsi, ma non dovrebbe riuscire a dormire né a guardarsi allo specchio.
Nelle ultime settimane, invece, proprio la destra sembra aver costruito una nuova narrazione attorno alla tragica morte di Charlie Kirk, accusando la sinistra di essere la vera portatrice di odio politico.
Si, stanno volutamente spostando l'attenzione inventando una campagna contro la sinistra, fondata sull'idea che siano le sinistre le monopoliste dell'odio e della violenza politica.
Secondo lei c'è un disegno politico più ampio dietro, volto a rafforzare la propria identità politica?
Non c'è dubbio. È un disegno che ha anche un altro obiettivo: quello di delegittimare il fondamento delle democrazie moderne, che è l’antifascismo. È la vittoria sull'antifascismo nella Seconda guerra mondiale ciò che ha fondato il diritto internazionale che abbiamo conosciuto e che oggi stanno contribuendo a demolire. Lo demoliscono quando chiudono gli occhi di fronte al genocidio di Gaza, lo demoliscono quando praticano il doppio standard tra la guerra in Ucraina e il genocidio in corso a Gaza, lo demoliscono quando liberano Almasri, lo demoliscono quando in ogni occasione delegittimano le istituzioni internazionali, a cominciare dalla Corte Penale Internazionale. Il tema è ancora una volta questo: ridisegnare i fondamenti culturali della nostra società, della nostra democrazia, a partire dall'espulsione dell’antifascismo dai valori fondativi della nostra Repubblica.
Del resto, ieri Giorgia Meloni è tornata ad attaccare i sedicenti antifascisti; Vannacci accarezza il pelo dei fascisti che si aggirano tra di noi, evocando la Decima MAS e assorbendola persino a un esempio da insegnare nelle scuole, dimenticando che quella stagione – la peggiore della storia repubblicana, quella del fascismo – è la stagione in cui la violenza politica e l’odio si sono fatti Stato, sono diventati Stato, istituzioni nel nostro Paese.
Come valuta dunque questa narrazione che sembra rovesciata rispetto alla realtà dei fatti?
Questa campagna è una campagna ipocrita, oltre che infondata sul piano materiale. Basterebbe dire che quando è stata uccisa una deputata democratica da un suprematista di estrema destra negli Stati Uniti, non hanno ritenuto neanche necessario un piccolo commento. Basta dire che in Italia, negli ultimi anni, c'è una sola organizzazione che è sotto processo, i cui membri sono stati arrestati perché progettavano un attentato vero contro Giorgia Meloni: ma erano tutti neofascisti e neonazisti, che volevano colpire Meloni perché non era "abbastanza" fascista. Chiunque venga ammazzato per ciò che pensa, per me è un orrore, come ogni forma di violenza che tende a impedire ad altri di esprimere il proprio punto di vista. Ma tutto questo non c’entra nulla con la battaglia politica italiana, con la sinistra. Ha a che fare invece, nel caso americano, con un contesto e con una società in cui la violenza politica è una costante, alimentata dalla cultura delle armi come strumento di difesa personale, del Far West. Lo stesso Far West che piace molto a Matteo Salvini: quello della legge sulla legittima difesa, delle armi facili, dello stare sempre dalla parte di chi spara. Ma ha appunto questo obiettivo, quello di spostare l'attenzione dalle questioni vere: che siano Gaza e il genocidio su cui loro non hanno nulla da dire, se non parole ipocrite e imbarazzate, o la questione sociale del nostro Paese, come gli stipendi e i salari delle persone in carne e ossa fermi al palo, mentre il costo della vita continua a crescere.