Fratelli d’Italia vuole far tornare le pubblicità sessiste sulle strade

Via libera a pubblicità che hanno messaggi "sessisti", "violenti", che riportano "stereotipi di genere offensivi" o che discriminano in base a "credo religioso", "appartenenza etnica" o "orientamento sessuale", tra le altre cose. È questa la proposta avanzata da Fratelli d'Italia su disegno di legge Concorrenza, che in questi giorni è in lavorazione al Senato. La norma che vieta questo tipo di pubblicità si trova nel Codice della strada, è stata inserita nel 2021 dal governo Draghi. E ora FdI, con un emendamento a prima firma del senatore Salvo Pogliese, ex sindaco di Catania, vorrebbe cancellarla.
L'emendamento, che è pubblicamente disponibile sul sito di Palazzo Madama, va ad aggiungere un articolo del tutto nuovo al ddl Concorrenza, inserito in mezzo a norme che riguardano principalmente la sanità. Il nuovo articolo proposto è molto breve: "All'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i commi 4-bis, 4-ter e 4-quater sono abrogati". Il decreto in questione è il Codice della strada, l'articolo è quello intitolato "Pubblicità sulle strade e sui veicoli" e i commi sono proprio quelli introdotti nel 2021 per vietare messaggi sessisti e discriminatori.
I commi che Fratelli d'Italia vuole cancellare sono chiari: "È vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche". Rispettare questi requisiti è obbligatorio per ottenere l'autorizzazione a esporre pubblicità in strada.
Nel 2021, quando il governo Draghi varò la norma, Fratelli d'Italia la criticò subito. A finire nel mirino non fu tanto la parte sui messaggi sessisti quanto quella su orientamento sessuale, identità di genere e stereotipi di genere. Era il periodo in cui era più vivo il dibattito sul ddl Zan, poi affossato dal Senato. Quella sulle pubblicità in strada era una "norma ideologica", una "espressione esplicita dell'ideologia gender", che avrebbe "limitato la libertà d'espressione con il pretesto che non può essere esercitata su strade e veicoli": parole di Lucio Malan, oggi capogruppo al Senato dei meloniani. Lo stesso Malan è il secondo firmatario dell'emendamento Pogliese, a conferma che non si tratta di un'iniziativa personale estemporanea, ma di una proposta sostenuta dal partito.
La mossa di FdI ha sollevato proteste nell'opposizione, che chiedono un passo indietro. "Lo ritirino. Con questo emendamento il partito di Giorgia Meloni dimostra ancora una volta di non capire la differenza tra libertà e prevaricazione: difendere la libertà di espressione non significa poter offendere, discriminare, umiliare", ha detto il senatore del Pd Marco Meloni. "E neanche permettere che tornino sui cartelloni stradali messaggi omofobi, razzisti o sessisti, cancellando così la conquista delle donne – dopo anni di battaglie – di non essere trattate come merce e proprietà da esibire nelle pubblicità".