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Fratelli d’Italia vuole cambiare le regole sulla legittima difesa e sui risarcimenti: perché è rischioso

Una proposta di Fratelli d’Italia, a prima firma di Raffaele Speranzon, vuole limitare o eliminare il risarcimento per chi subisce danni in contesti di aggressione, anche in caso di eccesso colposo di legittima difesa. Il disegno di legge tocca principi cardine del diritto civile, aprendo questioni costituzionali, interpretative e sociali.
A cura di Francesca Moriero
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Una riforma "di buon senso", dicono i proponenti. Un pericoloso arretramento dello Stato di diritto, temono altri. Il disegno di legge depositato al Senato il 12 giugno 2025, a prima firma di Raffaele Speranzon (Fratelli d'Italia), interviene in un ambito da tempo sensibile e carico di tensioni simboliche: la legittima difesa. Il testo propone di modificare le norme sulla responsabilità civile nei casi in cui una persona si difende da un’aggressione e, nel farlo, eccede i limiti consentiti dalla legge. Non si tratterebbe di un intervento penale: l'eccesso colposo continuerà a essere punito. Ma chi aggredisce, e viene ferito o ucciso, non potrà più pretendere un risarcimento o un'indennità, nemmeno in caso di uso eccessivo della forza da parte della persona che si è difesa. Un principio che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe "ristabilire giustizia" e scoraggiare i comportamenti violenti, ma che solleva anche molteplici interrogativi: chi stabilisce i confini della "violenza non lieve"? Come si garantisce il diritto alla difesa anche del danneggiato? E quale giustizia si sta promuovendo?

Cosa dice oggi la legge: un equilibrio già delicato

L'attuale impianto normativo distingue nettamente tra:

  • Legittima difesa (art. 52 c.p.), che esclude la punibilità quando si reagisce a un'aggressione ingiusta, proporzionatamente.
  • Eccesso colposo (art. 55 c.p.), quando la reazione eccede per colpa i limiti della difesa consentita.

In entrambi i casi, la persona che ha agito può essere tenuta al risarcimento dei danni, perché, sul piano civilistico, ha comunque provocato un pregiudizio. Questa simmetria è importante: significa riconosce che anche l’aggressore ha diritti (non impunità), e che l’uso della forza non autorizza arbitrio. Il Codice civile, infatti, prevede (art. 2044) che chi si difende, ai sensi del diritto penale, non sia responsabile civilmente solo nei limiti della necessità; il principio generale (art. 1227) è che se il danneggiato ha concorso con colpa al danno, il risarcimento può essere ridotto. Ma non scompare del tutto.

Cosa propone il Ddl

Il Ddl Speranzon punta a cristallizzare in legge un principio di "autoresponsabilità piena" del danneggiato: cioè se hai agito con violenza non lieve, non solo accetti il rischio di una reazione, ma perdi il diritto al risarcimento, anche se la reazione dell’altro è tecnicamente illecita (perché sproporzionata). Viene così introdotta una deroga esplicita al principio civilistico del risarcimento del danno: il nuovo testo dell'art. 185 c.p. apre alle "eccezioni di legge", tra cui rientrerebbero i casi di aggressione violenta. E il nuovo art. 2044 c.c. afferma che non è dovuto alcun risarcimento né indennizzo se l'aggressore ha agito con "violenza non lieve"  o "minaccia con armi". Cosa vuol dire nella pratica? Il rischio è sia giuridico che interpretativo. Per quanto riguarda il rischio giuridico: il rischio è che si crei una zona grigia in cui un comportamento eccessivo, anche grave, diventa di fatto esente da responsabilità civile. Per quanto riguarda invece il giudizio interpretativo, termini come "violenza non lieve" o “mezzi di coazione fisica” non avendo definizione univoca, rischiano di generare incertezza giurisprudenziale.

L'assenza di dati e il rischio di legislazione simbolica

Secondo i promotori, la proposta colma una lacuna, ma esistono davvero casi frequenti in cui aggressori violenti ottengono risarcimenti? I dati disponibili non lo indicano chiaramente. Non sembrano esistere statistiche pubbliche che distinguano tra legittima difesa e eccesso colposo nei procedimenti civili, né risulta che i risarcimenti agli aggressori siano fenomeno dilagante. Al contrario, molti tribunali già oggi valutano il concorso di colpa, riducendo o negando risarcimenti in presenza di condotte violente. Ciò che il Ddl sembra fare, quindi, è cristallizzare una linea politica, non una necessità giuridica; in un contesto in cui il tema della sicurezza viene spesso agitato come bandiera ideologica, la norma sembra parlare più alla "pancia" dell’opinione pubblica che al tessuto concreto della giustizia civile.

Chi rischia davvero: vittime "scomode" e casi limite

Se da un lato il provvedimento appare pensato per il classico caso di "ladro armato che entra in casa", dall'altro potrebbe invece produrre effetti collaterali gravi. Si pensi a chi reagisce in modo sproporzionato a un furto non violento, come chi investe un ladro in fuga; a contesti domestici, in cui il confine tra difensore e aggressore è più sfumato (ad esempio, nelle violenze intrafamiliari); a soggetti socialmente vulnerabili, che rischiano di trovarsi senza tutele perché "catalogati" come aggressori per aver reagito male, magari per paura o sotto pressione. Con questa norma, una persona ferita potrebbe banalmente non ricevere nulla, anche se la reazione subita è sproporzionata e devastante. La selezione delle "vittime meritevoli" diventa insomma così una valutazione morale, più che giuridica.

Il principio secondo cui "chi sceglie la violenza accetta i rischi" può suonare intuitivo, ma la Costituzione italiana garantisce pari diritti a tutti, anche a chi sbaglia o commette un reato. L'articolo 24 tutela il diritto alla difesa in giudizio; l'articolo 3 vieta discriminazioni arbitrarie. Eliminare il diritto al risarcimento sulla base della condotta passata potrebbe configurare un contrasto con questi principi, specie in assenza di una valutazione caso per caso. Non a caso, in altri ordinamenti giuridici simili al nostro, si tende a mantenere una responsabilità patrimoniale anche in presenza di legittima difesa non proporzionata, per evitare l’effetto opposto, ovvero legittimare una giustizia ‘fai da te'. Insomma, un pericolo da non sottovalutare.

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