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Cambiamenti climatici

Fontana (M5s) a Fanpage: “Il governo non ha un piano per la crisi climatica, ai giovani lasceranno macerie”

La deputata del Movimento 5 stelle ed ex sottosegretaria alla Transizione ecologica Ilaria Fontana ha risposto alle domande di Fanpage.it sulla crisi climatica e sulla linea del governo Meloni, che – dopo quasi tre anni di mandato – è sostanzialmente inesistente. Meloni chiede spesso “pragmatismo”, ma “manca del tutto una visione strategica”, ha detto Fontana.
A cura di Luca Pons
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Tra tre mesi circa, il governo Meloni completerà il suo terzo anno di mandato. L'esecutivo negli ultimi anni ha concentrato la sua attenzione sui temi più cari alla destra, con misure più o meno contestate ed efficaci: l'immigrazione, la ‘sicurezza', e poi le riforme più richieste dai partiti di maggioranza (e per ora incompiute o in bilico) su giustizia, autonomia differenziata, premierato. Un tema, invece, sembra essere completamente sparito: il clima e la crisi climatica. Che, però, non si è fermata.

La presidente del Consiglio insiste su un approccio "pragmatico" che quasi sempre significa fare gli interessi del mondo delle aziende, mentre dalla Lega non mancano attacchi continui a misure come il Green deal europeo. Fanpage.it ha intervistato Ilaria Fontana, deputata del M5s ed ex sottosegretaria ala Transizione ecologica durante il governo Draghi.

Come giudica il governo Meloni sul clima?

In questi quasi tre anni, il governo è stato completamente immobile. Invece di cercare soluzioni strutturali, continuano a negare la crisi climatica e affrontare i singoli episodi come emergenze. Invece bisogna riconoscere la natura sistemica della crisi e mettere in campo misure di breve, medio e lungo periodo.

Nessuno pretende che il governo abbia la bacchetta magica sul clima, nessuno dà la colpa a loro se piove, o se c'è la crisi climatica. Ma il problema va messo nell'agenda politica a trecentosessanta gradi. Va riconosciuto come problema, innanzitutto. Altrimenti restiamo fermi.

Cosa vuol dire "metterlo nell'agenda politica"?

Che tutti i ministeri devono occuparsi di clima, nel proprio ambito.

Facendo cosa?

Ci sono due tipi di strategie: di adattamento e di mitigazione. Da una parte dobbiamo adattarci al caldo estremo, alluvioni, siccità, incendi, tutti gli eventi che ormai conosciamo e vediamo sempre più spesso. Questo significa, ad esempio, aiuti alle imprese e ai cittadini che si trovano catapultati in questo nuovo clima. Dall'altra bisogna mitigare le cause della crisi, quindi ridurre le emissioni di gas serra.

Il governo non ha lavorato bene su nessuna delle due?

La risposta che arriva dal governo è il nucleare e poco altro.

Il M5s è contrario all'energia nucleare in tutti i casi?

Il M5S non è mai stato contrario alla ricerca sul nucleare di nuova generazione. Ma quello di cui parla il governo è un nucleare che non si sa dove, quando e come dovrebbe essere messo in pratica. Un solo tema: come si gestiscono i depositi delle scorie? Su questo il ministro Fratin non ha mai saputo rispondere, nell'audizione di un mese fa ha di nuovo preso tempo e parlato di scadenze al 2039. Ogni tanto fa degli annunci, ma restano lì, senza concretezza.

Sono idee lontane da me e dalla nostra visione, ma se ci fosse una strategia almeno la si potrebbe capire e discutere. Invece non c'è. Il nucleare è presentato più come una risposta ai prezzi delle bollette, ormai altissimi, ma che effetti può avere nei prossimi dieci anni? Sappiamo benissimo tutti che non risolverebbe oggi i problemi delle imprese e dei cittadini. Tutto questo mentre è evidente che le rinnovabili sono più convenienti economicamente del nucleare. E dall'altra parte Meloni insiste per rendere l'Italia un "hub del gas", altra idea disastrosa per il clima.

Giorgia Meloni ha detto più volte che vuole un approccio "pragmatico e non ideologico" alla transizione climatica. Quello che manca, però, è proprio un piano chiaro e pragmatico?

Io sono una donna molto pragmatica, il M5s è una forza pragmatica, qui la questione è un'altra. Manca del tutto una visione strategica, probabilmente per ignoranza sui temi. Stiamo facendo passi indietro. Rallentano sulle energie rinnovabili, hanno i soldi del Pnrr e non li sanno spendere, non c'è volontà politica.

Sentiamo Meloni parlare di "transizione ideologica", ma è lei che per riarmarci baratta gli investimenti sulla scuola, sulle infrastrutture e anche sull'ambiente. È il ministro Salvini che nell'ultimo decreto decreto Infrastrutture ha spinto per bypassare le tutele ambientali per opere di presunta utilità strategica nazionale. Mentre noi, quando eravamo al governo, portammo i fondi del Next generation Eu da usare soprattutto su transizione digitale e transizione ecologica.

Durante il governo Draghi, quando lei era sottosegretaria alla Transizione ecologica, il Parlamento approvò una modifica dell'articolo 9 della Costituzione: adesso recita che l'Italia "tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni". Oggi l'idea dietro quella riforma è caduta nel vuoto?

Quella modifica è stata una rivoluzione, ma il punto è come la si attua. Serve un riassetto normativo, dopo il cambiamento dell'articolo 9. Tutte le leggi andrebbero scritte tenendo quell'articolo a mente, come priorità. Non possiamo lasciare ai giovani le macerie: questo significa quell'articolo, e questo rischia di fare il governo.

Giustizia climatica vuol dire giustizia sociale e giustizia economica, e non sono frasi fatte. In futuro il clima diventerà anche un fattore negli equilibri internazionali, avremo sempre più migranti climatici. E attenzione, quando si parla di migranti climatici non bisogna pensare solo ai Paesi da cui si migra attualmente. La Sicilia oggi soffre di siccità anche a dicembre, non solo a luglio.

Io sono sempre speranzosa, ce la possiamo fare. Ma è difficile con questo governo e questa maggioranza, che riesce a discutere in pochissimo tempo prima il decreto Siccità e poi il decreto Alluvioni, senza vedere che c'è un unico problema più strutturale da affrontare.

Qualche anno fa il clima era tra le priorità anche nel dibattito politico, in Italia e nel mondo. Gli accordi di Parigi, il movimento Fridays for future, il Green deal europeo e diverse misure nazionali. Oggi, la situazione sembra cambiata. È così? 

È vero che abbiamo vissuto una stagione di riforme sull'ambiente e sul clima. Il famoso obiettivo di abbassare le emissioni climalteranti del 55% entro il 2030 nacque allora, così come quello della neutralità climatica entro il 2050.

Negli scorsi giorni invece, tra le altre cose, è arrivato il nuovo bilancio europeo che propone di tagliare i fondi del programma Life, importantissimo per la natura e quindi per il clima. Ma non tutti i Paesi si muovono allo stesso modo. Francia e Germania hanno aggiornato le loro leggi-quadro sul clima. In Italia, io negli ultimi due anni e mezzo in commissione Ambiente non ho visto nessun provvedimento sulla crisi climatica.

Il clima è diventato un tema su cui è difficile spingere i cittadini ad attivarsi?

Io vedo tanti cittadini rassegnati. Non tanto perché non credono nella gravità della crisi, ma perché non ricevono risposte dalle istituzioni e dalle forze politiche che ci governano. Partiti che vanno anche in Europa a boicottare tutti i provvedimenti che hanno a che fare con il clima, parlando alla pancia degli elettori. Fanno una propaganda becera e anti-ecologista fuori tempo massimo. Sembra che non vivano la quotidianità che viviamo tutti, e sicuramente che non leggano i dati scientifici.

Come si supera la rassegnazione?

Con una partecipazione attiva, con una comunicazione chiara e propositiva, non allarmista, e con legislatori che diano vere risposte.

Una sua proposta di legge, depositata nel 2023, tocca alcuni dei punti di cui ha parlato. Sarebbe il primo passo dopo quella modifica della Costituzione?

Dopo la modifica dell'articolo 9 riuscimmo a far passare solo la legge Salva mare, poi cadde il governo e con quello attuale abbiamo visto la differenza: il loro primo decreto sul tema è stato per aumentare le trivellazioni. La nostra proposta di legge tiene insieme diversi aspetti. La valutazione d'impatto ambientale degli impianti, la qualità dell'aria, il verde urbano. Tutte misure per limitare l'aumento della temperatura riducendo le emissioni di gas serra.

Il verde urbano sembra una questione molto locale, legata alle decisioni dei singoli Comuni: perché servirebbe una legge nazionale, e cosa c'entra con il clima?

Il ruolo dei Comuni è fondamentale, e la mia proposta glielo riconosce. La transizione ecologica, per essere davvero concreta, deve partire dai Comuni. Non a caso il Pnrr ha una parte dedicata alla messa a dimora degli alberi: un'azione nazionale che parte a livello comunale.

Il punto è che dobbiamo ripensare le città anche in funzione del verde. Le aree alberate sono dei "condizionatori naturali", e ce ne rendiamo conto molto bene quando siamo sull'asfalto e cerchiamo l'ombra di un albero per avere un attimo di respiro, soprattutto in estate. Sembra un concetto banale, ma bisogna tenerlo a mente quando si ripensa una piazza, una periferia, la struttura di una città. Questo devono farlo i sindaci, che devono essere aiutati a livello statale.

E se si perdono degli spazi verdi, bisogna recuperarli mettendone altri a dimora. La perdita di spazi verdi urbani è un tema europeo, c'è un'apposita strategia dell'Ue per la biodiversità che mira al 2030. Si parla di rigenerare i polmoni delle nostre città, in modo concreto e pragmatico. A dimostrare che parlare di emergenza climatica è tutt'altro che astratto o ideologico.

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