Floridia (M5s) a Fanpage: “La destra blocca la Vigilanza Rai a un mese dal referendum, è antidemocratico”

Ieri, giovedì 8 maggio, per l'ottava volta la commissione di Vigilanza Rai si è riunita per confermare l'elezione della presidente Rai, Simona Agnes. Ma, per l'ottava volta, i parlamentari del centrodestra non si sono presentati e così non c'è stato il numero legale per proseguire. Barbara Floridia, presidente della commissione, ha spiegato a Fanpage.it perché il blocco dei lavori ha conseguenze che vanno ben oltre la presidente Rai: fermare l'operato di un organo di vigilanza è "antidemocratico e pericoloso", ha detto, tanto più quando manca un mese al voto per i referendum su cittadinanza e lavoro.
Da mesi la commissione di Vigilanza Rai deve confermare la presidente Simona Agnes, ma ieri è arrivata l'ottava "fumata nera"…
Sì, scherzando dicevo che avrebbero eletto prima il Papa del presidente Rai, ed effettivamente alla fine il conclave è stato più veloce di noi.
Il centrodestra non si è presentato perché da solo non ha i numeri per confermare Agnes, un nome a cui voi vi opponete. Quindi, invece di cercare un compromesso, la maggioranza blocca i lavori. Quali sono le conseguenze di questo stop?
La gravità è data non tanto e non solo dal blocco della presidente: c'è un presidente facente funzioni, e politicamente, come è stato per i giudici della Corte Costituzionale, è possibile che ci siano mesi di riflessione e discussione finché poi si capitola su una soluzione. Il vero danno è un altro, un vero e proprio ricatto.
Cioè?
Per indurre l'opposizione a votare il nome imposto da loro, la maggioranza fa mancare il numero legale anche per il lavoro ordinario della commissione. Cioè per tutte quelle operazioni che servono a vigilare sul servizio pubblico, a dare l'indirizzo. Siamo sotto referendum, sarebbe importantissimo poter effettuare le audizioni necessarie a monitorare che il servizio pubblico svolga il proprio compito.
Invece si ferma il lavoro ordinario della vigilanza, che è un organo di garanzia, e in più si ferma la riforma della Rai che si trova al Senato. Questo è il ricatto: se non votate il presidente proposto da noi, blocchiamo la commissione e le riforme.
Da quant'è che i lavori sono fermi?
Circa sei mesi. Superati gli Stati generali (a novembre 2024, ndr) abbiamo portato avanti solo una delibera, che era un obbligo di legge, e io negli uffici di presidenza ho cercato di creare le condizioni politiche per potersi confrontare. Adesso abbiamo un minimo, tiepido tentativo di ripresa: sono riuscita a calendarizzare la prossima visita nei centri di produzione di Torino e di Napoli a nome dell'intera commissione. Ma è poca cosa rispetto alle esigenze più pressanti.
Quali sarebbero le priorità?
Penso ai referendum che incombono, come detto. Ma anche all'atto di indirizzo proposto e già incardinato, chiamato "No peace, no panel": un atto per richiedere al servizio pubblico che si possa parlare di pace con esperti, associazioni, diplomatici. Eppure questo atto di indirizzo ora è fermo.
Ha citato i referendum dell'8 e 9 giugno, sulla cittadinanza e sul lavoro. Perché è importante che la commissione di Vigilanza Rai sia attiva in quest'ultimo mese che ci separa dal voto?
Certamente, come presidente, ho garantito tutto quello che era possibile garantire: la delibera, il sorteggio degli spazi delle tribune e per i messaggi autogestiti; insomma, le misure per garantire che tutti abbiano voce in capitolo. Però soprattutto nel prossimo mese dovremmo vigilare su tutto il resto, per verificare che si promuova l'importanza di questo referendum. E non lo possiamo fare.
Ha fatto appello ai presidenti di Senato e Camera, La Russa e Fontana: ha già avuto un riscontro?
Ho avuto una prima risposta da entrambi, dicendo che avrebbero sollecitato le forze politiche. Il loro appello però non ha avuto esito. Adesso le forze politiche nelle aule parlamentari hanno ribadito la richiesta. Un organo di garanzia bloccato è qualcosa di antidemocratico e pericoloso. È importantissimo che i presidenti diano un segno, prima che si arrivi al presidente della Repubblica.
A marzo aveva detto proprio che, se le cose non si fossero sbloccate, avrebbe fatto un appello al capo dello Stato. È arrivato il momento?
Penso che il momento si stia avvicinando. In quella fase temevo che non saremmo riusciti ad approvare la delibera, perciò ho alzato i toni, e sono contenta di aver raggiunto il risultato. Abbiamo ottenuto la delibera e queste prime tiepide aperture ai sopralluoghi. Ma servirà vedere dei gesti più significativi, altrimenti il passo successivo dovrà per forza essere di chiamare in causa il presidente della Repubblica.
Ha parlato della riforma Rai, che è ferma al Senato. In passato ha ricordato più volte che si sarebbe dovuta completare entro agosto per evitare l'infrazione europea. È ancora possibile?
Ormai sarà praticamente impossibile, ma almeno dovrebbero cominciare le audizioni. Per questo faccio un appello alle forze di maggioranza, e ricordo loro la responsabilità che hanno nei confronti degli italiani, perché incombe ancora un'infrazione che sarà da pagare con soldi dei cittadini.
Ma soprattutto, in questa fase storica, in cui le informazioni ci arrivano da ogni dove, il servizio pubblico dovrebbe essere uno scudo per i cittadini. Bisogna superare la legge del 2015 che non tutela minimamente la libertà, non ha risorse sufficienti e vede il CdA in mano al governo di turno. I cittadini pagheranno anche vedendosi negato il diritto ad avere un servizio pubblico libero.
In passato i partiti del centrodestra hanno criticato anche duramente l'attuale impostazione della Rai. Ora che però le parti si sono invertite, e il governo è guidato da FdI, i lavori sono fermi. Perché, secondo lei?
Io ricordo che il centrodestra rivendica di essere unito su tutto. Eppure, i numeri per portare la riforma ce l'hanno: perché non lo fanno? Se davvero fossero uniti non avrebbero problemi, a prescindere dal fatto che non vogliano condividere la riforma con noi opposizioni, che ovviamente sarebbe grave.
Il punto è che Lega e Forza Italia la pensano molto diversamente. E Fratelli d'Italia dovrebbe esporsi, scegliere con chi stare. Invece non lo fa, tant'è che non ha nemmeno presentato un disegno di legge. Giorgia Meloni, che si presenta sempre molto operativa, come mai tace su questa riforma così importante? Perché significherebbe rivelare una crisi interna. Così, a farne le spese è la libertà dei cittadini.