Educazione sessuale in classe vietata, Valditara tira fuori di nuovo le “teorie sulla identità di genere”

Ancora una volta il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara tira fuori la cosiddetta "teoria del gender", una teoria che di fatto non esiste e non ha basi scientifiche. In un'intervista su La Stampa, rilasciata oggi, il ministro difende l'emendamento della Lega al ddl sul consenso informato obbligatorio, emendamento che introduce un'ulteriore stretta sull'educazione alla sessualità e all'affettività nelle scuole, vietandola fino alle medie.
Il testo, a firma della deputata della Lega Giorgia Latini, vieta "le attività didattiche e progettuali, nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto temi attinenti all'ambito della sessualità" alla scuola secondaria di primo grado oltre che alla primaria. Per le opposizioni e per molte associazioni, si tratta di un passo indietro e di un "ritorno al Medioevo", anche in considerazione del fatto che secondo i dati dell'Osservatorio Femminicidi Lesbicidi Transcidi (FLT) in Italia di Non Una Di Meno (NUDM), aggiornati all'8 ottobre 2025, quest'anno ci sono stati più di 70 femminicidi e almeno altri 62 tentati femminicidi. Sappiamo che i casi di cronaca degli ultimi giorni, con il femminicidio di Pamela Genini, avvenuto la sera di martedì 14 ottobre per mano del compagno Gianluca Soncin, hanno allungato il bollettino delle morti del 2025.
Per il ministro, "Il centrosinistra fa finta di non comprendere un testo chiarissimo: ‘Fermo restando quanto previsto dalle Indicazioni nazionali…' Nelle nuove Indicazioni nazionali, quelli che un tempo si chiamavano ‘programmi scolastici", l'educazione sessuale, in senso biologico, è ampiamente prevista. Si affronta l'argomento con apposite lezioni innanzitutto all'interno dei corsi di scienze alle elementari e alle medie. E resta la possibilità, per gli istituti, di organizzare corsi pomeridiani che abbiano come oggetto quei temi previsti all'interno del programma scolastico". Valditara nell'intervista ha spiegato che per ‘senso biologico', intende "lo studio delle differenze sessuali fra maschio e femmina, per esempio, della riproduzione, del concepimento, della procreazione, della pubertà. Si fa anche riferimento alla necessità di conoscere i rischi derivanti dalle malattie sessualmente trasmissibili".
Il ministro ha poi spiegato che il consenso informato obbligatorio è stato previsto "per evitare che i bambini affrontino tematiche complesse e potenzialmente disorientanti come quelle legate alla identità di genere: non è facilmente comprensibile da un bimbo la teoria secondo cui accanto ad un genere maschile e femminile ci sarebbero altre identità di genere che non sono né maschili né femminili. La norma è chiarissima, ma visto che c'è chi fa finta di non capire e inquina il dibattito con falsità può essere opportuno specificare l'obiettivo della legge: cioè che prima della adolescenza venga vietata la realizzazione di attività didattiche e progettuali afferenti a teorie e concetti relativi all'identità e alla fluidità di genere. Non è un ‘tornare indietro', è semplicemente la necessità di evitare le strumentalizzazioni".
E "a tutela dei ragazzi è importante che i corsi siano svolti da psicologi, medici, docenti universitari", chiudendo le porte "alle associazioni improvvisate che hanno solo l'obiettivo di andare nelle scuole a indottrinare, magari pure a pagamento. L'indottrinamento non sarà consentito. Scopo della educazione scolastica è infatti quello di far maturare la consapevolezza, favorire la discussione e l'approfondimento delle tematiche affrontate, non quello di imporre teorie sulla identità di genere".
Ma cosa sono queste teorie? Lo abbiamo sottolineato più di una volta, non esiste alcuna "ideologia gender". Nel mondo accademico quando si parla di "studi di genere", ci si riferisce a quelle ricerche incentrate sui ruoli e i comportamenti che la società e la cultura attribuiscono al maschile e al femminile in un determinato periodo storico. Dunque quando il ministro parla di "teorie e concetti relativi all'identità e alla fluidità di genere", sta mettendo l'accento su un fantomatico tentativo di "indottrinamento" sui bambini, come se ci fosse un disegno da parte delle opposizioni o da parte della ‘comunità Lgbt' di fare propaganda nelle scuole.
Sulle parole di Gino Cecchettin, il quale ha definito il provvedimento "un passo indietro grave e culturalmente pericoloso", il titolare del Mim ha detto di avergli "parlato e gli ho spiegato che non c'è alcun passo indietro. C'è stata, piuttosto, una rappresentazione disonesta di questo provvedimento da parte della sinistra, che mi ha lasciato amareggiato. Perché non è vero che non si affrontano certi argomenti nelle scuole e, soprattutto, perché strumentalizza un tema così delicato e così drammatico come quello dei femminicidi per fare della propaganda politica. Mentre noi abbiamo introdotto l'educazione alle relazioni e all'empatia, loro non hanno fatto niente di tutto questo quando erano al governo. Noi abbiamo fatto dunque un passo avanti importante. Nelle nuove Linee guida sulla educazione civica, noi prevediamo espressamente che nelle scuole si insegni l'educazione al rispetto e al contrasto della violenza di genere. Per me è fondamentale che al ruolo educativo della famiglia, che per Costituzione è originario, si aggiunga quello della scuola".
Per il governo Meloni, insomma, devono essere le famiglie a scegliere se e come impartire un'educazione sessuale ai ragazzi. Il ministro però non spiega come affrontare il rischio di discriminazioni, visto che non tutte le famiglie hanno gli stessi strumenti da offrire ai propri figli, e lo scopo della scuola in teoria dovrebbe essere quello di ridurre le disuguaglianze, offrendo a tutti gli stessi insegnamenti.
La posizione del ministro dell'Istruzione è stata rilanciata venerdì dal ministro della Giustizia Nordio, secondo cui per combattere il fenomeno dei femminicidi basta aver introdotto un reato apposito: "Le nostre leggi sono le più severe al mondo e abbiamo introdotto il femminicidio come reato autonomo proprio per questo: non possiamo andare oltre i limiti che abbiamo stabilito, salvo l'introduzione della pena di morte che ovviamente nessuno auspica", ha detto a Sky Tg24. "Il problema a questo punto è essenzialmente educativo, ma con un'educazione sessuale nelle scuole fatta da persone di cui non conosciamo la competenza non solo non si risolve, ma rischia di complicarsi. Quest'educazione deve avvenire in famiglia, non con le belle parole ma con l'esempio del rispetto verso le altre persone: l'educazione sessuale non va affrontata in maniera propagandistica, ma culturale ed etica".
Cosa c'è nelle Indicazioni nazionali per i programmi sui temi dell'educazione sessuale
Il ministro Valditara richiama le Indicazioni nazionali per l'infanzia e il primo ciclo. Nel testo in questione, che non è stato ancora approvato dal Consiglio di Stato per via di diverse criticità emerse, si dice che tra gli obiettivi da raggiungere al termine della classe quinta della scuola primaria, c'è quello di "acquisire le prime informazioni sulla riproduzione la sessualità". Mentre al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado, si dice solo che nel campo della biologia l'obiettivo è "acquisire corrette informazioni sullo sviluppo puberale e la sessualità". E sempre al termine della classe terza delle medie, si fa riferimento all'obiettivo di "Conoscere i rischi delle malattie sessualmente trasmissibili".
Riguardo invece all'educazione al rispetto e alle relazioni, in un passaggio del testo si fa riferimento a un approccio molto edulcorato al tema:
Rispetto è, oggi, l’obiettivo di un’educazione finalizzata al riconoscimento e alla valorizzazione delle differenze di ciascuno, secondo quanto suggerito dalle vigenti Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica che insistono in particolare sul rispetto verso la donna e la costruzione di relazioni corrette. Questo tipo di educazione è qualcosa di più dell’alfabetizzazione emozionale: allena bambine e bambini a ‘capirsi’ nella complementarità delle rispettive differenze. In tale direzione è necessario avviare a scuola un profondo lavoro educativo e preventivo: un’educazione del cuore che crei occasioni didattiche di esperienza di sentimenti basilari come la fiducia, l’empatia, la tenerezza, l’incanto, la gentilezza.
Poco più sotto, a proposito sempre del "rispetto della persona", le indicazioni sono molto generiche:
E questo è anche il tempo in cui il diritto ad autodeterminarsi come donne, conquista del Novecento, possa finalmente giovarsi di un nuovo patto fra i sessi da far fiorire con matura consapevolezza nelle aule delle scuole e, possibilmente, entro gli anni del primo ciclo di istruzione. La scuola è il contesto più adeguato per decostruire stereotipi e affermare il rispetto per l’altro.
Perché Valditara ha torto sull'educazione sessuale a scuola
Valditara ha detto che "l'esperienza dei Paesi nordici, non è con l'educazione sessuale che si combattono femminicidi e violenze sessuali, che là raggiungono tassi fra i più elevati nel mondo occidentale. È semmai l'educazione al rispetto che favorisce un cambiamento di mentalità".
Non tutti i Paesi si comportano allo stesso modo, rispetto all'educazione sessuale ed emotiva: per alcuni è materia obbligatoria, per altri non ci sono programmi appositi, e per altri ancora l'educazione sessuale nelle scuole è ammessa solo per parlare di apparato riproduttivo in materie come biologia.
L'Italia, come sappiamo, va in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei. Il governo come sappiamo ha approvato un disegno di legge per la scuola, che impone alle scuole il consenso informato ai genitori, per iscritto e preventivo, per avviare attività che riguardano temi sulla sessualità. Il testo si trova attualmente all'esame della commissione Cultura della Camera. Un grosso passo indietro per un Paese come il nostro, in cui l'educazione sessuale e affettiva a scuola non è obbligatoria, ma è solo un’attività extracurricolare, come in pochi altri Paesi, come Ungheria, Bulgaria, Romania, Cipro, Lituania e Polonia. Altri Paesi europei hanno invece già integrato l’educazione sessuale nelle programmazioni scolastiche, come Austria o Svezia. E l'Unesco ha già certificato che laddove sono stati implementati percorsi di educazione sessuale ci sono stati effetti positivi, è stata registrata una diminuzione di casi di violenze e abusi sessuali, e di gravidanze indesiderate.
Il Global Education Monitoring dell'UNESCO ha pubblicato il rapporto "Comprehensive sexuality education (CSE) country profiles", analizzando politiche e attività di Educazione sessuale ‘comprensiva' effettuata su 50 nazioni. Per educazione sessuale comprensiva si intende un approccio che non si limita a un insegnamento nozionistico della fisiologia dei rapporti sessuali e delle precauzioni per prevenire gravidanze indesiderate e malattie a trasmissione sessuale, come previsto appunto dalle Indicazioni nazionali di Valditara, ma ci si riferisce a un insegnamento che contempla a aspetti cognitivi, fisici, emotivi e sociali della sessualità.
Lo studio dell'Unesco mostra come nella fascia d'età tra 15 e 19 anni ci siano ancora circa 10 milioni di gravidanze non desiderate. Secondo il rapporto, solo il 20% dei Paesi analizzati ha una normativa sull'educazione sessuale e solo il 39% ha adottato iniziative specifiche al riguardo. Dal rapporto risulta che l'Italia è agli ultimi posti tra le nazioni europee, essendo già in ritardo sull'introduzione dell'educazione sessuale in classe come materia curricolare.
Secondo il rapporto UNESCO, su 25 paesi europei presi in esame, solo 10 hanno introdotto un programma di Comprehensive Sexuality Education (Cse), cioè un'educazione sessuale completa, non concentrata solamente sull'aspetto biologico. Le linee guida dell'Onu consigliano di iniziare un programma di Comprehensive Sexuality Education fin dalle elementari, e di proseguirla per tutta la vita, tenendo ovviamente presente che parlare di affettività e sessualità a un bambino è diverso rispetto a farlo con un adolescente in pre-pubertà. Ad esempio nei Paesi Bassi l'accesso all'educazione sessuale a scuola avviene fin dai 4 anni.
In Paesi come Svezia, Austria, Germania, Francia e Spagna, l'educazione sessuale è integrata nelle programmazioni scolastiche. In Svezia l'educazione sessuale è diventata materia obbligatoria, integrata nei corsi curriculari delle scuole fin dal 1955. In Germania questo è avvenuto nel 1968, mentre in Francia è diventata legge dal 2001 e in Irlanda dal 2003. In Danimarca, Finlandia e Austria l'educazione sessuale è diventata materia obbligatoria dal 1970.
In Paesi come la Svezia, il Galles, l'Inghilterra, il Galles, la Scozia, l'Irlanda, il Belgio i modelli di educazione sessuale sono basati su un approccio olistico, ovvero integrano le conoscenze relative all'apparato riproduttivo e alle malattie sessualmente trasmissibili, con l'educazione emotiva e relazionale.
In Francia, a partire da quest'anno scolastico, l'educazione Emotiva, Relazionale e sessuale (EVARS, acronimo di Éducation à la Vie Affective, Relationnelle et Sexuelle) è obbligatoria nella scuola materna e primaria. "Nella scuola secondaria e superiore, diventerà una materia a sé stante. Sebbene la materia fosse obbligatoria dalla legge del 2001, raramente veniva applicata", scrive lo spagnolo El Confidencial. E sempre il quotidiano spagnolo cita il caso della Croazia dove "non è ancora stato introdotto nel curriculum scolastico nazionale e l'Istituto croato di sanità pubblica riconosce che bambini e ragazzi apprendono la sessualità attraverso Internet in oltre l'80% dei casi".
In Romania, invece il tema dell'educazione sessuale "rimane un tabù e non viene insegnato come materia nelle scuole. Il Ministero dell'Istruzione opta invece per una materia chiamata ‘educazione alla salute' che può essere insegnata durante le lezioni di biologia". Infine, in Grecia, "il tema solleva tensioni persistenti tra la politica educativa e gli atteggiamenti conservatori. L'educazione sessuale è ufficialmente disponibile nelle scuole greche dall'anno accademico 2021-2022".
Secondo l'Unesco, nelle nazioni dove sono stati implementati questi percorsi di educazione affettiva sessuale curriculare, con un insegnamento trasversale che tocca anche aspetti cognitivi, emozionali, fisici e sociali della sessualità, si è riscontrato un netto miglioramento: più i giovani sono informati più tendono a essere educati a concetti come rispetto e il consenso, praticano sesso in sicurezza e si riduce significativamente il rischio di violenza, sfruttamento e abusi sessuali.