Dipendenti pubblici, blocco dello stipendio per chi ha debiti con il Fisco: chi rischia e da quando

Dal prossimo 1° gennaio scatterà una misura che lega in modo diretto il rapporto fra chi lavora per lo Stato e il rispetto delle regole fiscali. Con la manovra economica 2025 il governo ha deciso infatti che, se un dipendente pubblico ha cartelle esattoriali non pagate per almeno 5 mila euro e percepisce più di 2.500 euro al mese, una quota del suo stipendio potrà essere bloccata automaticamente fino a quando il debito non sarà saldato. In pratica, ogni volta che l'amministrazione erogherà la busta paga o la pensione, i sistemi dell'Agenzia delle Entrate controlleranno se il lavoratore rientra in questi parametri: se sì, partirà una trattenuta diretta, che non potrà superare un settimo della retribuzione mensile (circa 500 euro per uno stipendio medio di 3.500 euro); il prelievo andrà avanti mese dopo mese fino a coprire l'intero importo dovuto, senza bisogno di ulteriori notifiche o procedure giudiziarie. L'intento sarebbe duplice: recuperare in tempi certi i crediti del fisco e affermare che chi è pagato con risorse pubbliche deve essere il primo a dare l'esempio di correttezza tributaria.
Chi rischia il blocco dello stipendio e da quando
La misura non riguarda l’intero pubblico impiego ma una fascia ben precisa. Secondo i dati allegati alla legge di Bilancio, circa 250 mila dipendenti statali hanno debiti con il fisco superiori ai 5 mila euro, ma solo una parte rientrerà nel nuovo meccanismo. Il blocco scatterà infatti soltanto per chi, oltre ad avere cartelle esattoriali non saldate di almeno 5 mila euro, percepisce uno stipendio mensile netto superiore a 2.500 euro. Le stime parlano di circa 30 mila lavoratori, con una retribuzione media intorno ai 3.500 euro: è questa la platea che, dal 1° gennaio 2026, potrà vedersi trattenere automaticamente fino a un settimo della busta paga fino all’estinzione completa del debito.
Come scatta il blocco dello stipendio: i requisiti e le condizioni
Due sono i requisiti imprescindibili:
- Debito accertato con il fisco: cartelle esattoriali scadute e non saldate per un importo almeno pari a 5.000 euro.
- Reddito mensile oltre soglia: busta paga superiore a 2.500 euro netti.
Solo in presenza di entrambe le condizioni potrà scattare il blocco. Per tutelare il diritto a un reddito minimo, la legge stabilisce poi anche un tetto alla somma pignorabile: non più di un settimo della retribuzione mensile.
Come avverrà il prelievo in busta paga
Dal 1° gennaio 2026, ogni volta che l'amministrazione erogherà lo stipendio (o la pensione, nel caso di ex dipendenti), sarà attivato un controllo incrociato con l'Agenzia delle Entrate; se il sistema rileverà una posizione debitoria che rientra nei parametri, la trattenuta scatterà in automatico. L’importo massimo pignorabile è pari a un settimo della busta paga: su uno stipendio di 3.500 euro, ad esempio, la trattenuta potrà arrivare a circa 500 euro al mese.
Il prelievo proseguirà finché il debito non sarà estinto, cessando solo quando la cartella risulterà interamente saldata.