Cosa vuole fare il governo nella Manovra 2026: il piano su tasse, pensioni, bonus e stipendi

La fine dell'estate si avvicina, mancano tre settimane alla ripresa dei lavori del Parlamento e partono anche le ipotesi sui contenuti della prossima legge di bilancio. I lavori veri e propri sulla manovra ingraneranno più avanti, con il testo da approvare entro il 31 dicembre, ma alcuni paletti sono già piuttosto chiari, stando alle promesse del governo negli scorsi mesi.
Sul tavolo c'è un taglio dell'Irpef di cui si parla da anni, e su cui ora Forza Italia punta parecchio. Ma anche la rottamazione quinquies che è diventata un chiodo fisso di Matteo Salvini, mentre si parla di un intervento sul lavoro povero che finora ha i contorni poco chiari. Sulle pensioni, come sempre, sembra che ci sia poco margine per portare novità significative: anche la Lega sembra aver rinunciato alla battaglia per ‘superare' la legge Fornero. Per quanto riguarda i bonus, alcuni sono già certi di rinnovo nel 2026, mentre altri sono in bilico.
Taglio dell'Irpef e interventi sulle tasse nel 2026
La misura centrale della legge di bilancio potrebbe essere il taglio dell'Irpef per il ceto medio. L'ipotesi è quella che i partiti di maggioranza e i membri dell'esecutivo annunciano da tempo: abbassare l'aliquota intermedia, quella tocca i redditi da 28mila a 50mila euro. E magari estenderla anche fino a 60mila euro.
Oggi le aliquote Irpef sono: il 23% fino a 28mila euro, il 35% tra 28mila e 50mila euro, e il 43% oltre i 50mila euro. L'intenzione sarebbe appunto di abbassare l'aliquota di mezzo, magari includendo anche chi guadagna fino a 60mila euro. I benefici, secondo le stime, sarebbero quasi nulli per chi guadagna 30mila euro, mentre salirebbero a circa 440 euro all'anno per chi ha un reddito da 50mila euro. Se ci fosse anche l'allargamento, poi, chi incassa 60mila euro all'anno si troverebbe a pagare circa 1.400 euro di tasse in meno.
Non è un caso che il centrodestra discuta da anni la riforma senza metterla in atto: il costo è alto, attorno ai quattro miliardi di euro. Un piano dettagliato per portare a casa il taglio ancora non c'è, nonostante i tecnici ci lavorino da tempo. Forza Italia preme, sostenuto anche da Fratelli d'Italia, mentre la Lega preferirebbe usare quei soldi per la "pace fiscale" che il leader Salvini chiede a gran voce da mesi.
Se il centrodestra si divide su un taglio di due punti all'Irpef, è inutile sottolineare che la flat tax per tutti – messa anche nero su bianco nella delega fiscale approvata due anni fa – oggi è di fatto irrealizzabile. Così come il "superamento" dell'Irap, l'imposta regionale che serve a finanziare la sanità pubblica. Potrebbe arrivare qualche esenzione limitata, ma non si attende nessuna ampia riforma.
Riforma delle pensioni, niente più Quote e stop all'età pensionabile
Altro tema su cui il governo ha fatto molte promesse negli anni, ma su cui c'è pochissimo margine per intervenire, sono le pensioni. Negli ultimi anni non solo la maggioranza non ha "smantellato" la legge Fornero, ma ha ristretto sempre di più alle pensioni anticipate. Ora, l'obiettivo dichiarato entro la fine dell'anno è bloccare l'aumento dell'età pensionabile di tre mesi, che scatterebbe a inizio 2027. Una misura che, peraltro, non è priva di effetti negativi, e che potrebbe anche arrivare in un decreto separato dalla manovra.
Per quanto riguarda i requisiti per lasciare il lavoro, Quota 103 andrà in scadenza e difficilmente sarà rinnovata. Lo scorso anno l'hanno utilizzata poco più di mille persone. Anche Quota 41, la proposta della Lega che l'anno scorso era il cavallo di battaglia del Carroccio, è poi finito nel nulla.
Il nuovo piano, promosso soprattutto dal sottosegretario del Lavoro leghista Durigon, sarebbe di puntare su nuovi paletti: 64 anni di età, 25 anni di contributi. Oggi con questi requisiti può lasciare il lavoro chi è in regime contributivo, ovvero ha iniziato a lavorare dopo il 1996, e solo a patto che abbia raggiunto una pensione pari a tre volte l’assegno sociale, ovvero 1.616 euro lordi al mese (sommando sia i contributi sia l'eventuale pensione complementare). Il governo vorrebbe includere anche chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, ma per ora si tratta solo di un'idea che andrà sviluppata. È possibile che, come con Quota 103, per lasciare il lavoro con questi requisiti si debba accettare un taglio dell'assegno.
Rottamazione quinquies, pressione della Lega
Il punto su cui la Lega insiste di più è la rottamazione quinquies, che Matteo Salvini chiama "pace fiscale". Una misura che permetterebbe a chi ha accumulato debiti con il Fisco tra il 2000 e il 2023 di saldarli in fino a 120 rate mensili uguali, quindi dieci anni di pagamenti. Senza decadere se salta fino a sette rate.
Il meccanismo non entusiasma gli alleati. Avrebbe un costo molto alto (si stimano tra i tre e i quattro miliardi di euro) e le rottamazioni portano sempre incassi ben più bassi del previsto. Si potrebbe cercare un compromesso, selezionando una platea più ristretta – ad esempio escludendo chi in passato ha aderito a altre rottamazioni e poi ha smesso di pagare le rate. Questo permetterebbe allo Stato di limitare l'esborso, e alla Lega di rivendicare una vittoria. Anche su questo, i lavori tecnici sono ancora in corso.
Quali bonus spariscono e quali scadono nel 2026
Molti bonus hanno già un rinnovo previsto per il 2026: è il caso, per il settore immobiliare, del bonus ristrutturazione e il bonus riqualificazione energetica, che si ritroveranno con un'aliquota più bassa (36% per le prime case, 30% per le altre). Lo stesso vale per i bonus giovani e donne, dedicati ad aiutare le aziende che assumono queste categorie.
Anche il bonus madri lavoratrici resterà in vigore l'anno prossimo in due versioni diverse, mentre dal 2027 quella più vantaggiosa (per le donne con tre o più figli e contratto a tempo indeterminato) finirà e resterà solo l'altro. Ci sono invece misure, come il bonus mobili, che andranno in scadenza a fine anno. Per queste bisognerà tenere d'occhio i lavori sulla legge di bilancio, quando entreranno nel vivo: fino agli ultimi giorni potrebbero arrivare modifiche o interventi.
Cosa vuole fare il governo per i salari
È un dato di fatto che in Italia gli stipendi reali siano scesi moltissimo per effetto dell'inflazione, negli ultimi anni. Anche se l'occupazione aumenta, la povertà non diminuisce. Molti si trovano vicini alla soglia di povertà nonostante abbiano un impiego. Finora il governo non ha mostrato alcun interesse a intervenire in modo deciso sugli stipendi, ma i partiti della maggioranza starebbero preparando delle misure sul tema per la legge di bilancio.
"Il tema vero è alzare i salari", ha detto a Repubblica il sottosegretario Durigon a inizio agosto. Tra gli interventi ci potrebbe essere una riforma dei contratti collettivi per fare in modo che il rinnovo entri in vigore non dalla data della firma, ma dalla scadenza del precedente. In più, un taglio delle tasse sui rinnovi e sui benefit aziendali. Solo ipotesi, per il momento.