Cosa non torna nel caso di Danilo Riahi, morto nel carcere minorile di Treviso dopo aver tentato il suicidio

Nella storia di Danilo Riahi, il diciassettenne tunisino morto il 13 agosto dopo un presunto tentativo di suicidio commesso all'interno dell'Istituto penale minorile di Treviso dove era stato rinchiuso qualche giorno prima, ci sono parecchi punti irrisolti.
Per cercare di fare chiarezza e portare luce sulla vicenda abbiamo parlato con l'eurodeputata Ilaria Salis, che giovedì scorso ha condotto un'ispezione all'interno del carcere minorile in cui era stato rinchiuso. Lo stesso giorno, il collettivo Rotte Balcaniche assieme ai centri sociali Django di Treviso e Arcadia di Schio, ha organizzato un presidio davanti all'istituto per chiedere "verità e giustizia" per il ragazzo arrivato in Italia un anno fa dopo aver attraversato il Mediterraneo.
L'arresto, il tentato suicidio e il ricovero: la storia di Danilo Riahi
"All'interno del carcere si trova una struttura che si chiama Cpa, ovvero centro di prima accoglienza, destinata ai minori fermati ma in attesa di convalida dell'arresto da parte del giudice. Sono strutture che per legge non dovrebbero stare all'interno delle carceri minorili (dato che l'arresto non è stato ancora convalidato per chi ci si trova), ma in prossimità dei tribunali così da poter condurre i minori alle udienza di convalida", ci spiega l'europarlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra.
Danilo si trovava lì in custodia dopo esser stato immobilizzato con un taser e arrestato sabato 9 agosto con l'accusa di furto. "All'interno del Cpa di Treviso ci sono due celle: una da due posti e una da un posto. La notte del 9 agosto non erano stati fermati altri ragazzi, Danilo era solo in quella stanza, con due agenti a presidiarlo. Secondo quanto ci ha detto la direttrice, Danilo è stato visitato al suo arrivo, sabato verso le 2 di notte, dal medico di guardia della casa circondariale per adulti adiacente al carcere minorile", racconta Salis.
I punti oscuri e le omissioni
Il medico – lo stesso intervenuto quando è avvenuta la tragedia, circa 22 ore dopo – non avrebbe rilevato criticità tali da valutare ulteriori controlli più specifici da pare di uno psichiatra o psicologo. Nella sua permanenza all'interno dell'Ipm, durata quasi 24 ore, Danilo non ha incontrato altre figure oltre agli agenti che erano di guardia. "Il fatto che non fossero state rilevate criticità è molto strano perché dalle carte lui viene descritto, al momento del fermo, in uno stato di evidente agitazione psicofisica. È molto strano che questo non sia apparso evidente a chi ce l'aveva in custodia", dice l'eurodeputata. Perché allora non sono stati svolti ulteriori accertamenti?
Secondo il racconto della direttrice nella notte fra domenica 10 e lunedì 11 agosto (giorno in cui Danilo sarebbe dovuto andare in tribunale per la convalida dell'arresto) gli agenti in servizio si sarebbero insospettiti perché il ragazzo non usciva dal bagno da un po' troppo tempo. Ma anche su questo punto le informazioni sono confuse. Quanto a lungo Danilo è rimasto chiuso in bagno? "Nonostante ritenessero di essere allarmati gli agenti hanno ritenuto opportuno, prima di aprire la porta della stanza per vedere effettivamente cosa stava succedendo, chiamare di rinforzo altri colleghi che si trovano all'interno dell'Ipm perché – sostengono – temevano un'evasione. Quando poi hanno aperto la porta si sono resi conto della situazione e hanno fatto intervenire il medico, che era di turno ormai da quasi 24 ore", dice l'eurodeputata.
Il diciassettenne, che avrebbe tentato di togliersi la vita impiccandosi, è stato portato d'urgenza all'ospedale di Treviso. Una volta arrivato è stato messo direttamente in terapia intensiva, ma dopo qualche giorno di agoni, il 13 agosto, è deceduto. "Un suicidio in un carcere minorile non avveniva da più di 20 anni, cioè dal dal 2003. È un segnale del fatto che la giustizia minorile italiana si sta deteriorando ed è un aspetto che la storia di Danilo mette in luce", osserva Salis.
Nella storia di Danilo sono diverse le cose che non tornano. "Il racconto è molto strano. È strano che se c'erano due agenti con il compito di sorvegliare una sola persona, sotto custodia dello Stato, sia avvenuto un fatto così. La dinamica è strana e ci sono delle responsabilità da chiarire", rimarca l'europarlamentare. Inoltre l'Ipm, secondo quanto riferito dalla direttrice a Salis, non sarebbe stato informato dell'uso del taser al momento del fermo. Perché omettere quest'informazione? "Un altro gravissimo problema perché la struttura doveva sapere cos'era avvenuto prima per capire come intervenire nei confronti del ragazzo. Ci sono delle indagini e la vicenda verrà approfondita ma questa storia ha molti punti oscuri", prosegue.
Le terribili condizioni delle carceri minorili in Italia
Ma questa tragedia ci porta inevitabilmente a parlare, ancora una volta, delle condizioni carcerarie in Italia, comprese quelle degli istituti minorili. "La situazione è terribile. Si tratta di una struttura assolutamente inadeguata", dice Salis a proposito dell'Ipm di Treviso. "In origine l'edificio costituiva la vecchia palazzina dove stavano i semi-liberi del carcere per adulti, cioè persone che trascorrono 8-10 ore al giorno in carcere, essenzialmente per dormire. Insomma non era una struttura adibita ad ospitare ragazzi con la necessità di svolgere una serie di attività formative, educative e che là dentro devono passarci 24 ore. È estremamente piccola: non ci sono spazi, c'è un cortiletto per l'aria", aggiunge.
"Sono anni che si dice che questo carcere minorile verrà chiuso per trasferirlo a Rovigo". Lo spostamento è atteso tra dicembre e gennaio ma potrebbero esserci ulteriori rinvii. "Ci sono materassi a terra perché non ci sono abbastanza brandine. Nei bagni all'interno delle celle la doccia si trova direttamente sopra la turca con risvolti igienico sanitari che lascio immaginare". Quello di Treviso è tra i più sovraffollati in Italia. "Nonostante una capienza di 12 posti, al momento ospita 15 ragazzi e quest'anno si sono toccati dei picchi di sovraffollamento oltre al 200%", arrivando ad ospitare fino a 28 ragazzi.
A condizioni diverse – domandiamo – sarebbe potuta andare diversamente anche la vicenda di Danilo? "Se ci fosse un ricorso maggiore ad altre figure professionali, che possono favorire il benessere della persona, sì. Danilo viene descritto proprio come un ragazzo che aveva bisogno di di aiuto e di cure. Secondo me sarebbe dovuto esser portato in un ospedale, non in un Cpa annesso a un carcere e in cui non ha avuto la possibilità per quasi 24 ore di parlare neanche con uno psicologo o comunque con una figura, come un educatore, che si ponesse in condizione di ascolto", risponde. Perché non è stato fatto? "Naturalmente non si può fare la storia con i se e con i ma però credo che bisognerebbe privilegiare questo tipo di interventi che non siano legati alla repressione, ma all'ascolto appunto", aggiunge.
L'eurodeputata insiste poi, sul grave deterioramento delle carceri per i minori italiane: "Se l'Italia fino a dieci anni fa era all'avanguardia in Europa per la gestione della giustizia minorile, perché vedeva il carcere come qualcosa di assolutamente residuale, da utilizzare solo in casi estremi in cui non fosse possibile intraprendere altri percorsi, ora non è più così. Prima i minorenni che si trovavano all'interno di questi istituti avevano molte più possibilità riabilitarsi, di portare avanti appunto un processo educativo che gli permettesse di non finire nel cortocircuito del carcere", afferma.
"Il governo Meloni è responsabile", accusa Salis
E accusa il governo Meloni, che ritiene responsabile del peggioramento delle condizioni della carcerazione minorile. "Soprattutto dopo il decreto Caivano che ha ampliato le possibilità di carcerazione minorile, anche in fase cautelare, quindi anche prima di una sentenza, la giustizia minorile si è progressivamente deteriorata anche in Italia portando a condizioni estreme gli istituti. Ormai è come se si applicasse ai minorenni gli stessi criteri di quelli che si applicano alla giustizia per adulti, nonostante il diritto di internazionale ricordi che la giustizia minorile deve rispondere a bisogni e finalità diverse e che siano innanzitutto formative. Dopo il decreto Caivano il sovraffollamento è aumentato notevolmente. Moltissimi ragazzi in attesa di una sentenza sono costretti a stare in queste strutture, sottoposti a luoghi che sono scuola di criminalità, stando a contatto solo ed esclusivamente con ragazzi che hanno analoghe problematiche", prosegue.
Luoghi del genere per i ragazzi diventano "una sorta di scuola di crimine perché non stanno a contatto con esempi virtuosi, come invece potrebbero essere se fossero inseriti in percorsi più aperti al contatto con il territorio, se avessero la possibilità di stare con persone della loro età che possono stimolare la loro crescita", spiega. Ragazzi come Danilo sono giovani, in alcuni casi bambini, con problemi di devianza e marginalità che spesso vengono lasciati completamente soli, abbandonati a loro stessi. "È davvero straziante vedere la loro sofferenza. Ho visto con i miei occhi i segni dell'autolesionismo sulle loro braccia. Tutto questo non può favorire dei percorsi di crescita positiva che siano virtuosi. Così si crea ancora più marginalità, cioè chi c'è già viene posto in una condizione ancora più marginale, ancora più stigmatizzata", continua Salis.
"In generale mette una profonda tristezza vedere il dolore di questi ragazzi rinchiusi in un luogo che in teoria dovrebbe puntare alla loro educazione". Le rivolte sono frequenti, com'è accaduto nell'istituto penale minorile di Milano ‘Cesare Beccaria' che l'eurodeputata ha visitato a metà agosto. "Sono entrata all'interno di una sezione che era completamente allagata. Mi hanno spiegato che avevano dovuto accendere gli idranti perché dei ragazzi la notte prima avevano dato fuoco a dei materassi", racconta. "Insomma questi luoghi possono diventare estremamente pericolosi. Il problema è che la logica del carcere difficilmente riesce a produrre qualcosa di diverso da se stesso: o produce altro carcere perché fin da giovani sono sottoposti a una scuola di delinquenza, oppure genera altra sofferenza e in alcuni casi, come quello di Danilo, anche la morte. Difficilmente riesce a generare qualcos'altro. Il che lo pone in contraddizione molto forte con il proprio mandato istituzionale che dovrebbe essere di riabilitazione. Si crea un circolo vizioso per cui fin da minorenni rischiano di finire in una spirale di recidiva potenzialmente distruttiva", conclude.