Come si andrà in pensione nel 2026 e quanto varranno gli assegni: le novità nella Manovra

Il dibattito principale sulle pensioni nella manovra 2026 riguarda l'aumento dell'età pensionabile. Questo scatterà nel 2027 con l'incremento di un mese, poi altri due mesi nel 2028. L'anno prossimo, invece, le cose resteranno ferme. Stessi requisiti per lasciare il lavoro, nessuna novità in fatto di Quote, e anche gli assegni non cresceranno di molto: per le pensioni minime il governo Meloni ha confermato che ci sarà un incremento di "circa 20 euro", quindi senza nuovi interventi.
Quando aumenta l'età pensionabile, di quanto e per chi
Nonostante le promesse fatte dal centrodestra e dal governo Meloni, alla fine l'aumento dell'età per la pensione ci sarà. Invece di tre mesi nel 2027, saranno un mese nel 2027 e due mesi nel 2028. I requisiti per la pensione di vecchiaia, quindi, saranno:
- Nel 2026: 67 anni di età e 20 anni di contributi
- Nel 2027: 67 anni e un mese di età e 20 anni di contributi
- Nel 2028: 67 anni e tre mesi di età e 20 anni di contributi
Invece questi saranno i requisiti per la pensione di anzianità, o pensione anticipata, prevista dalla riforma Fornero:
- Nel 2026: 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne un anno in meno)
- Nel 2027: 42 anni e 11 mesi di contributi (per le donne un anno in meno)
- Nel 2028: 43 anni e un mese di contributi (per le donne un anno in meno)
L'unica eccezione a questi aumenti sarà per i lavori gravosi e usuranti. Nella categoria degli "usuranti" ci sono i lavoratori che fanno turni notturni per tutto l'anno, ma anche i conducenti di veicoli o gli addetti che lavorano in miniere, tra gli altri. Tra i "gravosi" rientrano, per esempio, gli operai edili, i camionisti, i lavoratori che rimuovono amianto. ma anche infermieri e insegnanti dell'asilo.
Non sono ancora chiari i requisiti specifici. In altri casi, per essere considerati lavoratori di queste mansioni bisogna averle svolte per almeno sette degli ultimi dieci anni, oppure per almeno metà della propria vita lavorativa.
Come lasciare il lavoro nel 2026: i requisiti
Come visto, per le pensioni del prossimo anno i requisiti di età resteranno gli stessi, dato che l'aumento di età pensionabile scatterà solo dal successivo. E non ci dovrebbero essere cambiamenti nemmeno per quanto riguarda le Quote esistenti che permettono di lasciare il lavoro.
Il governo non ha comunicato alcun cambiamento, da questo punto di vista. Il ministero del Lavoro aveva proposto, in fase di stesura della manovra, di rinnovare Quota 103, Opzione donna e Ape sociale senza cambiare nulla rispetto a quest'anno. In attesa di conferme o smentite dal testo ufficiale della legge di bilancio (che poi potrà essere modificato dal Parlamento), si può presumere che questa richiesta sia passata.
Quota 103 permette di lasciare il lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi. Ma richiede una finestra d'attesa piuttosto lunga (sette mesi per i privati, nove mesi per i dipendenti pubblici) e prevede un taglio dell'assegno, ricalcolato con il metodo contributivo fino al compimento dei 67 anni.
Opzione donna è riservata alle lavoratrici con 61 anni di età e 35 anni di contributi (un anno in meno di età per ogni figlio, fino a due figli); ma bisogna anche essere caregiver, invalide civili oppure lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi. L'Ape sociale è rivolta solo a categorie vulnerabili (disoccupati, caregiver, invalidi civili, lavoratori che svolgono mansioni usuranti) con almeno 63 anni e cinque mesi di età.
Come cambia l'assegno delle pensioni: venti euro in più per le minime
Se le modalità per lasciare il lavoro non cambiano, anche gli assegni lo faranno ben poco. La rivalutazione delle pensioni nel 2026 dovrebbe portare un incremento dell'1,6% legato all'inflazione, stando alle stime del governo. Ad esempio, una pensione da mille euro diventerà da 1.016 euro al mese.
Se si supera la soglia dei 2.452 euro lordi (quattro volte il trattamento minimo), la rivalutazione sarà leggermente minore. La parte di assegno tra 2.452 e 3.065 euro lordi sarà rivalutata solo all'1,44%. Quella che supera i 3.065 euro lordi solo all'1,2%.
Non ci sarà nessun aumento extra per le pensioni minime, oltre a quelli già previsti in passato. Oggi l'assegno minimo vale 603,40 euro. Applicando la rivalutazione basata sull'inflazione, e l'ulteriore incremento dell'1,3% già introdotto con la scorsa legge di bilancio, si arriva a 621 euro. Che, con tutta probabilità, è la somma a cui faceva riferimento il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti quando ha detto che gli assegni minimi saliranno di "circa venti euro".