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Manovra 2026

Come l’inflazione ha annullato il taglio Irpef per chi guadagna meno di 50 mila euro

L’aumento dell’inflazione degli ultimi anni ha ridotto drasticamente il potere d’acquisto dei contribuenti, facendo sì che il previsto taglio Irpef per i redditi lordi fino a 50 mila euro sia, in molti casi, quasi del tutto annullato dagli effetti del caro prezzi.
A cura di Francesca Moriero
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Negli ultimi anni, in particolare dal 2020 in poi, l'inflazione è salita in modo significativo, facendo aumentare i prezzi di quasi tutto: dalla spesa quotidiana alle bollette dell'energia, ai servizi essenziali. Questo significa che, anche se lo stipendio lordo resta lo stesso o cresce leggermente, in realtà con quei soldi si compra meno rispetto al passato. In altre parole, il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto, perché è direttamente influenzato dall'aumento dei prezzi (inflazione).

Per aiutare il ceto medio, cioè chi guadagna fino a 50 mila euro all’anno, con la manovra 2026 il governo ha annunciato un taglio delle tasse sull'Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), ossia una riduzione dell’aliquota fiscale. Tuttavia, nonostante questa riduzione, molti lavoratori potrebbero non vedere un reale aumento del loro reddito disponibile. Questo succede a causa di un fenomeno chiamato "drenaggio fiscale". In pratica, le tasse in Italia sono organizzate in scaglioni di reddito fissi: se guadagni di più, paghi una percentuale più alta su quella parte di reddito. Però questi scaglioni non vengono aggiornati in base all'inflazione.

Come il taglio dell'Irpef annulla l'aumento del reddito

Cosa significa concretamente? Facciamo un esempio semplice: immaginiamo che prima, con un reddito di 30 mila euro, si pagasse una certa aliquota Irpef; con l'aumento dell'inflazione, però, quei 30 mila euro valgono meno, perché i prezzi sono aumentati. Se però gli scaglioni fiscali restano fissi, si continuerà a pagare le tasse come se quel reddito avesse sempre lo stesso valore, anche se in realtà il potere d’acquisto è diminuito. Di fatto, quindi, si pagheranno più tasse su una cifra che ha un valore reale inferiore. Questo fenomeno, noto anche come "scivolamento fiscale", fa sì che l'aumento dell'inflazione si traduca sostanzialmente in una pressione fiscale effettivamente più alta, anche senza modifiche alle aliquote.

Cosa significa in concreto? Quando i salari aumentano solo nominalmente, cioè crescono in termini di euro ma non nel loro potere d'acquisto reale, i contribuenti possono finire in uno scaglione Irpef più alto, pagando quindi una percentuale maggiore di tasse. Questo "aumento" di reddito non corrisponde però a un reale miglioramento economico, perché il denaro guadagnato vale meno a causa dell'inflazione.

In altre parole, il contribuente si trova a versare più imposte su un reddito che non gli permette di comprare di più, ma anzi, di meno rispetto agli anni precedenti. È come se lo Stato incassasse di più semplicemente perché i prezzi sono aumentati, senza che i cittadini abbiano visto un reale miglioramento del loro tenore di vita.

L'impatto reale del taglio dell'Irpef sui redditi sotto i 50 mila euro l'anno

Per chi ha un reddito attorno ai 40-50 mila euro, questo significa che il beneficio del taglio dell'Irpef sarà parzialmente o completamente assorbito dall’aumento dei prezzi e dalla pressione fiscale cresciuta negli ultimi anni; calcoli recenti di economisti mostrano che, nonostante il taglio di due punti percentuali sull'aliquota, molti lavoratori si ritroveranno con aumenti netti in busta paga modesti o addirittura con un peggioramento in termini reali rispetto a prima. Ad esempio, un lavoratore con un reddito annuo lordo di circa 45 mila euro potrebbe vedere un aumento fiscale reale che supera di gran lunga il beneficio derivante dalla riduzione dell’aliquota. Perché avviene questo? Perché l'inflazione ha fatto crescere i costi della vita più rapidamente di quanto la manovra fiscale riesca a compensare, "mangiando" così il vantaggio promesso.

La questione è aggravata dal fatto che il taglio Irpef previsto non è strutturale e copre solo una parte limitata dell’intero problema. Senza un intervento più ampio, il rischio è che anche in futuro si verifichino situazioni simili, in cui l’aumento dei prezzi annulla gli sforzi di alleggerimento fiscale.

In sintesi, mentre la manovra tenta di alleggerire il carico fiscale per il ceto medio, la realtà concreta per molti contribuenti sotto i 50 mila euro è che gran parte di questo sollievo viene già eroso dall'inflazione e dall'aumento dei costi, lasciando quindi così davvero poche risorse aggiuntive da spendere realmente.

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