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Boldrini (Pd): “Con legge sul consenso più tutela per vittime di stupro, troppe donne non sono state credute”

Introdurre per legge il principio del consenso nei casi di stupro è una “svolta storica”, dice a Fanpage.it, la deputata Pd Laura Boldrini. L’intesa bipartisan è stata trovata ieri attorno all’emendamento al ddl che riformula il reato di violenza sessuale all’interno del Codice penale. “Dopo tante sentenze shock, ora le vittime saranno più tutelate”.
Intervista a Laura Boldrini
Deputata del Partito democratico
A cura di Giulia Casula
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Il principio del consenso entra nel reato di violenza sessuale. L'accordo raggiunto ieri da maggioranza e opposizioni rappresenta "una svolta storica", dice a Fanpage.it la deputata Pd Laura Boldrini. "Sembrava impossibile, invece ce l'abbiamo fatta". Il riferimento al "consenso libero e attuale" come condizione necessaria di un rapporto sessuale – che altrimenti è stupro – è stato introdotto con un emendamento al disegno di legge depositato proprio da Boldrini ormai più di un anno e mezzo fa. Il testo si inserisce all'interno di una riforma dell'articolo 609-bis del Codice penale, che riguarda appunto il reato di violenza sessuale, punito dai 6 ai 12 anni di carcere. La novità, ci spiega la deputata, risponde non solo all'esigenza di allinearsi alla Convenzione di Istanbul e agli altri ordinamenti europei che già lo prevedono, ma anche e soprattutto per garantire maggiore tutela alle vittime. "Abbiamo visto molte sentenze che hanno assolto stupratori perché mancava il dissenso. Se non c'è volontà, c'è violenza".

Perché è importante la nuova definizione del reato di violenza sessuale? 

È una svolta culturale, un cambio di paradigma straordinario. Sembrava impossibile, invece ce l'abbiamo fatta. Abbiamo visto troppe volte nei tribunali italiani casi di donne la cui paralisi durante l'aggressione è stata interpretata come consenso. Siccome non sono riuscite a reagire all'assalto sessuale, a gridare, a dimenarsi, a graffiare, non sono state credute. Ho proposto la legge su cui si basa il testo approvato ieri anche per colmare un vuoto giuridico. La Convenzione di Istanbul, che è legge in Italia dal 2013, definisce il consenso e stabilisce questo principio, che è stato introdotto negli ordinamenti di molti altri paesi europei. In Italia, purtroppo, su questi temi ci sono sempre molti ostacoli da superare. Questa mia proposta di legge è stata anche oggetto di una campagna denigratoria, da parte di una certa stampa, a base di fake news. Hanno fatto circolare notizie del tutto inventate sul fatto che prima di fare sesso si dovesse firmare un modulo, sottoscrivere un contratto. Non sono boutade: sono dei tentativi di delegittimare, sminuire e ridicolizzare un provvedimento molto serio che implica un grande cambiamento culturale di cui c'è bisogno. La volontà di tutte noi ha avuto comunque la meglio su ogni tentativo di infangarlo.

Cosa si intende per "consenso libero e attuale" e perché la definizione corrente non garantiva un’adeguata tutela delle vittime? 

Intanto va detto che stiamo inserendo nell'ordinamento il principio del consenso che è già espresso in molte sentenze della Cassazione. Mancava una norma che lo definisse. Quando parliamo di consenso vuol dire che deve essere libero, liberamente espresso, non ci deve essere costrizione e deve essere una scelta della persona che dura per tutto il tempo dell'atto sessuale. Se manca il consenso significa che quell'atto sessuale è una violenza. Questo passaggio è necessario perché in tanti anni abbiamo visto delle sentenze shock di assoluzione di stupratori. Abbiamo letto "se non c'è dissenso il fatto non sussiste", oppure "se manca il dissenso non c'è stupro". E queste sentenze fanno accapponare la pelle e non rendono giustizia alle vittime.

Un altro elemento è il riferimento alla condizione di "particolare vulnerabilità della persona offesa". Cosa cambierà in concreto?

Se una donna che non reagisce a un'aggressione perché magari è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, il fatto che non si opponga non vuol dire che sia consenziente. Sono due i fattori che possono inibire la reazione: uno è la paura, il terrore, l'altro è quando la donna non è lucida e le sue facoltà sono alterate perché ha assunto droghe (a volte anche a sua insaputa) o perché ha bevuto un bicchiere di troppo. Nessuna di queste circostanze può essere confusa con un consenso implicito proprio perché la donna è in stato di alterazione.

Questo emendamento è frutto di un accordo bipartisan. È la prova che sui temi importanti si possono mettere da parte le questioni ideologiche?

Sì dovrebbe. Le donne dovrebbero sempre essere unite nella battaglia per l'affermazione dei loro diritti. Sempre. Quando ci si riesce è una grande cosa. In questa occasione ci siamo riuscite. C'è stata un'interlocuzione importante tra Elly Schlein e Giorgia Meloni che ha consentito ieri sera il voto unanime in commissione Giustizia. Che tutti gli schieramenti abbiano voluto arrivare a questo risultato è stata una prova di maturità e di consapevolezza.

Dall’altra parte però, il governo frena sull’educazione sessuo-affettiva nelle scuole, vincolandola al consenso delle famiglie. Negli scorsi Gino Cecchettin ha sottolineato che introdurla già dall’asilo sarebbe un passo importante per favorire un cambiamento culturale necessario. Perché su questo tema invece, il governo si agita? 

Noi su questo stiamo facendo una battaglia perché riteniamo che per arginare la violenza degli uomini sulle donne bisogna iniziare dall'educazione sessuale e affettiva già dalla scuola primaria. Inserire il principio del consenso in una norma come abbiamo fatto ieri è importantissimo. Ma la repressione da sola non basta: va inserita l'educazione sessuo-affettiva nelle scuole fin da i primi anni e il provvedimento Valditara questo lo impedisce.

Quest’anno, stando ai numeri del Viminale, si è registrato un calo dei femminicidi ma i numeri restano alti. Si sta lavorando sul piano normativo, ad esempio con il ddl femminicidio, ma introdurre nuovi reati non basta. Cosa manca?

Manca, appunto, un lavoro culturale nelle scuole, ma il provvedimento Valditara lo ostacola. Noi riteniamo che sia fondamentale la formazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze non solo nella scuola secondaria. Invece la norma di Valditara la consente solo nella scuola secondaria e solo se c'è il consenso informato dei genitori. Ma la scuola serve proprio per dare a tutti gli stessi strumenti e per fare in modo che ci sia nei ragazzi e nelle ragazze la piena consapevolezza. Perché se i genitori non vogliono informare i figli, a pagarne le conseguenze sono proprio i figli e questo non è giusto.

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