Aumento Irap al 2,5%: perché il governo insiste mentre banche e assicurazioni protestano

La discussione sulla Manovra ha rimesso al centro un punto molto delicato: l'aumento dell'Irap per banche e assicurazioni. L'aliquota, oggi al 2%, salirebbe al 2,5%. Il governo di Giorgia Meloni ritiene che questo incremento sia necessario per trovare risorse aggiuntive, soprattutto in vista dei prossimi due anni, e ha convocato un nuovo vertice a Palazzo Chigi con Abi, assicurazioni e una delegazione di Confindustria per illustrare le sue intenzioni.
Di fatto, lo Stato ha bisogno di coprire alcune misure ancora scoperte, e l'idea è che il settore finanziario, che negli ultimi anni ha registrato utili consistenti grazie anche all'aumento dei tassi, possa contribuire un po' di più rispetto ad altri comparti dell'economia. È un ragionamento che Palazzo Chigi non ha nascosto: in un bilancio pubblico che fatica a quadrare, chiedere un contributo alle banche viene considerato un sacrificio sostenibile.
Perché le banche sono contrarie
Dal punto di vista degli istituti di credito, però, la questione è meno lineare. Le banche, infatti, ricordano innanzitutto che a ottobre era già stato raggiunto con il governo un equilibrio preciso: si era stabilito infatti quanto il settore dovesse contribuire alla Manovra e, secondo la loro lettura, quel patto non andava toccato. Cambiare di nuovo l'aliquota a distanza di poche settimane viene percepito come una modifica delle regole durante la partita, in un contesto in cui la stabilità fiscale è fondamentale per programmare l’attività.
La loro obiezione principale, infatti, è proprio sull'incertezza. Per spiegare la loro posizione hanno usato un esempio semplice: se una famiglia firma un contratto con una rata del mutuo stabilita, non può ritrovarsi ogni due mesi con una cifra diversa perché la banca cambia idea; allo stesso modo, un istituto di credito ha bisogno di sapere quante imposte dovrà versare nei mesi e negli anni successivi, perché su quella base imposta investimenti, condizioni dei prestiti, assunzioni e strategie finanziarie.
In più, i rappresentanti del settore fanno notare che l'aumento dell'Irap non colpisce soltanto le grandi banche, ma anche quelle più piccole, per le quali mezzo punto percentuale può fare una differenza significativa. Non a caso, al vertice a Palazzo Chigi alcuni esponenti dell'Abi hanno definito l'aumento "non sostenibile" in questa fase, ricordando che il credito sta già assorbendo costi elevati per aiutare famiglie e imprese nel contesto economico attuale.
Cosa dicono le assicurazioni
Se le banche protestano, le assicurazioni lo fanno in modo ancora più deciso; oltre all'aumento dell'Irap, infatti, la Manovra introduce un'altra misura che riguarda il settore, e cioè l'aumento dell'imposta sulle polizze RcAuto relative agli infortuni del conducente, con un effetto retroattivo di dieci anni. La retroattività è l'aspetto che ha scatenato la reazione più forte. Le compagnie assicurative contestano l'idea che lo Stato possa chiedere oggi delle tasse su polizze vendute e chiuse molti anni fa. Per far capire la loro posizione, usano un paragone molto concreto: sarebbe come se l'Aci chiedesse nel 2025 di pagare di nuovo il bollo dell'auto del 2014. Da qui la decisione, già anticipata, di preparare ricorsi.
Secondo le assicurazioni, una retroattività del genere non solo creerebbe un precedente pericoloso, ma metterebbe anche a rischio la fiducia degli operatori e la stabilità del settore. Il vero rischio è insomma quello di aprire un contenzioso molto ampio che potrebbe protrarsi per anni.
Il nodo delle holding finanziarie
Lo scontro non si limita al fronte economico; anche la stessa maggioranza è tutt'altro che compatta. Nei giorni scorsi è stata accantonata l'ipotesi di introdurre una tassa sulle holding finanziarie, una misura che avrebbe toccato diverse realtà, comprese quelle riconducibili alla famiglia Berlusconi. Il suo ritiro sembra avere generato malumori soprattutto in alcuni settori della coalizione, alimentando il sospetto che si sia voluto evitare un conflitto politico interno.
La discussione si è complicata ulteriormente quando, in Parlamento, diversi emendamenti sono stati respinti o segnalati come non prioritari. Alcuni parlamentari hanno accusato il governo di voler gestire la Manovra con un margine troppo ristretto, mentre altri temono che senza nuove entrate l'intero impianto rischi di non reggere; anche all'interno del ministero dell'Economia starebbero emergendo dubbi riguardo alla coerenza complessiva della Manovra se alcuni tasselli fiscali dovessero essere eliminati o ridotti.
Cosa succede ora
Il confronto riprenderà con molta probabilità nei prossimi giorni. L'obiettivo ufficiale del governo è trovare una soluzione che permetta di reperire le risorse necessarie senza penalizzare eccessivamente banche e assicurazioni. La sensazione, però, è che ci sia ancora distanza tra le richieste dell'esecutivo e quelle del mondo finanziario.
Per arrivare a un compromesso servirà probabilmente un mix di correzioni: un adeguamento dell'aliquota, qualche clausola di compensazione o una gradualità più morbida nel passaggio al nuovo regime. Per il momento non c'è ancora alcun accordo definito, per questo resta aperto il rischio che lo scontro politico e tecnico rallenti l'intero percorso della Manovra.