Aborto, Governo nasconde i dati sulla 194: si aspettano ancora quelli del 2023

In Italia, il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza è formalmente garantito dalla legge dal 1978, ma l'esperienza quotidiana di chi deve esercitarlo racconta una storia molto diversa. Tra regioni e territori, l'accesso ai servizi resta infatti profondamente disomogeneo: consultori familiari sottodimensionati, ospedali non sempre integrati con la rete territoriale, procedure lunghe e complesse. Così, quello che sulla carta è un diritto consolidato spesso diventa nella pratica un percorso ad ostacoli, che costringe, ancora, molte donne a confrontarsi con difficoltà burocratiche, organizzative e culturali.
Questa disparità, oltre a pesare sulle vite individuali, rende anche difficile raccogliere dati aggiornati e affidabili sull'attuazione della legge. Senza numeri tempestivi e completi, però, è quasi impossibile valutare se i diritti siano effettivamente garantiti o se restino parole sulla carta. Ed è proprio questo nodo che, questa mattina, ha animato il dibattito alla Camera, mettendo in luce quanto sia delicato il coordinamento tra Stato e Regioni e quanto la trasparenza delle informazioni sia cruciale per monitorare i servizi e tutelare le persone.
Prisco: "Raccogliere i dati non è semplice"
Il sottosegretario Emanuele Prisco, ha spiegato che i ritardi nella pubblicazione della relazione annuale non sarebbero una novità: raccolta e aggregazione dei dati sulle interruzioni volontarie di gravidanza sono "processi complessi, che coinvolgono ospedali, ASL, assessorati regionali, l'Istituto Superiore di Sanità e l'ISTAT". Rispondendo all'informativa, Prisco ha sottolineato le differenze territoriali dovute all'autonomia delle Regioni e ricordato l'esistenza di strumenti informativi online, come il portale Epicentro dell'ISS, che forniscono indicazioni sui servizi disponibili e materiali di supporto per le donne.
Il sottosegretario ha poi aggiunto che la trasparenza dei dati è "vincolata dalle normative sulla privacy", ma che informazioni aggregate restano comunque accessibili.
Sportiello (M5S): "Dati vecchi di due anni, non possiamo monitorare i diritti"
Dal lato parlamentare, la deputata del Movimento 5 Stelle Gilda Sportiello ha denunciato ritardi senza precedenti nella pubblicazione dei dati: "Dal 1978 a oggi non si erano mai registrati ritardi così lunghi. Siamo nel 2025 e stiamo ancora facendo riferimento a dati relativi al 2022". Senza informazioni aggiornate e dettagliate, diventa difficile infatti monitorare l'attuazione della legge e pianificare interventi mirati per garantire un accesso pieno e sicuro ai servizi.
Sportiello ha richiamato l'attenzione sul ruolo centrale dei consultori familiari, spesso sotto pressione e privi di risorse adeguate, che rappresentano il primo punto di accesso per le donne e persone con capacità di concepire, dalla consulenza al supporto socio-sanitario fino alla gestione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Ha poi evidenziato come l'accesso ai servizi resti profondamente disomogeneo tra regioni e territori: sebbene in alcune aree i tempi di attesa siano migliorati, in molte realtà possono ancora superare le quattro settimane. A ciò si aggiungono l'elevata quota di ginecologi obiettori e la progressiva riduzione del numero medio di IVG settimanali effettuate dai non obiettori, elementi che incidono concretamente sull’effettiva fruibilità del diritto alla salute riproduttiva.
Numeri fermi al 2022
Le preoccupazioni sollevate dalla deputata del Movimento 5 Stelle trovano conferma nei dati ufficiali più recenti, pubblicati dal Ministero della Salute e riferiti appunto al 2022, ancora oggi, nel 2025, gli ultimi disponibili.
I numeri evidenziano infatti alcune tendenze problematiche: nel 2022 furono effettuate 65.661 interruzioni volontarie di gravidanza, con un incremento del 3,2 per cento rispetto all’anno precedente, interrompendo il lungo trend di diminuzione registrato negli anni precedenti. Il tasso di abortività, ossia il numero di IVG ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni, salì a 5,6, mentre il rapporto tra IVG e nati vivi passò da 159 a 166,6 per mille, a dimostrazione di quanto sia cruciale disporre di dati tempestivi e dettagliati.
L'aumento delle interruzioni volontarie di gravidanza tra le minorenni, passato da 1,9 a 2,2 per mille tra il 2020 e il 2022, conferma l’urgenza di rafforzare l’educazione sessuale, l'accesso alla contraccezione e il ruolo dei consultori familiari, proprio come aveva sottolineato Sportiello. Cresce anche l'uso della contraccezione d'emergenza: l’Ulipristal Acetato registrò un incremento del 27,7 per cento rispetto al 2021 e del 66,8 per cento rispetto al 2020, anno in cui l’AIFA ne aveva eliminato l’obbligo di prescrizione per le minorenni. Dal punto di vista organizzativo, la maggior parte degli interventi venne effettuata entro due settimane dalla richiesta, ma persistettero realtà in cui i tempi di attesa superarono i 28 giorni. La mobilità tra regioni per accedere ai servizi restò limitata: quasi il 93 per cento delle IVG si svolse nella regione di residenza e circa l’87 per cento nella stessa provincia, confermando la disomogeneità territoriale. A livello nazionale erano attivi 343 punti IVG, un numero che garantiva una copertura media sufficiente ma non colmava le differenze tra territori.
Nel 2022 la tecnica farmacologica superò per la prima volta quella chirurgica, con oltre il 62 per cento degli interventi effettuati entro le prime otto settimane di gravidanza, in linea con le linee guida aggiornate dal Ministero della Salute. Ma la quota di ginecologi obiettori, pur in lieve diminuzione dal 63,6 al 60,5 per cento, continuò a incidere sull’accessibilità del servizio nei territori meno serviti.
Anche l’attività dei consultori mostrò luci e ombre: sebbene nel 76,6 per cento dei casi offrissero servizi di counselling e rilascio dei certificati, rimase una discrepanza tra colloqui effettuati e certificati rilasciati, a testimonianza del carico di lavoro gravoso e delle risorse insufficienti.
Insomma, senza dati aggiornati e affidabili, il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza rischia di restare solo sulla carta, lasciando le donne prive di strumenti concreti per far valere i propri diritti.