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Sgombero di Askatasuna: la vendetta dello Stato contro il dissenso

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Vendetta contro il dissenso. Difficile trovare parole più adatte per definire lo sgombero di Askatasuna, eseguito alle prime luci dell’alba con un dispiegamento di forze sproporzionato: blindati e agenti in assetto antisommossa, quasi dovessero sgomberare un covo dove la lotta armata li attendeva dietro la porta. Centinaia di persone sono rimaste bloccate nelle proprie case, impossibilitate ad andare al lavoro o a scuola, perché lo Stato – quello con la S maiuscola – doveva mostrare i muscoli contro chi mette in discussione il suo modello sociale e culturale. Torino, in questo senso, si conferma laboratorio e avanguardia della repressione del dissenso.

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L’azione nella redazione de La Stampa – che personalmente non ho condiviso, ritenendola controproducente per le mobilitazioni sulla Palestina – non giustifica lo sgombero di una realtà sociale e politica attiva da quasi trent'anni. Una realtà con la quale magari non si condividevano tutte le posizioni (e per fortuna, aggiungerei), ma della quale la città si è nutrita.

Coltivare il dissenso

Mi soffermo un momento proprio sulla "condivisione delle posizioni", perché nelle ore successive sui social è partita la caccia al colpevole, identificato da alcuni proprio in chi non aveva sostenuto il blitz a La Stampa. Personalmente, avrei agito come in passato con La Repubblica a Roma: occupazione simbolica e richiesta di confronto con la direzione. Entrare nella redazione durante il primo giorno di sciopero della categoria dopo dieci anni significa ignorare i diritti rivendicati in quella giornata di lotta. Tuttavia, la gara a "chi è più radicale" – sport molto in voga sui social, specie tra influencer che cercano visibilità posizionandosi sempre un passo oltre gli altri – è uno degli errori più grandi che si possano commettere. Questo atteggiamento denota l'incapacità di riconoscere le differenze di vedute tra chi, potenzialmente, è un alleato.

Il socialfascismo e i Fronti Popolari Antifascisti

Per fare un lungo passo indietro, questo ricorda il "socialfascismo": l’accusa mossa dai comunisti della Terza Internazionale negli anni '20 e '30 ai partiti socialisti e socialdemocratici. Una scelta di posizionamento che indebolì la lotta fino al 1935, quando il Comintern virò verso la costruzione dei Fronti Popolari Antifascisti. Il contesto storico è diverso, per fortuna, eppure oggi davanti a uno sgombero simile dovremmo rispondere compatti. Meno di un anno fa proprio i militanti di Askatasuna erano usciti da un'accusa pesante di "associazione a delinquere", con l'assoluzione che aveva fatto cadere il castello giudiziario messo in piedi dalla Procura di Torino. Sappiamo inoltre come il movimento No Tav in Val di Susa in questi anni sia stato vittima della repressione.
Dovremmo allargare il campo d’azione opponendoci al DL Sicurezza, ai decreti Cutro e Caivano, fino al decreto Rave. Provvedimenti che hanno un comune denominatore: la repressione di ogni forma di socialità e cultura diversa da quella governativa, con l’aggravante – nel caso di Caivano – di fare la lotta ai poveri anziché alla povertà.

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Il podcast daily di Valerio Nicolosi per Fanpage.it: ogni mattina alle 7, una finestra sul mondo per capire cosa davvero sta accadendo. Politica estera, conflitti internazionali, migrazioni, politica interna e tematiche sociali raccontate dal giornalista con chiarezza e approfondimento. Con la voce di esperti e reportage direttamente dal campo - Palestina, Ucraina, Mediterraneo, Africa, Stati Uniti, America Latina e molto altro - SCANNER porta le storie dove accadono, per offrirti ogni giorno un’informazione completa, immediata e dal vivo.

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