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Da ieri mattina la cronaca dei giornali italiani e internazionali sono concentrati sull'attentato di Gerusalemme, dove sono 6 persone sono state uccise e altre sono state ferite. Hamas ha definito eroi chi ha sparato alla fermata dell'autobus mentre Netanyahu ha promesso subito vendetta.
Da 704 giorni assistiamo ad un genocidio in diretta, con bombardamenti sulle ex scuole di Gaza utilizzate come rifugio, abbiamo assistito per mesi ad una distribuzione degli aiuti umanitari che non è altro che la prosecuzione dell'operazione militare, utilizzata per raggruppare i civili e sparare ad altezza uomo. Perché il genocidio non è solo sterminio fisico ma anche è soprattutto annichilimento psicologico di una popolazione.
In 704 giorni ci siamo abituati a continue stragi, tanto da non far più caso ai numeri nonostante parliamo di alcune decine persone uccise ad ogni attacco dell'idf, con spesso bambini tra le vittime. Ci siamo destati da questo torpore solo quando abbiamo sentito la voce di una bambina dire al telefono di avere paura, di non lasciarla sola mentre i suoi parenti erano tutti morti e un carro armato israeliano si muoveva verso di lei, unica sopravvalutata. Oppure quando 8 di 9 fratelli sono morti in un rogo e il governo italiano in un momento di slancio emotivo ha accolto Adam e sua mamma, unici sopravvissuti.
Due giorni di solidarietà, 702 di disinteresse.
L'attacco di ieri alla fermata del bus di Gerusalemme va condannato, come va condannato ogni attacco contro la popolazione civile di qualsiasi popolo. Ma davanti al doppio standard di racconto la domanda su quanto vale una vita assume una rilevanza non secondaria e la risposta che sembra emergere è: dipende. Dipende se sei percepito come occidentale e quindi "civile", se sei bianco, ricco, se condividi alcuni valori.
Esattamente quello che è successo dopo il 7 ottobre 2023, il racconto di ogni singola vittime delle 1200 ha occupato l'intero spazio mediatico, così come per gli ostaggi e le loro vite.
Per il palestinesi invece gli uccisi si sono trasformati in generici morti, gli sfollamenti forzati raccontati dagli inviati embedded dell'IDF come corridoi umanitari e un genocidio come una guerra della luce contro l'oscurità.