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Pena di morte per i palestinesi e libertà di sparare per l’IDF

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Il Parlamento israeliano (Knesset) ha recentemente approvato in prima lettura un pacchetto di tre proposte di legge che mirano a estendere l'applicazione della pena di morte. Il testo delle leggi, come riportato, solleva immediate e forti preoccupazioni in merito alla discriminazione, in quanto la sua applicazione sarebbe prevista "solo ed esclusivamente per gli arabi che uccidono gli ebrei."

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Nonostante la pena di morte sia formalmente prevista dal diritto israeliano fin dal 1962, la sua attuazione è stata eccezionale, con un unico caso di applicazione: la condanna ed esecuzione del criminale nazista Adolf Eichmann. La reintroduzione e la specificazione di una norma con tali criteri etnici e nazionali stanno però innescando un acceso dibattito internazionale e interno.

Il Contesto Politico e Territoriale

Le proposte di legge si inseriscono in un clima di crescente tensione e di una sempre più evidente deriva suprematista all'interno della politica israeliana. Il testo sottolinea come lo spazio di manovra per la popolazione palestinese, che vive in condizioni di segregazione nei territori occupati dal 1967, verrebbe ulteriormente ridotto e "portato all'estremo."

La situazione nei territori palestinesi occupati è da tempo oggetto di condanne internazionali per le restrizioni alla libertà e ai diritti della popolazione araba autoctona. Le attuali misure legislative sono un ulteriore passo verso una politica di pulizia etnica, finalizzata all'espulsione o all'uccisione dei palestinesi in nome dell'affermazione della supremazia ebraica su tutto il territorio.

"Possiamo sparare sui civili liberamente"

A gettare un'ombra ulteriore sulle operazioni militari in corso, sono le anticipazioni di un documentario, riportate dal quotidiano britannico The Guardian, che raccoglie interviste e dichiarazioni dirette di soldati israeliani.

Secondo il resoconto, alcuni militari avrebbero ammesso di aver ricevuto l'autorizzazione a "sparare liberamente sui civili" a Gaza, dichiarando di averlo fatto anche in assenza di un reale pericolo per le forze armate. Le testimonianze metterebbero in discussione la versione ufficiale spesso fornita dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), secondo cui il fuoco viene aperto solo in risposta a una minaccia.

I soldati hanno riferito che la decisione di aprire il fuoco sui civili inermi fosse a discrezione di alcuni ufficiali e che le regole di ingaggio basilari non sarebbero state rispettate. In alcuni dei casi denunciati, i civili uccisi stavano recandosi a ricevere aiuti, mentre si dirigevano verso i centri di distribuzione alimentare della "Gaza Humanitarian Foundation".

La combinazione tra le nuove spinte legislative e le scioccanti dichiarazioni dei militari traccia, secondo l'analisi, un quadro di escalation che alcuni definiscono una "deriva genocidaria," basata sull'idea che il territorio debba essere esclusivamente israeliano e che i palestinesi debbano essere espulsi o eliminati.

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Il podcast daily di Valerio Nicolosi per Fanpage.it: ogni mattina alle 7, una finestra sul mondo per capire cosa davvero sta accadendo. Politica estera, conflitti internazionali, migrazioni, politica interna e tematiche sociali raccontate dal giornalista con chiarezza e approfondimento. Con la voce di esperti e reportage direttamente dal campo - Palestina, Ucraina, Mediterraneo, Africa, Stati Uniti, America Latina e molto altro - SCANNER porta le storie dove accadono, per offrirti ogni giorno un’informazione completa, immediata e dal vivo.

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