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Per trent'anni si è parlato della fine delle ideologie e della scomparsa del conflitto sociale. La realtà, amara, è che la lotta di classe non si è mai sopita; è stata condotta in modo unilaterale, silenzioso ma efficace, da una sola componente: l'élite finanziaria e i super-ricchi. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: hanno vinto a mani basse.
L'erosione progressiva della società è stata un capolavoro di ingegneria socio-economica. L'impoverimento strisciante del ceto medio, la deindustrializzazione di interi distretti e la disoccupazione dilagante sono state affiancate dall'estrema precarizzazione del mondo del lavoro, creando la situazione perfetta: una forza lavoro frammentata e incapace di riconoscersi.
Il Mercato del Lavoro Liquido
Oggi, in Italia, la quota di lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato si attesta intorno al 15% (con picchi più alti se si includono altre forme di precariato). Se guardiamo ai nuovi contratti, la preponderanza del tempo determinato è schiacciante, e l'Italia registra storicamente un tasso di precarietà tra i più alti in Europa, specialmente tra i giovani.
Il vecchio operaio, figura coesa, è stato sostituito dal lavoratore precario del settore servizi, una figura "liquida" priva di una forte identità collettiva. Questa frammentazione ha contribuito in modo determinante all'indebolimento della rappresentanza sindacale, minando le basi della solidarietà.
Quando la crisi del 2007 ha reso questa realtà strutturale, chi osava contestare il modello veniva etichettato con disprezzo come "ideologico", quasi che l'ideologia fosse il male da cui rifuggire. Si accettava passivamente l'ideologia dominante del mercato, camuffata da "neutralità economica".
Miliardi ai Vertici, Tagli per la Base
Oggi, i segnali del trionfo di questa élite sono clamorosi e globali. Non è solo la Banca d'Italia a definire apertamente le manovre come "a vantaggio dei ricchi"; è il mondo intero a mostrare il divario: da una parte, Tesla concede un superbonus da centinaia di miliardi a Elon Musk, e altri grandi imprenditori continuano a guadagnare cifre da capogiro; dall'altra, Amazon pianifica di licenziare decine di migliaia di lavoratori per sostituirli con l'Intelligenza Artificiale.
Questo non è progresso, è una battaglia persa per la dignità del lavoro. Non è un caso che movimenti critici come quello di Mamdani a New York o la rinnovata forza di Mélenchon in Francia stiano riguadagnando terreno: sono la spia di un malcontento che non può più essere ignorato.
Il vero nodo è che il progresso non deve essere osteggiato, ma gestito. La politica ha abdicato al suo ruolo, lasciando fare al mercato, convinta della sua intrinseca infallibilità. Le scelte politiche non sono mai neutre: per diversi anni, le destre hanno cavalcato quest'onda parlando alla pancia del Paese, ma agevolando i ricchi, mentre la socialdemocrazia si era arresa totalmente a quest'ultimi.