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La guerra inevitabile tra Europa e Russia e la sua normalizzazione

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"Deterrenza". È questa la parola magica, il mantra geopolitico che risuona ormai da anni nelle cancellerie occidentali e attraverso il quale il mondo – e l'Europa in particolare – giustifica la sua corsa al riarmo. Ci viene venduta come l'unica garanzia di sicurezza, ma a guardare i fatti, questa deterrenza assomiglia sempre più a un acceleratore di conflitti, un meccanismo perverso che, lungi dallo scongiurare la guerra, ne aumenta i rischi e, soprattutto, moltiplica gli arsenali.

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In questo podcast abbiamo spesso analizzato i numeri di questo riarmo, ma la sensazione è che ogni giorno si alzi il tiro, scivolando pericolosamente verso quella che possiamo definire la "normalizzazione della guerra". Non parliamo solo dei conflitti che ci circondano, dall'Ucraina alla Palestina o al Libano, ma di un cambio di paradigma che mette a rischio milioni di vite.

Il cambio di passo della NATO: dalla difesa all'attacco preventivo?

Il segnale più allarmante di questa escalation retorica e operativa arriva dai vertici militari. L'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della NATO, ha recentemente introdotto un concetto che scardina la tradizionale postura difensiva dell'Alleanza: l'idea che, in specifici contesti, non si debba attendere di difendersi, ma attaccare per primi.

"La deterrenza sta mutando forma: non più solo scudo, ma spada."

Il riferimento è ai cyber-attacchi e alla cosiddetta "guerra ibrida", un fronte invisibile ma letale che nelle ultime settimane ha visto droni sorvolare i cieli europei – dai Paesi Bassi alla Danimarca – e infrastrutture colpite da assalti informatici. In questo scenario, la linea tra pace e guerra si assottiglia fino a scomparire.

La militarizzazione della società: dalle università alla leva

Ma la guerra non si prepara solo nelle caserme, si prepara nelle menti. Stiamo assistendo a un ritorno al passato: l'abbandono del modello dei piccoli eserciti di professionisti – scelta economica di inizio secolo – in favore del ritorno agli eserciti di massa. Si discute nuovamente di leva obbligatoria o di forme di riserva allargata, sintomo di una militarizzazione che permea ormai anche la società civile, con corsi universitari dedicati e una cultura della difesa che entra nelle aule.

Un riarmo globale: Washington, Pechino e i petrodollari

Lo sguardo, tuttavia, deve allargarsi oltre i confini europei. La febbre del riarmo è una pandemia globale:

Stati Uniti: Sembrano voler tornare, nella sostanza se non nella forma, alla logica di un "Dipartimento della Guerra" piuttosto che della Difesa.Cina: Prosegue la sua corsa al nucleare per sedersi al tavolo delle superpotenze con la stessa fiche di Russia e USA.Golfo e Asia: Dalla Corea del Sud, che investe in armamenti più di chiunque altro nella regione, fino ai paesi del Golfo come Qatar, Arabia Saudita ed Emirati, il trend è univoco.I profitti dell'insicurezza: la "Gold Rush" degli armamenti

Se la guerra è un fallimento della politica, per l'industria bellica è un business in piena espansione. I dati appena rilasciati dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) non lasciano spazio a interpretazioni: nel 2024, i ricavi delle prime 100 aziende produttrici di armi al mondo hanno toccato la cifra record di 679 miliardi di dollari, segnando un incremento reale del 5,9% rispetto all'anno precedente.

Non siamo di fronte a una crescita fisiologica, ma a una vera e propria corsa all'oro alimentata da quelli che gli analisti chiamano cinicamente "demand drivers": i conflitti in Ucraina e a Gaza. È l'Europa a guidare questa triste classifica della crescita, con un aumento dei ricavi del 13% per le sue aziende, spinte dall'urgenza di riempire arsenali svuotati dagli aiuti a Kiev e dalla paura di una Russia che, nonostante le sanzioni, ha visto le sue industrie belliche incrementare il fatturato del 23%.

Mentre il mondo si interroga sulla sostenibilità etica di questi profitti, il rapporto evidenzia una spaccatura: da un lato il boom occidentale e russo, dall'altro il crollo a sorpresa della Cina (-10%), frenata non dal pacifismo, ma da scandali di corruzione interni che hanno paralizzato le commesse. In sintesi, il rapporto SIPRI ci consegna una fotografia nitida: la "deterrenza" sta drenando risorse pubbliche verso bilanci privati a una velocità che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda, trasformando l'instabilità globale in dividendi per gli azionisti.

Oggi, con Scanner, partiamo da qui. Per analizzare come si sta alzando non solo il livello dello scontro, ma il livello di pericolo per tutti noi, in un mondo dove la guerra ha smesso di essere un'eccezione per diventare la nuova, inquietante, normalità.

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Il podcast daily di Valerio Nicolosi per Fanpage.it: ogni mattina alle 7, una finestra sul mondo per capire cosa davvero sta accadendo. Politica estera, conflitti internazionali, migrazioni, politica interna e tematiche sociali raccontate dal giornalista con chiarezza e approfondimento. Con la voce di esperti e reportage direttamente dal campo - Palestina, Ucraina, Mediterraneo, Africa, Stati Uniti, America Latina e molto altro - SCANNER porta le storie dove accadono, per offrirti ogni giorno un’informazione completa, immediata e dal vivo.

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