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Che cos'è, oggi, una democrazia? È questa la domanda che ogni giorno il mondo si pone, osservando non solo i propri contesti nazionali, ma anche le realtà complesse e spesso contraddittorie che definiamo "avamposti democratici". La definizione classica ci parla di un regime che garantisce la rappresentanza del Popolo attraverso libere elezioni. Ma è sufficiente? O una vera democrazia non deve forse andare oltre, garantendo diritti inalienabili a tutte le persone presenti sul proprio territorio, anche a chi non possiede la cittadinanza?
Il caso di Israele, spesso etichettato come "l'unica democrazia in Medio Oriente", mette a dura prova questa distinzione, costringendoci a confrontarci con una profonda crisi di coscienza.
Oltre le Urne: L'Ombra dell'Autoritarismo
Se guardiamo agli eventi recenti, il quadro è inquietante. L'occupazione decennale di Cisgiordania e Striscia di Gaza e il dramma del "genocidio" in corso fanno da sfondo a un'allarmante involuzione interna.
La diffusione di un video sulle torture subite dai prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane ha scosso, seppur brevemente, la politica nazionale. L'epilogo è paradossale: non i torturatori, ma l'avvocata dell'esercito che ha diffuso il filmato per denunciarne l'orrore è stata arrestata, con l'accusa di aver reso pubbliche quelle prove. Un atto che suggerisce che la priorità non sia la giustizia, ma la soppressione della verità.
Nel frattempo, figure di spicco come il Ministro per la Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, e il Primo Ministro, Benjamin Netanyahu, rilanciano l'idea della pena di morte per i "terroristi". Un concetto che, nel contesto israeliano, è notoriamente elastico e può inglobare l'opposizione all'occupazione, l'attivismo e persino atti di protesta di minorenni.
A questo si aggiunge l'arresto del capo del maggiore sindacato israeliano con accuse di corruzione e frode – reati che, peraltro, hanno più volte lambito la carriera di Netanyahu stesso, con processi che, guarda caso, vengono costantemente rinviati. La concomitanza di questi eventi – la repressione del dissenso, le accuse di corruzione e l'uso dello stato di diritto come arma politica – dipingono un'immagine di involuzione autocratica.
La Pace si Fa con i Nemici
Un'altra preoccupazione fondamentale risiede nell'attuale approccio alla politica estera e alla ricerca di pace. L'attuale Ministro Ben-Gvir è un colono, un tempo critico nei confronti di Yitzhak Rabin, il laburista che, pur non nutrendo simpatia per Yasser Arafat, ebbe la lungimiranza di firmare gli Accordi di Oslo, disattesi dai suoi successori dopo che un altro colono lo uccise perché lo riteneva responsabile del tradimento di Israele per aver firmato quegli accordi, che ricordo è sbilanciati a favore di Israele. Proprio 2 giorni fa ricorreva il trentesimo anniversario dell’uccisione di Rabin e c’è stata una manifestazione per ricordarlo.
Quegli accordi sono un monito fondamentale, che oggi sembra dimenticato: la pace si fa con chi è distante da noi, con i nostri nemici, con i nostri avversari. Altrimenti, non è una negoziazione, ma un semplice colloquio tra amici.
Oggi, la politica internazionale è polarizzata, schierata in blocchi contrapposti. Si preferiscono accordi per procura e mediatori che non sempre includono le parti in causa, riducendo le trattative a mere formalità.
Un Avamposto Coloniale e il Genocidio del Diritto
Israele sta restringendo la possibilità di manifestare, allontanando deputati dal Parlamento per aver osato parlare di un "genocidio in corso a Gaza", manganellando e arrestando chi in piazza chiede semplicemente la pace. Quando un Paese reprime il capo del sindacato, chiede la pena di morte per un'ampia categoria di oppositori e arresta chi denuncia la tortura, la sua pretesa di essere un faro democratico crolla.
Possiamo davvero considerare un paese con una tale restrizione delle libertà civili e con una politica di occupazione territoriale come il nostro punto di riferimento in quella regione?
L'Occidente ha a lungo considerato il mondo arabo come il suo "nemico globale" dopo l'attentato alle Torri Gemelle nel 2001. Israele è stato per l’occidente il suo avamposto coloniale in quel pezzo di mondo. Per chi conosceva la realtà palestinese non era così, eppure c’era da scontrarsi ogni giorno contro questa idea.
 Ma per i sostenitori di Israele accettare l'involuzione democratica israeliana significa abdicare ai principi che diciamo di difendere. La vera democrazia non è un titolo onorifico dato al momento della fondazione; è un impegno costante a garantire i diritti, la giustizia e lo stato di diritto per tutti. Israele, oggi, sta clamorosamente fallendo in questo esame.