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La Fase 2 della cosiddetta "Pace trumpiana" per Gaza stenta a decollare. Anzi, per essere più precisi, le trattative che si sono tenute nelle scorse ore a Doha sono fallite.
Israele continua a dire no a una serie di condizioni fondamentali e l'accordo non si trova, soprattutto su un punto cruciale: la presenza di truppe internazionali. C’è un veto immenso, e senza possibilità di appello da parte di Israele, sulla presenza turca, uno dei pochi Paesi che si è offerto di impiegare le proprie truppe nella Striscia. E senza una forza esterna che prenda il controllo della sicurezza spingendo Hamas a fare un passo indietro, questa famosa Fase 2 non partirà mai.
Ma è chiaro che tutto questo non sia solo il frutto di uno schema politico complicato o di un incidente di percorso nel quale la pace è rimasta impigliata. C’è piuttosto una volontà ben precisa: quella di non farla partire affatto, questa seconda fase. Mantenere la situazione in stallo serve a garantire una "fase transitoria" indefinita, dove Israele può continuare a violare costantemente il cessate il fuoco e, soprattutto, a non rispettare gli accordi sugli aiuti umanitari.
Tra questi aiuti bloccati ci sono le tende, e il tempismo è drammatico. Proprio ieri, le tende di fortuna messe insieme dai palestinesi sfollati sono state spazzate via da una tempesta che si è abbattuta sulla Striscia. Le immagini che arrivano da Gaza mostrano un vento terribile e una pioggia incessante che ha strappato i teli e allagato le strade, creando una massa di fango che ha investito tutto.
C'è chi pensa che il genocidio sia finito il 21 ottobre, o chi crede alla narrazione della "pace di Trump" celebrata con la grande photo opportunity di Sharm el-Sheikh. Ma chi crede che sia stata fatta la pace è un illuso. A Gaza, a parte il fatto positivo che non cadono più le bombe di prima, non è cambiato nulla.
Non possiamo ignorare due fatti: il primo è che Israele continua a violare costantemente il cessate il fuoco, lo ha fatto centinaia di volte dal 21 ottobre e continuerà a farlo, esattamente come avviene in Libano.
Secondo: la cosiddetta Yellow Line. Questa linea gialla doveva essere il punto da cui Israele, piano piano, si sarebbe dovuta ritirare durante le fasi successive. Invece, l'esercito israeliano ha dichiarato che quello è il nuovo confine. È diventata un’occupazione permanente di oltre la metà della Striscia di Gaza.
Tutto il resto del territorio è stato trasformato in quella che possiamo definire una "riserva indiana": uno spazio piccolo dove confinare la popolazione indigena e lasciarla morire di fame, di freddo e in questo caso anche di pioggia. Il genocidio non è mai finito, sta andando avanti. E non riguarda solo Gaza, ma anche la Cisgiordania.
Oggi Scanner parte da qui, con il genocidio palestinese come state mentale.