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GAZA BRUCIA
Ieri mattina mentre registravo e chiudevo la puntata ho provato a raccontare in diretta come le porte dell’inferno si fossero aperte su Gaza, e utilizzo questa espressione perché è questo che Israele sta facendo e sta dichiarando. I ministri hanno detto anche che non torneranno mai più indietro nell’occupazione di Gaza e così, quella che all’epoca i molti quotidiani relegarono a una provocazione oggi diventa realtà: le villette sul lungomare di Gaza per i coloni. Ma intanto siamo andati avanti e non ci sono più le brutte villette a schiera cubiche, c’è il sogno della riviera di Gaza voluta da Trump e Netanyahu.
Questo attacco non è solo l'ennesimo atto di forza, ma l'epilogo di una storia dilaniante per il popolo palestinese e il movimento che lo sostiene, fatta di accordi siglati e poi disattesi, di negoziati sabotati e di una volontà politica che ha preferito far parlare le armi e relegare la diplomazia in un angolo.
COME SIAMO ARRIVTI QUI
Per capire dove siamo oggi, come siamo arrivati qui, dobbiamo guardare indietro e andare al 21 gennaio 2025, il giorno in cui Trump si insediava e tra Hamas e Israele veniva siglata la firma di un accordo in tre fasi. Chi seguiva la Palestina da tempo sapeva che era l’ennesima farsa, un riposizionamento sul fronte Nord dove l’IDF era impegnato contro il Libano.
Non sono mai andati oltre la fase 2, Israele ha rotto la tregua e l’illusione che ci potesse essere un percorso di pace.
Mentre vi parlo arrivano aggiornamenti dall’inferno, ovvero da Gaza city, dove missili e carri armati stanno spazzando via tutto per dare vita all’ennesima occupazione illegale di un territorio palestinese. Tutto ruota attorno al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e alle motivazioni dietro le sue scelte. Ex militare e politico di lungo corso, in questi due hanno ha fatto dichiarazioni ambigue, mosse calcolate e di un incessante “tira e molla” nelle trattative che ha costantemente minato ogni sforzo di pacificazione.
Netanyahu ha sempre manifestato una forte avversione per qualsiasi accordo che non garantisse il pieno controllo di Israele su Gaza. Le trattative sono state utilizzate come uno strumento per prendere tempo, per consolidare la propria posizione e per creare le condizioni necessarie per un'occupazione totale della Striscia. Ogni volta che un accordo sembrava imminente, un pretesto, una mossa unilaterale, un attacco mirato, sembrava spuntare dal nulla per far saltare tutto.
SABOTAGGIO CALCOLATO
Un sabotaggio calcolato, così potremmo definire la strategia di Netanyahu che ha portato a un'escalation continua, con cicli di violenza che si sono susseguiti senza sosta. E ora, siamo di fronte al risultato finale di questa politica: un'operazione di terra che ha trasformato Gaza in un inferno e che rischia di destabilizzare ulteriormente un'intera regione già in seria difficoltà.