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Difficilmente si potranno replicare le manifestazioni e la partecipazione che abbiamo visto tra settembre e inizio ottobre, fino idealmente alla firma di Sharm el-Sheik, quando milioni di persone a Roma e centinaia di migliaia nelle varie città italiane riempivano le piazze per la Palestina. Per un certo periodo, su questa causa è calato un silenzio che pareva difficile da rompere.
Eppure, quel silenzio è stato fragorosamente interrotto. Lo ha fatto sabato scorso la manifestazione di Roma, dove si contavano oltre 15.000 persone, affiancata da altre mobilitazioni in tutta Italia. L'attenzione era già stata riaccesa il giorno precedente a Genova, con una manifestazione per lo sciopero generale indetto dai sindacati di base che ha visto i portuali in piazza.
Si prova a parlare ancora di Palestina e lo si fa mentre il genocidio a Gaza prosegue attraverso diverse, drammatiche forme. Innanzitutto, persiste il grande tema degli aiuti umanitari che non entrano. A questo si aggiunge la questione abitativa: le tende sono bloccate fuori e non c'è un piano che qui avremmo chiamato di protezione civile. Non si è avuto nulla di quanto si mobilita dopo un terremoto o una catastrofe naturale. I sopravvissuti, dopo mesi di operazioni militari che hanno ucciso decine di migliaia di persone, sono costretti a vivere ancora dentro tende fatte di legno e pezzi di plastica arrangiate alla meno peggio.
Con l'inverno che è arrivato, la situazione è destinata a peggiorare drasticamente: le tende sono soprattutto lungo il mare o a poche centinaia di metri dalla costa. Questo anche perché, lo si ricorda, oltre la metà della Striscia di Gaza è sotto occupazione israeliana e le persone sono spinte proprio verso la parte costiera. Pioggia, vento e maltempo creano un problema insormontabile.
Nel frattempo, nella Cisgiordania occupata, proseguono senza sosta i rastrellamenti e i raid militari. Proprio di ieri è la notizia che il ministro per la sicurezza nazionale Ben Gvir ha promosso al grado di vice sovraintendente della comandante della Polizia di Frontiera in Cisgiordania, ovvero il responsabile dell'unità che – come abbiamo raccontato venerdì scorso – ha ucciso due palestinesi a sangue freddo durante un'operazione a Jenin. Si tratta di quel video, di cui si è parlato lungamente, che mostrava due uomini usciti da un garage rotto da una ruspa, che si sono arresi con le mani alzate, sono stati fatti sdraiare e poi uccisi a sangue freddo. È questo il clima: persone che commettono crimini vengono promosse.
Nelle ore scorse è giunta anche la notizia di quattro attivisti internazionali, tra cui degli italiani, che sono stati aggrediti dai coloni. È fondamentale ribadire che i coloni non sono un gruppo estremista che agisce in maniera isolata, ma sono l'avamposto e l'avanguardia del progetto coloniale israeliano. Agiscono in violenza costante nei confronti dei palestinesi, in piena sintonia con l'IDF, l'esercito e la polizia israeliana. Infine, è arrivata la notizia dell'arresto del papà di Basil Adra, regista di No Other Land, in una delle tantissime operazioni dell'IDF nella zona della Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania. Il papà di Basil Adra è stato arrestato ieri nel pomeriggio e a lui va tutta la nostra solidarietà.
L'ultimo weekend ha riportato l'attenzione sulla Palestina. Dalle manifestazioni di Roma e Genova, al genocidio a Gaza, fino all'impunità in Cisgiordania, è imperativo che l'attenzione resti alta.