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Presepe e tradizione cristiana: sul Natale scoppia la battaglia culturale

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Ma siete riusciti a festeggiare il Natale oggi? Nessuno ve lo ha impedito? Nessuno ve lo ha rubato o censurato? Potrebbe sembrare una domanda strana, lo capisco, ma in realtà non lo è, se pensiamo a tutte le cose che abbiamo dovuto sentire in questi anni a ridosso del 25 dicembre, da parte di una precisa parte politica che usa questa festa per alimentare una retorica tutta sua. Una retorica che vuole creare una distinzione tra noi e loro, tra un Occidente che non esiste e un mondo esterno che lo mette a repentaglio, attaccando tradizioni e valori storici. E il Natale, la festa cristiana per eccellenza, diventa il momento migliore per portare avanti questa operazione di contrapposizione, che serve solo ad aumentare consensi, giocando sulle paure più irrazionali delle persone, sulle divisioni che in realtà non portano a nulla di buono.

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La battaglia sul Natale e le polemiche a Bruxelles

Quella sul Natale cristiano, sul presepe piuttosto che su altre tradizioni, è una battaglia che non ha nulla a che vedere con la dimensione religiosa. È tutta una questione politica, è l’ennesima trovata della destra per creare divisioni, per alimentare una paura infondata nella speranza che questa poi generi consenso.

Matteo Salvini, per citarne uno su tutti, è andato a fare polemica a Bruxelles per il presepe che è stato installato nella Grande Place, dal nome “Stoffe della natività”: le varie figure non hanno dei lineamenti definiti, precisi, e questa è stata una scelta dell’artista tedesca che lo ha realizzato (che tra l’altro è cattolica) in modo che tutti e tutte possano identificarsi più facilmente. Ma a Salvini non andava bene: ha fatto un video in cui lo si vede piazzato davanti al presepe,  dice di essere a Bruxelles nel cuore delle istituzioni europee e di essersi trovato davanti a questo presepe senza volti, “il Natale fantasma".

In modo canzonatorio poi il vicepremier dice che sarebbe stato fatto per rispetto delle altre culture, per un Natale inclusivo, ma che se fosse davvero così sarebbe tutto di una immensa tristezza.

Lo "scandalo" del presepe senza volti

Non è l’unico. Anche altre due esponenti della Lega, due europarlamentari, nei giorni scorsi sono andate a vedere questo “controverso” presepe di Bruxelles e si sono indignate. Una è Susanna Ceccardi, che ha mostrato come a Gesù, Giuseppe e Maria avrebbero “cancellato” il volto e si chiede se sia questo il rispetto delle altre culture, la cancellazione dei volti di Gesù, Giuseppe e Maria. E poi ha aggiunto che nella Sharia i volti non si possono rappresentare, ma che quella è un’altra cultura, non quella cristiana, che dovrebbe rappresentare noi italiani.

Poi la massima: per rispettare gli altri dobbiamo innanzitutto rispettare noi stessi. E se invece smettiamo di rispettare i nostri simboli, “smettiamo di difendere ciò che siamo, le nostre tradizioni e le nostre radici”.

Sulla stessa linea anche Silvia Sardone, che parla di scandalo a Bruxelles con questo presepe senza volti, uno “spettacolo indecoroso”. Anche lei ha citato la Sharia, che non prevede la raffigurazione di volti umani, così come il colore delle stoffe usate per costruire i volti delle figure nel presepe. E poi ha concluso parlando di come sia stata anche portata via la testa di Gesù Bambino e definendo il tutto “uno sfregio alla cristianità in una città sempre più islamizzata”.

La retorica divisiva e il complotto che non esiste

Questo è un racconto che alimenta solo una retorica divisiva, che crea nemici immaginari. E che non ha nulla a che vedere con la realtà delle cose. Lo ha spiegato la stessa artista il motivo per cui non ha rappresentato per filo e per segno i volti, e non c’entra nulla la Sharia o il woke: semplicemente voleva dare a chiunque la possibilità di identificarsi in quelle figure, che non hanno un volto perché potenzialmente potrebbe essere il volto di chiunque. L’artista, che si chiama Victoria Maria Geyer, ha detto di aver omesso delle caratteristiche riconoscibili proprio affinché “ogni cattolico, a prescindere dal suo background o dalle sue origini, possa identificarsi” nella Natività. Un messaggio condiviso anche dalla Chiesa locale, che ha approvato l’installazione.

Ma non da tutti, evidentemente. E Bruxelles non è l’unico esempio. A Genova c’è stata una gigantesca polemica sugli eventi organizzati dal Comune quest’anno, tanto che la sindaca Silvia Salis è dovuta intervenire per smontare le polemiche una a una, rassicurare tutti sul fatto che non è in corso alcuna deriva anti-natalizia e che invece ci sarà spazio per tante tradizioni. Un’accusa del centrodestra era ad esempio il fatto che non fosse più previsto il presepe a Palazzo Tursi, per cui l’amministrazione comunale veniva accusata addirittura di voler allontanare Gesù. Salis ha risposto spiegando che il Palazzo ospiterà il villaggio di Babbo Natale nel tentativo di aprire gli spazi della politica ai più piccoli e che questo non comporta alcun sovvertimento delle tradizioni, visto che il presepe al Comune era stato fatto solo negli ultimi due anni, ma prima non era mai esistito. L’amministrazione organizza un presepe, ma in un altro palazzo: insomma, le polemiche sono pretestuose.

Non c’è alcun complotto contro il Natale, alcun tentativo di affossare delle tradizioni o di cancellare una cultura. C’è però una strumentalizzazione di questa festa: si prova a dipingerla in chiave identitaria, per poi metterla in pericolo e creare un sentimento di rivalsa. Che però si schianta contro una finzione. Serve solo a generare consenso, non c’è alcun boicottaggio e di conseguenza anche la contrapposizione, tra chi si identifica con il Natale e chi lo vuole eliminare, è immaginaria.

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