PODCAST

Perché il messaggio di Greta Thunberg su Gaza e la Flotilla è potentissimo (e fa paura pure a Trump)

Immagine
Audio wave

Segui Nel caso te lo fossi perso.
Ascolta la notizia più importante del giorno.

Immagine

La Global Sumud Flotilla è riuscita a mobilitare le persone, a far scendere in piazza anche chi non aveva mai manifestato in vita sua. Ha fatto alzare la voce sulla causa palestinese. In questi giorni tutta l’attenzione è concentrata sugli equipaggi, che sono stati abbordati e poi detenuti in Israele. Ieri sera altre 171 persone sono state liberate e sono atterrate in diversi Paesi. Tra loro anche Greta Thunberg che però, appena atterrata in aereoporto ad Atene, non ha voluto parlare di come è stata trattata (anzi, maltrattata) nel centro di detenzione, ma ha riportato il focus su Gaza. Perché mentre tutti, comprensibilmente, ci mobilitiamo per riportare a casa ogni singolo membro della Global Sumud Flotilla, Gaza City viene stretta nella morsa dell’esercito israeliano. La città è ormai accerchiata, quasi un milione di persone sta cercando riparo a Sud. Ma, l’abbiamo detto tanto volte, nessun luogo è più sicuro nella Striscia. Dove, da due anni, continuiamo ad assistere a un genocidio in diretta.

Ti è piaciuto questo episodio di NEL CASO TE LO FOSSI PERSO?

Insieme a Greta Thunberg sono atterrati ad Atene decine di attivisti della Global Sumud Flotilla che nei giorni scorsi erano detenuti in Israele dopo essere stati abbordati dalle IDF. Tra loro anche gli ultimi 15 Italia, tra cui Tony Lapiccirella, per cui c’era grande apprensione: era già stato arrestato quest’estate mentre cercava di rompere l’assedio israeliano di Gaza e si temeva quindi che ci potessero essere conseguenze più pesanti. Del resto Ben Gvir, il ministro della sicurezza nazionale, esponente dell’estrema destra israeliana, aveva messo in chiaro fin da subito di voler considerare tutti gli attivisti, i medici, i giornalisti a bordo della Flotilla come dei veri e propri terroristi.

Cosa ha detto Greta Thunberg appena liberata

Ma torniamo a Greta Thunberg e alle sue parole di ieri sera. Perché ha lanciato un messaggio molto potente. Ha messo in chiaro di non essere lei la notizia, nonostante nelle ultime ore i giornali ci abbiano raccontato dei maltrattamenti che ha subito nel centro di detenzione. Israele chiaramente ha sempre negato, anche poco dopo aver sequestrato gli attivisti – perché ricordiamolo, di questo si tratta, un sequestro illegale in acque internazionali – diversi account istituzionali israeliani hanno condiviso video e foto per far credere che stessero tutti bene, tutti trattati con i guanti. Ma mano a mano che alcune persone rientravano, raccontavano tutte una storia diversa: in particolare, il giornalista turco Ersin Celik, anche lui membro della Flotilla, aveva raccontanto come Greta Thunberg fosse stata maltrattata e umiliata, avvolta in una bandiera israeliana e costretta a baciarla.

Arrivata in aeroporto ad Atene, però, lei ha messo in chiaro che potrebbe parlare per ore di quanto accaduto, ma che non è questa la storia da raccontare. Il punto deve rimanere Gaza, il genocidio che si sta verificando in diretta.

"Molti attivisti sono ancora prigionieri e devono essere rilasciati subito. Vorrei però sottolineare che non siamo noi la storia, milioni di palestinesi vivono ogni giorno in uno stato di occupazione illegale e vengono sistematicamente affamati e bombardati. Il mondo sa bene che tutto questo non è iniziato il 7 ottobre e che Israele commette crimini impunemente da anni. Questa è la storia sulla quale dobbiamo concentrarci"

La denuncia ai governi

Ogni giorno ci basta aprire i social media per avere testimonianze di prima mano, per vedere con i nostri occhi la distruzione nella Striscia di Gaza, i bombardamenti, le persone che muoiono di fame. Nessuno di noi può dire che non sapeva. Dall’aeroporto Greta Thunberg ha detto che è una vergogna in realtà che questa missione, quella della Global Sumud Flotilla, debba esistere. Perché sarebbe compito degli Stati portare gli aiuti umanitari, il cibo e i medicinali. La Flotilla è stata il più grande tentativo di sempre, ha detto, di “spezzare l’assedio illegale e disumano di Israele via mare”; è stata “una storia di solidarietà internazionale globale, di persone che si fanno avanti quando i nostri governi non lo fanno”.

Chiaramente anche i governi e le istituzioni  assistono nitidamente a tutto quello che sta accadendo, ai bombardamenti sui civili, alla fame indotta. Il punto è che avrebbero l’obbligo di intervenire. Avrebbero l’obbligo, secondo il diritto internazionale, di agire per prevenire e fermare il genocidio. Ma questo non sta accadendo. E non solo non sta accadendo, c’è anche una grossa fetta di potentissimi leader mondiali che attacca chi invece assolve a questo compito, come appunto hanno cercato di fare gli equipaggi della Flotilla.

L'attacco di Trump e la risposta dell'attivista

Nei giorni scorsi abbiamo parlato a lungo di come anche Giorgia Meloni abbia attaccato la missione, definendo chi era a bordo un irresponsabile e dicendo che il vero scopo fosse mettere in difficoltà il suo governo. Ma al di là di queste dichiarazioni discutibili – di chi dovrebbe mettere da parte le manie di persecuzione e provare invece a comprendere meglio, invece, la marea di solidarietà e mobilitazione che ha alzato la Flotilla – ieri sera anche Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, è intervenuto per attaccare direttamente Greta Thunberg e il discorso che ha fatto in aeroporto.

Non è la prima volta che Trump attacca Thunberg. Questa volta ha detto che è “una piantagrane pazza” con “un problema di gestione della rabbia” e che “dovrebbe farsi vedere da un medico”.

L’attivista non ha perso tempo e subito gli ha risposto per le rime con un post sui social in  cui ha scritto: “Ho sentito che ancora una volta Donald Trump ha espresso le sue lusinghiere opinioni sul mio carattere, apprezzo la sua preoccupazione per la mia salute mentale. A Trump dico: sarei lieta di ricevere qualsiasi consiglio lei possa dare per affrontare questi cosiddetti ‘problemi di gestione della rabbia' dal momento che – a giudicare dal suo impressionante curriculum – anche lei sembra soffrirne".

Una risposta giusta

Ecco, questa è una risposta giusta di fronte a tutta la delegittimazione a cui abbiamo assistito in questi giorni nei confronti della Flotilla e delle piazze, di fronte ai doppi standard con cui perennemente il potere occidentale approccia il conflitto in Medio Oriente, l’ipocrisia di cui i governi si riempiono la bocca, continuando ad avallare qualsiasi azione di quello israeliano, che siano appunto i sequestri in acque internazionali di privati cittadini, il massacro dei civili nella Striscia di Gaza o il regime di apartheid in Cisgiordania.

In tutto questo oggi è il 7 ottobre. Sono passati due anni dal terribile attacco di Hamas, da quell’atto di terrore che però, lo ricordava anche il collega Valerio Nicolosi nella puntata di Scanner di questa mattina, non è stato l’inizio di nulla: è stato l’esplosione di anni di assedio, di violenta occupazione e negazione delle libertà fondamentali.

Da quel 7 ottobre, che tutti abbiamo e continuiamo a condannare, sono passati due anni. In questi due anni sono morte almeno 67 mila persone: non sappiamo quante ce ne siano sotto le macerie, non sappiamo quanti morti mai riconosciuti, ci siano. Sappiamo però che i palestinesi di Gaza continuano a morire. Uomini, donne, bambini, tantissimi bambini. Muoiono sotto le bombe, muoiono per la fame, per le malattia. Muoiono stremate, vengono continuamente sfollate.

Tutti gli occhi su Gaza City

Dobbiamo tenere gli occhi fissi su Gaza City, accerchiata dalle IDF. In città sarebbero rimaste circa 100 mila persone: il governo israeliano ha detto a tutti di andarsene a sud e che chiunque resterà verrà considerato un terrorista di Hamas o un sostenitore del terrore. Una minaccia di morte chiara, insomma. Ma lo sappiamo, anche nelle zone umanitarie, quelle considerate sicure, si muore.

In queste ore in Egitto sono in corso dei colloqui mediati dagli Stati Uniti, per quel piano proposto da Trump, che gli USA e diversi governi occidentali chiamano piano di pace, ma che in alcun modo tiene conto del popolo palestinese. Hamas sta rispondendo alle richieste, ponendo a sua volta delle condizioni per il cessate il fuoco, tra cui il ritiro delle forze israeliane, l’ingresso illimitato degli aiuti umanitari, il ritorno degli sfollati alle proprie case, scambi di prigionieri e l’avvio di un piano di ricostruzione. Trump spinge tutti a fare in fretta, probabilmente per potersi intestare un altro cessate il fuoco in vista di venerdì prossimo, quando verrà assegnato il premio Nobel per la pace che il presidente statunitense vuol disperatamente. E nel frattempo, una nuova Flotilla è partita alla volta di Gaza.

Se questo contenuto ti è piaciuto, clicca su "segui" per non perderti i prossimi episodi.
Se vuoi accedere ad altri contenuti esclusivi e sostenere il nostro lavoro, abbonati a Fanpage.it!

Immagine

Segui Nel caso te lo fossi perso.
Ascolta la notizia più importante del giorno.

api url views
Immagine

Segui Nel caso te lo fossi perso.
Ascolta la notizia più importante del giorno.