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Sono ore molto complicate. E viene da chiedersi se forse Giorgia Meloni non sia stata un po’ troppo ottimista (e po’ troppo poco lungimirante) nel puntare così tanto del suo progetto politico sulle relazioni con gli Stati Uniti di Donald Trump. Meloni si è proposta come ponte tra l’Europa e la Casa Bianca, ha scommesso sulle sue capacità di riuscire a dialogare con Trump, essere colei che sussurrava nell’orecchio del presidente e scongiurava incidenti frontali con Bruxelles. Però forse le due sponde dell’Atlantico erano destinate ad allontanarsi sempre di più, forse l’idea di Meloni era impossibile fin dall’inizio.
Perché come si possono tenere insieme entrambe le cose, le buone relazioni con l’America trumpiana e il sostegno incondizionato a Zelensky, quando queste sono incompatibili.
La posizione dell'Europa
Ieri Emmanuel Macron, il presidente francese, lo ha detto esplicitamente. Il problema principale dei negoziati per la pace in Ucraina in questo momento è la convergenza con gli Stati Uniti. Macron era a Londra, insieme al cancelliere tedesco Friedrich Merz, al premier britannico Keir Starmer e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Dopo i rinnovati attacchi di Trump, dopo i bombardamenti russi sempre più intensi e dei colloqui di pace che puntano a metterlo sempre più con le spalle al muro, Zelensky è volato a Londra da Starmer, accompagnato personalmente da Macron e Merz, per assicurarsi di non essere abbandonato. Di non trovarsi con un accordo fatto sopra la sua testa che tenga conto solamente di quello che vogliono i russi – cioè il Donbass, non solo quella parte che hanno occupato con la forza, ma anche quel 30% che non sono riusciti a prendersi – e che, dall’altra parte, lasci anche l’Ucraina scoperta di quelle garanzie di sicurezza necessarie per accertarsi che Mosca non torni ad attaccare in futuro.
Quello di Londra è stato un vertice presieduto dai Paesi Volenterosi, a cui Giorgia Meloni ha partecipato solo in una parte, in videocollegamento. Un tentativo di non rimanere isolata, pur continuando a sottolineare tutti i punti in cui la pensa diversamente. Non solo sui soldati occidentali mandati in Ucraina a mantenere la pace – un’iniziativa dei Volenterosi, che non vede d’accordo la presidente del Consiglio – ma anche sulle relazioni con gli Stati Uniti. Se per gli europei Trump è sempre più problematico, perché sempre più schiacciato sulle posizioni del Cremlino e sempre meno predisposto a investire nella Nato e nell’architettura di difesa in Europa, per Meloni invece rimane il protagonista dell’accordo.
Da che parte sta Giorgia Meloni
Per Meloni è “importante l’unità di vedute tra partner europei e Stati Uniti per il raggiungimento di una pace giusta e duratura in Ucraina”. Lo ripete come fosse un mantra: bisogna mantenere il legame con Trump, perché è il legame con gli Stati Uniti, nonostante tutto. Nonostante un piano di pace che in realtà prepara il terreno alla resa di Kiev, nonostante la proposta della Casa Bianca sia uno schiaffo al diritto internazionale, nonostante Trump non stia trattando l’Europa da alleato.
Questo è il suo piano, la sua ambizione. La realtà delle cose però sembra radicalmente diversa. Perché tutto ciò non appare compatibile con il sostegno a Zelensky, a un Paese aggredito. Non si può tenere tutto insieme, bisogna scegliere da che parte stare. Tra l’altro, Trump ha già scelto da un pezzo. Nelle ultime ore ha raddoppiato i suoi attacchi contro l’Unione europea, dicendo che sta andando in una pessima direzione – il contesto era quello delle misure di Bruxelles contro X, del suo amico (o ex amico) Elon Musk – per poi pubblicare anche sui suoi canali social un pezzo del New York Post intitolato “Gli europei impotenti non possono che infuriarsi perché Trump li esclude giustamente dalla questione dell'Ucraina”. Un articolo, scritto da Dominic Green, che chiama gli europei dei bambini, disposti a rischiare una guerra ai termini di Putin, piuttosto che una pace a quelli di Trump. Li accusa di aver avuto un ruolo in questa guerra, scoppiata anche a causa della loro vanità, li accusa di fare ostruzionismo al piano di Trump, aiutando così Putin.
Trump attacca Zelensky e Bruxelles
Ecco, questo è il genere di articoli che legge e condivide Trump. Che tipo di convergenza ci può essere con gli europei? Londra, Parigi e Berlino sembrano averlo capito, ed è per questo forse che hanno smesso di coinvolgere Roma a 360 gradi. E questa chiaramente, al di là dei posizionamenti politici, non è una buona notizia. Perché l’Europa, già di per sé marginale in queste trattativa negoziale, appare divisa e, di conseguenza, ancora più debole.
Zelensky le sa queste cose e forse proprio per questo dopo la tappa a Londra ha scelto di venire a Roma. Oggi ha incontrato prima il Papa – che ha invitato in Ucraina – e poi Giorgia Meloni. Prima di questo incontro, oltre a dire che l’unità di vedute con Washington fosse importante, la presidente del Consiglio aveva anche aggiunto che fosse “fondamentale aumentare il livello di convergenza su temi che toccano gli interessi vitali dell’Ucraina e dei suoi partner europei, come la definizione di solide garanzie di sicurezza e l’individuazione di misure condivise a sostegno di Kiev e della ricostruzione”.
Le faide interne
E qui arriviamo ad un altro problema per Meloni. Un problema interno. Perché quando parliamo di sostegno di Kiev e di ricostruzione dobbiamo affrontare almeno due temi su cui la maggioranza di governo italiana non è troppo coesa. C’è la questione dell’invio di armi a Kiev, su cui la Lega frena da settimane. E c’è l’ipotesi di usare gli asset russi, congelati dalle sanzioni, per sostenere e ricostruire l’Ucraina. Su questo l’Italia è molto più fredda rispetto ad alcuni alleati europei e, anche su questo, a frenare più di tutti è la Lega.
Il partito di Matteo Salvini è sempre più allineato ad alcune posizioni filorusse, nascondendosi dietro l’argomentazione per cui non sarebbe il momento di pestare i piedi a Putin, perché altrimenti si rischia di far saltare i negoziati. Ma quei negoziati rischiano di saltare per ben altri motivi.
Sui problemi interni Meloni sta prendendo tempo, ritardando quanto più possibile lo scontro – o chissà, il chiarimento – con la Lega. Su quelli internazionali però non c’è molto tempo. Cercando di tenere il piede in due scarpe Meloni rischia di rimanere isolata: non può restare al fianco di Zelensky e allo stesso tempo nei favori di Trump. Che oggi tra l’altro, in un’intervista con Politico, ha accusato Zelensky di usare la guerra per non fare le elezioni, ha detto che a questo punto l’Ucraina non è più una democrazia e che Zelensky deve darsi una mossa ad accettare come stanno le cose, perché sta perdendo.
Insomma, la posizione della Casa Bianca è sempre più chiara. Gli europei – Macron, Merz, Starmer – lo hanno capito. E Meloni?
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