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È da un po’ che si parla di italianizzazione della Francia. Si racconta, cioè, di come il Paese sia sempre più instabile a livello politico e sempre più in difficoltà a livello economico. In altre parole, di come sia sempre più simile a noi. In tre anni sono cambiati cinque primi ministri, nessuno schieramento riesce ad avere una maggioranza solida, i conti pubblici vanno male e si prevede una legge di bilancio complicatissima, con tagli alla spesa e malcontenti vari. Un classico italiano, insomma.
Sebastien Lecornu è stato nominato 27 giorni fa, domenica sera ha presentato la squadra di governo e la mattina dopo si è dimesso. È il primo ministro con il mandato più breve della storia repubblicana francese. In un discorso pubblico ha detto che non ci sono le condizioni per governare: domani sarebbe dovuto essere di fronte all’Assemblea nazionale per esporre il suo programma politico ma in queste ore è stato travolto dalle critiche. Infatti ben 12 dei suoi 18 ministri erano anche nel governo precedente, quello che però è stato sfiduciato a inizio settembre. E quindi non solo l’opposizione l’aveva attaccato, ma lo stesso avevano fatto anche diversi membri della sua coalizione, come i Repubblicani. Bruno Retailleau, ad esempio, pur essendo stato lui stesso riconfermato, ha criticato le scelte del – a questo punto ex – primo ministro, dicendo che la squadra non rispettasse la rottura promessa.
Nel punto stampa Lecornu se l’è presa in generale un po’ con tutti, accusandoli di mettere i propri interessi di partito davanti a quelli del Paese. Ha detto che tutti continuano a comportarsi come se avessero la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale, provando a imporre agli altri il proprio programma politico. Ha anche spiegato di essere stato pronto al compromesso e ha puntato il dito contro chi ha fatto finta di non vedere i progressi fatti, anteponendo “appetiti di parte”.
"Ci sono troppe linee rosse e non abbastanza linee verdi, troppi interessi e rivendicazioni in ballo, anche in vista del 2027. Sono un militante, ma considero che bisogna sempre preferire il Paese al proprio partito, gli interessi del popolo francese ai propri. Bisogna saper ascoltare i propri sostenitori, ma pensare sempre al popolo francese”.
Macron ha accettato le dimissioni e ora tutti gli occhi sono puntati su di lui. Che deve nominare un successore in un clima del genere, in cui praticamente nessuna delle forze che lo sosteneva sembra essere allineata sul da farsi. Una crisi di questo tipo non si era mai vista in Francia. Per uscire dall’impasse ci sono diverse opzioni: la nomina di un nuovo primo ministro, appunto, ma non è l’unica. Si potrebbe anche andare a elezioni legislative anticipate, quindi con lo scioglimento del Parlamento, oppure potrebbero essere richieste le dimissioni del presidente della Repubblica, magari aggiungendoci pure un impeachment.
Oggi Macron è stato ripreso mentre camminava da solo lungo la Senna. Il leader della sinistra, Jean Luc Melenchon, ha detto che Macron è il cuore del problema, rispetto al caos che il Paese sta vivendo. E ha aggiunto che “in gioco c’è la sua legittimità a continuare a decidere, a governare”. Per poi presentare una mozione di destituzione.
"Tre governi in un anno e poi è stato battuto in tutte le elezioni dopo le presidenziali. Siamo di fronte all'impasse della V Repubblica che Emmanuel Macron non è riuscito a governare quando il voto presidenziale e quello legislativo sono entrati in contrasto. Macron ha convocato elezioni legislative anticipate nel 2024 di cui poi non ha rispettato il risultato, negando la volontà del popolo. Che democrazia è questa? È falsata e prima o poi si paga. I segnali di allerta c'erano tutti, ma dal presidente silenzio totale anche dopo le ultime manifestazioni".
A essere d’accordo con lui è, paradossalmente, la leader dell’estrema destra. Marine Le Pen ha chiesto lo scioglimento del Parlamento e le elezioni anticipate. Ha detto che le dimissioni di Macron sarebbero sagge, ma che la dissoluzione del Parlamento è necessaria. Che l’unica opzione in questo momento è tornare alle urne e lasciare che siano i francesi a decidere la direzione.
“I francesi sono stufi di questa situazione. Siamo alla fine del cammino. Siamo in fondo alla barzelletta, la farsa è durata abbastanza”.
Il presidente del Rassemblement Nationale, Jordan Bardella, sulla stessa linea ha detto: “Non può esserci un ripristino della stabilità senza un ritorno alle urne e senza lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale”. La destra ora chiede di andare a elezioni, sperando appunto in una netta vittoria. Le forze di sinistra chiedono invece che si formi una coalizione che però non le tenga in disparte, scegliendo per l’ennesima volta un primo ministro centrista che poi non riesce ad avere dalla sua il sostegno delle altre forze di governo.
È dalle elezioni dell’anno scorso che il quadro è incredibilmente frammentato, perché appunto nessuno schieramento riesce ad avere la maggioranza. Ogni governo che si è susseguito ha dovuto anche cercare dell’appoggio esterno da altri partiti, che però, appunto non dura per sempre.
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