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L’accordo per il cessate il fuoco a Gaza, stretto tra Israele e Hamas, deve essere il punto di partenza, non quello di arrivo. Sì, era estremamente necessario per fermare subito il genocidio e far entrare gli aiuti umanitari nella Striscia. Ma non deve essere l’obiettivo: l’obiettivo deve essere la fine dell’occupazione e dell’impunità, la fine degli insediamenti illegali e delle colonie, la fine del regime di apartheid e delle violazioni sistematiche dei diritti umani. Dal cessate il fuoco ora bisogna ripartire per un processo di giustizia, che chiami il governo israeliano a rispondere dei crimini di guerra commessi in questi anni. E anche Hamas, chiaramente. Solo se ci sarà giustizia si potrà iniziare il processo di costruzione dello Stato di Palestina, in cui ai palestinesi venga finalmente riconosciuto il loro diritto ad amministrarsi e decidere del proprio futuro.
L'accordo per il cessate il fuoco
Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco a Gaza. In Egitto, dove da giorni erano in corso i negoziati, hanno firmato l’intesa per la prima fase del piano di pace. E ad annunciarlo è stato Donald Trump.
In un post su Truth ha detto di essere molto orgoglioso di annunciare che sia Israele che Hamas hanno firmato e ha comunicato alcuni dettagli sui punti principali di questa fase, su che cosa prevede l’accordo:
- il rilascio di tutti gli ostaggi (prima si era parlato di sabato, ora si dice che più probabilmente questo avverrà lunedì: tutti gli ostaggi israeliani vivi e i corpi di quelli uccisi saranno riportati in Israele)
- il ritiro graduale delle truppe da parte di Israele, secondo una linea concordata
Trump poi ha detto che questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, per Israele e tutte le Nazioni vicine e per gli Stati Uniti. E infine ha ringraziato i mediatori, cioè l’Egitto, il Qatar e la Turchia. In realtà, nonostante gli annunci, in giornata sono arrivate comunque le notizie di bombardamenti e attacchi su Gaza City. Questo perché il cessate il fuoco dovrebbe effettivamente entrare in vigore in serata, dopo che il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrà fatto un passaggio per approvare il piano con il suo governo.
Le reazioni di Netanyahu e Hamas
A proposito di Netanyahu, ecco il suo primo commento dopo la firma dell’accordo:
"Questo è un grande giorno per Israele. Presto convocherò il governo per approvare l'accordo e riportare a casa tutti i nostri cari ostaggi. Ringrazio dal profondo del cuore il presidente Trump e il suo team per il loro impegno in questa sacra missione di liberazione dei nostri ostaggi. Ringrazio i valorosi soldati dell'Idf e tutte le forze di sicurezza: è grazie al loro coraggio e al loro sacrificio che siamo giunti a questo giorno. Con l'aiuto di Dio, insieme continueremo a raggiungere tutti i nostri obiettivi e ad espandere la pace con i nostri vicini".
Il comunicato di Hamas subito dopo la notizia invece è stato:
"Al termine di negoziati seri e responsabili condotti dal Movimento e dalle fazioni della resistenza palestinese riguardo alla proposta del presidente Donald Trump, volta a porre fine alla guerra di sterminio contro il nostro popolo e a garantire il ritiro dell’occupazione dalla Striscia di Gaza, Hamas annuncia di aver raggiunto un accordo che prevede la cessazione della guerra su Gaza, il ritiro delle forze d’occupazione, l’ingresso degli aiuti umanitari e uno scambio di prigionieri. Apprezziamo profondamente gli sforzi dei fratelli del Qatar, dell’Egitto e della Turchia, e riconosciamo l’impegno del presidente americano Donald Trump nel favorire la fine definitiva del conflitto e il completo ritiro dell’occupazione dalla Striscia di Gaza".
Questa nota poi si conclude con un appello ai garanti dell'intesa e a tutta la comunità internazionale “a obbligare il governo dell’occupazione a rispettare pienamente gli impegni assunti, evitando che possa eluderli o ritardarli"
Il punto è, come fare questo, come assicurarsi che gli accordi vengano rispettati, se questo piano di pace è volutamente – almeno in questa prima fase – vago su certi aspetti?
Gli aspetti poco chiari del piano di pace
Per prima cosa, facciamo un passo indietro. Il piano di pace in 20 punti era stato annunciato da Trump lo scorso 29 settembre: e c’erano state molte critiche tra chi si occupa da tempo di Palestina, perchè di fatto era un piano di resa che non teneva conto del diritto dei palestinesi ad autodeterminarsi. A livello di governi e istituzioni, però, c’è stata da subito parecchia convergenza, e anche Hamas si è seduto al tavolo dei negoziati, forse consapevole che fosse l’unico modo per arrivare a un cessate il fuoco e per entrare gli aiuti umanitari a Gaza.
Ci sono diversi aspetti che rimangono poco chiari. Ad esempio, il rilascio dei prigionieri palestinesi, anche di quelle oltre mille persone che sono state arrestate dopo il 7 ottobre e che non hanno mai avuto un processo. Hamas avrebbe fornito una lista di nomi, su cui però non ci sarebbe un accordo effettivo con le autorità israeliane.
Ci sarà poi da capire in che modo le IDF manterranno il loro perimetro di sicurezza, con che tempi si ritireranno, e quali valichi saranno aperti: ad esempio, dal valico di Rafah nei prossimi giorni dovrebbero entrare camion di aiuti e migliaia di persone potrebbero provare ad uscire per andare a curarsi in Egitto. Israele manterrà il controllo del valico, confermando di fatto l’assedio della Striscia e controllando tutto ciò che entra ed esce? Questa domanda per ora non ha ancora una risposta.
C’è poi ovviamente tutta la questione del processo per il riconoscimento dello Stato palestinese: è vero che prima deve consolidarsi il cessate il fuoco, le persone sfollate devono rientrare nelle proprie case, o in ciò che ne è rimasto e bisogna assicurarsi che i primi punti degli accordi vengano rispettati. Ma al tempo stesso c’è preoccupazione, perché il piano di Trump su questo versante era molto vago. Diceva che mano a mano che verrà attuato il programma di riforme dell’Autorità nazionale palestinese allora si valuteranno le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e lo Stato palestinese. Ma chi giudicherà se queste riforme dell’ANP sono state attuate? Chi giudicherà se le condizioni sono abbastanza credibili?Il rischio è che arbitrariamente si continui a rimandare la questione, affievolendo sempre di più le prospettive per uno Stato palestinese.
E questa era una delle ragioni per cui il piano di Trump era stato molto criticato da chi si occupa da tempo di Palestina e definito come un progetto neocoloniale che non ha davvero a cuore gli interessi dei palestinesi. Come dicevamo prima, però, i governi europei lo avevano accolto in maniera decisamente positiva.
Cosa farà l'Italia: "Forze Armate pronte a fare la loro parte"
Ecco il comunicato di Giorgia Meloni alla notizia:
“L’accordo raggiunto in Egitto per l’applicazione della prima fase del Piano di pace del Presidente Trump è una straordinaria notizia che apre la strada al cessate il fuoco a Gaza, al rilascio di tutti gli ostaggi e al ritiro delle forze israeliane su linee concordate. Desidero ringraziare il Presidente Trump per aver incessantemente ricercato la fine del conflitto a Gaza e i mediatori – Egitto, Qatar e Turchia – per i loro sforzi che si sono rivelati cruciali per l’esito positivo raggiunto. Questo accordo e il più ampio percorso tracciato dal Piano Trump costituiscono un’opportunità unica per porre fine a questo conflitto che deve assolutamente essere colta. Per questo esorto tutte le parti a rispettare pienamente le misure già concordate e a lavorare per realizzare rapidamente i passi successivi previsti dal Piano di Pace.L’Italia continuerà a sostenere gli sforzi dei mediatori ed è pronta a contribuire alla stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo di Gaza”.
Il ministro Crosetto ha aggiunto qualcosa in più. E su X, dopo aver celebrato la notizia, ha scritto:
“Per quanto riguarda il futuro, e cioè la concreta realizzazione del piano di pace Usa per Gaza, ovviamente l’Italia e, in particolare, le Forze Armate sono e saranno pronte a fare la loro parte, come hanno sempre fatto e come hanno dimostrato, in tutte le missioni internazionali cui partecipano, di saper fare. L’Italia c’è e ci sarà sempre, quando si tratta di aiutare e sostenere i processi di pace".
Intanto nei prossimi giorni Trump potrebbe recarsi in Israele e intervenire alla Knesset, il Parlamento ebraico. E anche quello sarà un momento storico. Qualche giorno fa c’è stato l’anniversario del 7 ottobre, il giorno in cui con un orribile attacco Hamas ha fatto irruzione in Israele uccidendo circa 1.200 persone e prendendone in ostaggio 250. Da quel giorno l’esercito israeliano ha ucciso oltre 67 mila palestinesi, di cui più di 20 mila bambini. Sotto le macerie di Gaza, però, i morti potrebbero essere molti di più.
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