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La Manovra non cerca di agevolare i ricchi, ma chi “guadagna cifre ragionevoli”. È questa la prospettiva del ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, che è intervenuto ancora una volta per difendere la nuova legge di bilancio del governo Meloni, accusata di favorire solo i più ricchi. Accuse che non arrivano dalle categorie che non vengono toccate dalle misure, che non arrivano dall’opposizione o dai sindacati: insomma, non arrivano da chi ha ragioni precise, di posizionamento politico, per andare contro alla Manovra e a queste misure. Arrivano da enti come la Banca d’Italia, l’Istat, la Corte dei Conti.
Le critiche di Istat, Bankitalia, Upb e Corte dei Conti
La scorsa settimane ci sono state diverse audizioni nelle commissioni Bilancio del Parlamento. Il senso era appunto ascoltare i rilievi di enti e istituzioni competenti in materia, che dovevano dare il loro parere sulle varie voci della Manovra. Ma in particolare su alcune misure, come il taglio dell’Irpef, la rottamazione delle cartelle e la tassazione per gli affitti, sono emerse delle criticità. Ad esempio, per l’Istat, così come è pensato il taglio dell’Irpef va a beneficio solo delle fasce più benestanti, destinando a pochi l’85% delle risorse; per la Corte dei Conti gli effetti si vedono solo sugli stipendi più ricchi, tra i 50mila e i 200mila euro; e per Bankitalia la manovra non riduce le diseguaglianze dei redditi.
Come funziona il taglio dell'Irpef
Una precisazione qui, visto che il taglio dell’Irpef è una delle misure centrali di questa legge di bilancio: l’Irpef è l’imposta sul reddito delle persone fisiche e si calcola tenendo conto di diversi scaglioni. Questo avviene perché l’Irpef è una tassa progressiva e quindi la percentuale da versare aumenta a seconda del reddito: in altre parole, chi guadagna di più, in proporzione paga di più. Gli scaglioni attualmente sono tre: chi guadagna fino a 28 mila euro paga un’aliquota del 23%, chi ha un reddito tra i 28mila e i 50mila euro paga un’aliquota del 35% e infine, chi prende più di 50mila euro paga il 43%.
Ora, nella legge di bilancio il governo ha deciso di tagliare l'aliquota Irpef per il secondo scaglione, quello che comprende i redditi tra i 28mila e i 50mila euro, di due punti percentuali: dal 2026 l'aliquota scenderà quindi al 33%.
La difesa del ministro Giorgetti
Il ministro Giorgetti già la settimana scorsa, dopo tutte le audizioni e le critiche, aveva commentato dicendo che la misura sul taglio dell’Irpef deve essere analizzata tenendo conto di tutto il lavoro fatto dal governo in questi anni: in particolare Giorgetti ha ricordato che l’anno scorso, così come quello prima, era già stato confermato il taglio del cuneo fiscale per i redditi più bassi, per cui quest’anno si è deciso di intervenire per andare incontro al ceto medio.
Adesso, intervenendo dal Festival delle Città Impresa a Bergamo, il ministro è tornato sull’argomento per rivendicare l’operato del governo. E ha puntualizzato che bisogna capire cosa si intende per ricchi, visto che appunto tutte queste istituzioni accusano il governo di favorire i ricchi: “Bisogna capire cosa si intende per ricco, se ricco è colui che guadagna 45 mila euro lordi all'anno, cioè poco più di 2 mila euro netti al mese, diciamo così, Istat, Banca d'Italia e Upb hanno una concezione della vita un po'…Noi siamo intervenuti quest'anno, e l'abbiamo detto, sul ceto medio perché i ceti più svantaggiati sono stati negli anni scorsi attenzionati; quindi, noi abbiamo messo circa 18 miliardi l'anno scorso e li abbiamo rimessi quest'anno per redditi inferiori a 35 mila euro".
Insomma, Giorgetti ha ribadito che il focus del governo è sempre stato la tutela delle fasce più deboli, una cosa che è avvenuta anche quest’anno, con un ampliamento della platea a cui indirizzare le misure. Quest’anno, ha spiegato il ministro, è stata coperta anche la fascia fino a 50mila euro, ma nel frattempo sono anche stati resi strutturali gli interventi fatti in precedenza per i più vulnerabili.
La misura favorisce i ricchi?
Questa è la versione del governo, chiaramente. Poi c’è chi, come le opposizioni, ma anche Istat, Bankitalia e Corte dei Conti, evidenzia delle criticità. Anche l’Ufficio parlamentare di bilancio non è stato troppo entusiasta di alcune misure contenute in questa Manovra. Ad esempio, sempre sulla riduzione di due punti di Irpef, la presidente dell’Ufficio, Lilia Cavallari, ha spiegato che il taglio agevolerà solo l’8% di una platea di 13 milioni di lavoratori dipendenti. Insomma, una percentuale abbastanza ridotta. Secondo i calcoli dell’Upb i dirigenti vedranno un beneficio di circa 408 euro all’anno, circa 34 al mese: gli impiegati uno di 123 euro annuali e 10 mensili e poi 23 euro annuali e appena 1,9 mensili andranno agli operai.
Insomma, guardando le cifre è chiaro che c’è un’agevolazione di una certa fascia, che forse non ne avrebbe poi così bisogno. Per questo secondo l’Ufficio sarebbe più importante lasciar perdere questi interventi emergenziali, una tantum, e pensare invece come andare ad aumentare i salari.
Ovviamente di questa stessa opinione sono le opposizioni. Elly Schlein, la segretaria de4l Partito democratico, ha ripreso le precisazioni dell’Istat, sottolineando che l’intervento sull’Irpef beneficerà per l’85% le famiglie più ricche della fascia presa in considerazione, per cui se chi guadagna 30mila euro se ne vedrà rimanere in tasca 30 all’anno, ma chi ne guadagna quasi 200mila ne avrà 440 in più. E anche da AVS sottolineano che i dati parlano chiaro. E dicono che questa manovra è una manovra che agevola i più ricchi.
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