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Abbiamo un gigantesco problema con la violenza di genere online

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Purtroppo non è nulla di nuovo. Non sono nuovi gruppi come quello di Facebook, dove oltre 30 mila utenti si scambiavano foto di mogli, colleghe, amiche o anche sconosciute, per poi fantasticare su quelle immagini, come se quei corpi fossero solo oggetti da consumare.  Esistono da anni e continuano a esistere nel silenzio generale, o quasi.

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Quando uno spazio, come accaduto nel caso del gruppo "Mia Moglie", viene chiuso, semplicemente migra su un’altra piattaforma. Oppure sulla stessa piattaforma viene creato un nuovo spazio: si cambia il nome, si prende qualche accortezza in più, però poi la sostanza non cambia. È la cultura dello stupro online: le donne ridotte a merci messe a disposizione della volontà maschile, affinché l’uomo le possa possedere come meglio crede per il proprio piacere personale, senza che il tema del consenso venga minimamente posto. Che questo accada online o che accada per strada, sempre di violenza contro le donne si tratta.

La violenza normalizzata

Una violenza che viene estremamente normalizzata. E a riprova di questo c’è anche il fatto che, nonostante il caso del gruppo “Mia moglie” sia finito sulle prime pagine dei giornali, nonostante se ne sia parlato tanto anche all’estero, nel dibattito politico è rimasto un tema abbastanza marginale. Come se non fosse davvero un problema serio, strutturale.

Eppure online ci si imbatte in decine e decine di gruppi di questo tipo. Alcuni sono pubblici, è violenza che si consuma alla luce del sole. Ne avevamo parlato anche in una puntata di Streghe – l'osservatorio sul patriarcato di Fanpage.it, con Silvia Semenzin, attivista, sociologa, ricercatrice ed esperta di violenza di genere digitale. Ci aveva spiegato che tutto ciò che noi vediamo online è sempre il risultato di politiche chiare: “Non è vero che le piattaforme non possono fare nulla sulla violenza di genere, non vogliono fare niente. Anzi, in un certo senso fomentano anche questo tipo di pratiche, perché sono pratiche che portano profitto alle piattaforme: infatti generano dati e interazioni”, aveva detto.

A questo potremmo aggiungere che anche il silenzio del governo e della stragrande maggioranza degli esponenti politici è una scelta chiara. E con questo non voglio dire che la politica stia attivamente proteggendo questi gruppi e questi uomini, ma che evidentemente non crede che sia un problema serio e urgente. Altrimenti, ci sarebbe un dibattito, ci sarebbero iniziative, manifestazioni, qualcosa.

Il silenzio delle istituzioni

Ma non è così. In questi giorni è stata la collettività a denunciare quanto sta accadendo, ma a livello istituzionale quasi nessuno si è mosso. Il gruppo è stato chiuso e la polizia postale probabilmente ha ricevuto segnalazioni e denunce rispetto ad altri gruppi, però non basta.  E questo è un problema gigantesco: perché se non ci rendiamo conto che questo è un problema strutturale, che riguarda ogni aspetto della nostra cultura e società, ogni risposta messa in campo sarà parziale, inefficace.

Qualcosa a livello politico si sta facendo sul piano europeo. Ad esempio l’anno scorso il Parlamento europeo ha adottato una prima normativa europea sulla lotta alla violenza contro le donne, chiedendo da un lato leggi più severe contro la cyber violenza, e dall’altro migliore assistenza alle vittime e misure più efficaci per definire cosa sia il consenso. Questa del Parlamento europeo è una direttiva, per cui significa che i singoli Paesi hanno tempo fino a giugno del 2027 per recepirla e fare delle leggi a riguardo. Sempre a livello europeo c’è anche la nuova legge sui servizi digitali che impone alle grandi piattaforme di rimuovere le immagini intime o manipolate – i deepfake per capirci – che sono state pubblicate online senza il consenso della persona.

Però sicuramente c’è ancora moltissimo lavoro da fare e la strada è ancora lunga. Ma soprattutto, è una strada in salita se chi dovrebbe avere un ruolo in prima fila nel promuovere da un lato il cambiamento culturale e sociale e, dall’altro nel tutelare le vittime, non denuncia chiaramente fenomeni come la violenza di genere online. E non si attiva per contrastarla.

Boldrini: "Bisogna formare una cultura del consenso, la politica si impegni"

Di tutto questo abbiamo parlato anche con Laura Boldrini, ex presidente della Camera e deputata del Partito democratico. Le abbiamo chiesto se questa percezione che il nostro governo e la politica in generale non si siano interessanti al dibattito di questi giorni sia fondata, o meno. Ci ha risposto:

Non ho visto commenti da parte di rappresentanti del governo su questo gruppo social "Mia Moglie", né ho visto dichiarazioni di impegno sulla lotta contro questa violenza sessista. E ciò dimostra l'indifferenza a questo tema che colpisce in maniera pesantissima le donne che la subiscono.

Invece, sul fatto che la violenza di genere online non sia ancora riconosciuta a tutti gli effetti come violenza di genere, Boldrini ha commentato:

La violenza di genere online è sicuramente una vera e propria violenza, è la nuova frontiera della violenza contro le donne. Noi abbiamo inserito nel codice penale il reato di revenge porn, ma è evidente che c'è ancora molto da lavorare in questo ambito. Il fatto che le piattaforme decidano di chiudere questi gruppi è un segnale importante e positivo, ma ovviamente non basta: ci vuole l'educazione sessuale ed affettiva a scuola. E poi ci vuole la cultura del consenso, di rispetto per la donna. Qualsiasi azione che implica un approccio sessuale deve essere consensuale: il sesso senza consenso è stupro. Su questo c'è anche una proposta di legge a mia prima firma che spero riusciremo a portare quanto prima in Aula. Spero che ci sia la convergenza di tutte le forze politiche, perché dobbiamo formare ragazzi e uomini a questo concetto e a questa cultura, senza la quale gli uomini si sentono in diritto di fare delle donne ciò che vogliono. Incluso appunto diffondere immagini di intimità della propria compagna per farle commentare agli amici del gruppo: è una cosa terrificante.

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"Nel caso te lo fossi perso" è il Podcast daily per i Sostenitori di Fanpage.it che, ogni giorno, fa il punto sulla notizia più importante del momento, quella da non perdere, per aprire gli occhi sul mondo. L’appuntamento è dal lunedì al venerdì alle 18.00, con la nostra giornalista, Annalisa Girardi.

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