
L'infiltrazione di Selena in Gioventù Nazionale va avanti ormai da settimane ed è entrata nella sua fase più rischiosa. Viene invitata a partecipare a un campo estivo di Gioventù Nazionale. Appena arrivata al casale, Selena si imbatte in un grande striscione rosso con la scritta "Cabiria". Il nome non è casuale: coniato da Gabriele D’Annunzio, "nata dal fuoco", è un omaggio al primo kolossal del cinema italiano, un inno alla romanità. Il motto del campo è altrettanto significativo: “Non c’è avventura senza eroismo”. Flaminia Pace, la responsabile, affida alla nostra infiltrata il ruolo di fotografa dell'evento. Un ruolo perfetto, che le permette di muoversi e di osservare senza destare sospetti, immortalando i momenti cruciali dell’esperienza.
I campi comunitari hanno una lunga storia nella cultura della destra italiana. Affondano le radici nei “Campi Hobbit”organizzati dal Fronte della Gioventù negli anni Settanta. Il riferimento è al popolo de Il Signore degli Anelli di Tolkien, trilogia particolarmente cara al partito di Giorgia Meloni.
A Cabiria, tra i leader più influenti, spicca Andrea Piepoli, giovane promessa del movimento e gestore dei circoli presenti. Da campo estivo, presto l'evento diventa un’occasione per riscrivere i confini di un’appartenenza politica e per dimostrare che i giovani sono l'anima e il motore del partito, i "protagonisti" del futuro della destra.
I militanti si ritrovano ogni sera, attorno a un falò, per condividere le proprie storie e le ragioni che li hanno spinti alla politica. C’è un senso di coesione e di appartenenza che permette loro di sentirsi liberi di esprimersi, sapendo di non essere giudicati. Raccontano storie di vita a volte difficili, in cui la politica rappresenta una risposta e un rifugio.
Presto emergono anche i segnali di una tradizione ideologica più radicale. Durante un dibattito sui riferimenti culturali, il responsabile della comunicazione Alessandro Imperiali invita a non cedere a un’autocensura che, a suo dire, ostacola la libera espressione dei loro ideali. Un'autocensura che però verrebbe innescata da un presunto nemico esterno, che non aspetta altro per sabotare la destra. Una sera si inizia a parlare anche dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), di Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, condannati per la strage di Bologna. Flaminia Pace rivela che suo padre, pur non facendo parte dei NAR, conosceva i militanti e che a Roma era “un continuo a dare le catenate ai comunisti”.
Dopo quelle parole, qualcosa al campo estivo si trasforma. È come se si fosse appena rotta una diga. Fino a quel momento, i ragazzi avevano contenuto le loro idee più estreme, ma ora, autorizzati dalle parole dei loro responsabili, si lasciano andare. Cantano a squarciagola inni fascisti e neofascisti, inneggiano al Duce, gridano “Sieg Heil” e “boia chi molla”. La presidente di Gioventù Nazionale Bari, Ilaria Partipilo, canta un inno delle Brigate Nere del 1944. Le testimonianze di ex militanti confermano l'esistenza di questo “lato oscuro”. Nonostante la facciata moderata, l'organizzazione alimenta al suo interno un sistema "cameratesco" basato su miti del neofascismo, con saluti romani, canti nostalgici e battute razziali e omofobe. Ilaria Partipilo stessa, in alcune chat, definisce i militanti "camerati", parla di "ebrei infami" e condivide foto di svastiche.
Nonostante il volto moderato che viene presentato all'esterno, l'organizzazione ha un'anima radicale. “Dobbiamo fare le vittime”, dice un militante. “Perché se tu fai la vittima la gente è con te. Altrimenti, davvero, poi ci danno dei fascisti”. La verità è semplice: il vittimismo è una strategia per ottenere consenso, un'arma che nasconde una profonda ambivalenza e un'incapacità o una non volontà a prendere atto della storia.