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Perché la mafia ha minacciato la giornalista di Fanpage Giorgia Venturini? La nuova puntata di Direct

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Eccoci con una nuova puntata di Direct e partiamo come sempre dalle vostre domande. Oggi dalla domanda di Lisa:

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“Cos’è successo alla vostra giornalista Giorgia Venturini? Perché la mafia ce l’ha con lei?”

Partiamo dalla domanda per cui non abbiamo una risposta, Lisa. Non sappiamo perché la mafia, o chi per lei, ce l’abbia con la nostra giornalista Giorgia Venturini. Partiamo anche  da quel che sappiamo però. Lo scorso 10 settembre Giorgia è stata chiamata dai vicini di casa, mentre era in redazione. Le hanno detto di aver trovato un sacco nero davanti al cancello del piccolo condominio dove abita, in un paese a nord di Milano.  Che quel sacco nero era tagliato, affinché se ne vedesse il contenuto. Che da quel taglio spuntavano gli occhi della testa mozzata di un capretto che guardavano verso la porta di casa. E che dentro quel sacco c’era anche la pelle del capretto, scuoiata, e delle foglie.

Perché abbiamo subito pensato a una minaccia mafiosa? Intanto perché sappiamo chi è Giorgia Venturini. Una giornalista che si è laureata con una tesi sulla sociologia delle organizzazioni criminali. Che si è sempre occupata di mafia, sia in Fanpage sia prima di arrivare qua. E che ha realizzato un bel documentario per Fanpage sulla cattura di Matteo Messina Denaro.

Secondo indizio: proprio in questi mesi Giorgia stava lavorando, assieme all’ex direttore del giornale Francesco Piccinini a un format dal vivo che si chiama Confidential, e che nelle tre puntate già andate in onda sul canale YouTube del giornale, si è occupato della vera storia della strage di Capaci. Dalle prime puntate di quel format sono emerse sono emerse diverse cose interessanti, peraltro. Ad esempio che un bene confiscato alla mafia, un hotel, era stato dato in gestione a un nipote del boss, pentito, Giovanni Brusca. Lunedì 15 settembre sarebbe andata in onda la nuova puntata di Confidential. È un caso che la minaccia sia arrivata dopo la pausa estiva, a ridosso della nuova puntata?

Terzo indizio: la testa di capretto mozzata è nel codice delle intimidazioni mafiose. La testa di capretto dice proprio: smettila, o ti facciamo fare la stessa fine. E questo ce l’hanno confermato tutti gli inquirenti e gli esperti di mafia che abbiamo consultato in queste settimane. Non a caso, il fascicolo aperto dopo questa minaccia è passato alla Direzione Distrettuale Antimafia. Perchè la testa di capretto è stata riconosciuta come minaccia grave di stampo mafioso.

Questo in sintesi è quel che è successo e il punto in cui ci troviamo ora.

Lo dico fuori dai denti, e mi piace condividere questa preoccupazione con voi: non è una situazione semplice, quando una tua collega subisce una cosa del genere.  Perché questo è il momento in cui devi camminare lungo il sentiero stretto che passa tra la tutela della persona e la tutela della professione di giornalista. Vale per Giorgia, e vale per me, che di Giorgia sono il direttore.  È una scelta che un giornalista che subisce un’intimidazione – che sia una querela temeraria, o una scritta sul muro . si trova di fronte ogni volta. Ma quando si tratta di mafia, o comunque di criminalità organizzata, le cose si fanno ancora più complicate.

Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno e Beppe Alfano sono solo i più noti nomi di giornalisti morti per mano della mafia o della camorra.  Se l’Italia è sempre attorno al 50esimo posto nelle classifiche sulla libertà di stampa è anche e soprattutto perché oltre alle intimidazioni dei politici, degli imprenditori, del sistema di potere vigente, ai nostri giornalisti tocca subire anche le intimidazioni e le minacce della criminalità organizzata. Così come sappiamo, del resto, che la quasi totalità dei giornalisti sotto scorta (22 secondo gli ultimi dati) o sotto vigilanza delle forze dell’ordine a causa di timori per la loro incolumità (circa 250) lo sono in quanto minacciati dalle mafie.

E se pensate sia un fenomeno tutto siciliano, calabrese, campano o comunque meridionale, mi tocca deludervi. Buona parte di questi giornalisti minacciati abitano in Lombardia, che guida la classifica del giornalisti posti sotto sorveglianza.  Una conferma ulteriore, semmai ce ne fosse bisogno, che le mafie sono ovunque in Italia. Che non sono più un fenomeno locale, forse nemmeno nazionale. Ma sono delle corporation che abitano il mondo, i cui tentacoli vanno dal traffico di stupefacenti agli investimenti in criptovalute nel dark web, come ben racconta da anni il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri. Tra queste due mafie, un po’ stereotipate, quella rozza e rurale del sud e quella cosiddetta dei colletti bianchi, che ripulisce i soldi delle attività illegali nelle ricche regioni del Nord non c’è più alcuna differenza. E sinceramente, non serviva nemmeno una testa di capretto in Lombardia, per ricordarcelo.

Semmai, questa vicenda ci deve raccontare qualche altra cosa molto più importante.
La prima: che la mafia esiste anche quando non mette le bombe. Che anzi, se non mette le bombe e non sfida lo stato a viso aperto, vuol dire che gode di ottima salute e che non sta con le spalle al muro, come negli anni dei primi pentiti e del maxi processo. Se si scomoda a recapitare una testa di capretto davanti alla porta di casa di una giornalista coraggiosa, è perché le abbiamo dato fastidio.
La seconda: che il modo più semplice per evitare teste di capretto sotto casa, è non parlare di mafia. Qualcuno la chiama omertà, con disprezzo, quando sono gli altri a essere minacciati, direttamente o no. Ma per molti si chiama, molto più banalmente, istinto di sopravvivenza.

La terza: che questo è esattamente il motivo perché Giorgia Venturini fa questo lavoro. Perché più gente possibile parli di mafia, per evitare che chi ne subisce la prepotenza si senta troppo solo e decida di subire in silenzio. E questo è il motivo per cui noi cercheremo d’ora in poi, di parlarne ancora di più. Con un po’ di paura in più, certo. Ma come diceva Paolo Borsellino: "Il coraggio non è assenza di paura, ma la capacità di andare avanti nonostante la paura".

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DIRECT - Il Direttore risponde, è il Podcast in cui ogni venerdì Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.it, sceglierà una domanda tra tutte quelle che ci invierete. E in cinque minuti - o poco più - proverà a rispondere ai dubbi e alle questioni aperte. Con numeri e fatti. Senza urla, chiacchiere e narrazioni. Andando dritto al cuore della notizia.

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