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La newsletter di Fanpage.it contro il silenzio

Ciao, vi ricordate quando qualcuno diceva che Trump ci avrebbe portato la pace?
A distanza di settimane – nemmeno mesi – da chi lo celebrava come meritevole del Nobel, ci ritroviamo (ancora) con una situazione umanitaria catastrofica a Gaza e con la Russia che avanza nel Donbass, nel più totale disimpegno e disinteresse degli Stati Uniti su entrambi i fronti.
Semplicemente, Trump ha fatto finta di cercare la pace a Gaza, per permettere a Netanyahu di riportare a casa gli ostaggi, e adesso gli sta lasciando entrambe le mani libere per finire il lavoro, anche in Cisgiordania.
E allo stesso modo, dopo mille chiacchiere sulla “foto storica” con Zelensky in Vaticano, ha abbandonato l’Ucraina e Zelensky al loro destino, lasciando all’Europa l’onere di fermare l’avanzata della Russia di Putin. Possiamo pensarla in ogni modo sulla guerra in Ucraina e sul massacro a Gaza, ma forse sarebbe il caso di smetterla di cascare ogni volta nella retorica di Trump, e di chi in Europa è disposto a celebrarlo sempre e comunque.
Andiamo ora a vedere le domande di questa settimana.
- Perché il governo sta di nuovo litigando sulle armi all’Ucraina? – Lucia
Cara Lucia, partiamo da un paio di premesse. La prima è che è vero quello che scrivi: il governo sta di nuovo litigando sull’invio di armi in Ucraina. La seconda è che proprio questo tema è uno dei più delicati, per la buona salute della maggioranza di governo: da un lato ci sono Fratelli d’Italia e Forza Italia che hanno sempre e convintamente ribadito il loro sostegno a Kiev senza se e senza ma, dall’altro c’è la Lega che invece sugli aiuti militari la pensa in modo più simile al Movimento Cinque Stelle che agli alleati di governo. Le tensioni sono ricominciate quando Matteo Salvini ha colto la palla al balzo e – parlando dell’inchiesta sulle presunte tangenti che legano uomini vicinissimi a Zelensky, uomini di governo, ad aziende del privato in campo energetico – ha detto che non vorrebbe che i risparmi degli italiani finissero per “alimentare ulteriore corruzione” in Ucraina, aggiungendo poi che sia il Papa che Donald Trump stanno promuovendo un dialogo tra Putin e il premier ucraino, in modo da far tacere le armi.
Nulla di nuovo, in queste dichiarazioni del leader leghista (se non fosse per le allusioni alle indagini e alla corruzione): il Carroccio non è mai stato entusiasta all’idea di inviare armi in Ucraina. Il partito di Salvini da anni deve anche fare i conti con un passato dal gusto filoputiniano e, per quanto dallo scoppio della guerra ci sia stato un riposizionamento pubblico, le posizioni non sono certo quelle di Meloni o Tajani. Che invece sono a favore del sostegno militare incondizionato, fino a quando sarà necessario.
Il ministro Crosetto ha risposto a Salvini ricordandogli che durante la Seconda Guerra Mondiale gli Alleati non si sono certo tirati indietro dal liberare la Sicilia a causa della mafia e che, allo stesso modo, non bisogna giudicare un Paese solo per la presenza di qualche corrotto. La questione però non è chiusa: nei prossimi giorni dovrebbe arrivare in Parlamento un nuovo Decreto Aiuti, dentro il quale dovrebbe anche esserci un pacchetto di aiuti militari. La domanda è sempre la stessa: come si comporterà la Lega? Voterà secondo le dichiarazioni o si posizionerà come gli alleati? La seconda opzione è la più probabile, anche perché siamo ancora in campagna elettorale per le regionali: non certo un buon momento per mostrarsi divisi.
Annalisa Girardi, Vicecapo area Video Fanpage.it
- I russi stanno conquistando Pokrovsk? E cosa significa questo per le sorti della guerra in Ucraina? – Roberto
Caro Roberto, a Pokrovsk la situazione è critica, come emerge anche dall'osservazione delle mappe di Deep State, sito ucraino che quotidianamente fornisce aggiornamenti sui movimenti degli eserciti. Negli ultimi giorni le forze di Mosca hanno continuato ad avanzare all'interno della città, occupando edifici e interi isolati. Kiev nega un accerchiamento totale, ma ammette combattimenti "casa per casa" e bombardamenti ininterrotti. Insomma, la definitiva caduta di Pokrovsk potrebbe essere questione di giorni, a meno di clamorosi capovolgimenti di fronte.
Ma perché questa battaglia è così importante? Pokrovsk, un tempo hub industriale e logistico di circa 60 mila abitanti, oggi è un cumulo di macerie, ma conserva un valore simbolico enorme. Per Mosca, la sua conquista sarebbe la vittoria più significativa dai tempi di Bakhmut e Avdiivka, oltre a un messaggio politico forte a Kiev ma soprattutto ai suoi alleati: dimostrare che l’avanzata nel Donbass procede. La presa di Pokrovsk, inoltre, rafforzerebbe la posizione russa nel Donetsk e aprirebbe la strada verso la cosiddetta "cintura delle fortezze ucraine" (Kostyantynivka, Druzhkivka, Kramatorsk e Sloviansk), cuore della difesa orientale di Kiev.
Dal lato ucraino, perdere Pokrovsk significherebbe molto. La città è stata in questi anni un caposaldo logistico, un nodo ferroviario cruciale e un simbolo stesso della resistenza contro i russi. La sua caduta costringerebbe Kiev ad arretrare le linee difensive, aumentando la vulnerabilità di centri più grandi come Dnipro e accentuando la pressione su un fronte già logorato. In sintesi, la battaglia per Pokrovsk ha oggi un valore politico, morale ma anche militare. La sua caduta non rappresenterebbe il definitivo KO per l'Ucraina, ma certamente sarebbe un duro colpo proprio mentre il Paese deve affrontare un grande scandalo corruzione e un'importante flessione degli aiuti occidentali, soprattutto da parte degli USA.
Davide Falcioni, redattore area Cronaca Fanpage.it
- Un po' di imbarazzo del PD sulla separazione delle carriere dovrebbe esserci dato i precedenti. Nel 1997 la bicamerale D'Alema la propone; nel 2001 è nel programma di Rutelli; nel 2014 il ministro Orlando la propone con l'appoggio di Violante; nel 2019 è nella mozione Martina che diventa segretario del Pd. È possibile fare chiarezza? – Sergio
Caro Sergio, è vero che la separazione delle carriere è un tema tornato più volte negli ultimi trent’anni, con voci favorevoli anche a sinistra. Negli scorsi giorni Debora Serracchiani, deputata del Pd e responsabile Giustizia nella segreteria dem, è intervenuta per specificare che il Pd è “contrario alla riforma” varata dal governo Meloni, e quindi voterà No al referendum. Ha parlato anche della mozione Martina, che hai citato, sottolineando che conteneva “tantissime cose” e che lei stessa la firmò “pur essendo contraria alla separazione delle carriere”.
Serracchiani ha insistito su un punto: che quello che conta è la “separazione delle funzioni” tra giudici e pm, che per lei di fatto già esiste dalla riforma Cartabia del 2021. Questa permette di cambiare carriera una sola volta, e solo nei primi dieci anni di attività. Infatti, negli ultimi cinque anni una percentuale bassissima di magistrati ha fatto questa scelta.
Invece, secondo la deputata, il governo ha fatto una riforma costituzionale “perché l'obiettivo non è la carriera dei magistrati” – sarebbe bastata una legge ordinaria che prevedeva due concorsi separati per giudici e pm.
L’obiettivo sarebbero, invece, “i valori fondanti della Carta". L’accusa è che il centrodestra voglia separare le carriere, modificare la struttura del Csm e le valutazioni disciplinari sui magistrati, per fare in modo che nel tempo il governo abbia sempre più controllo sulla magistratura.
Luca Pons, redattore area Politica Fanpage.it
Direi che è tutto, anche per oggi.
Grazie per averci accompagnato fino a qua.
Francesco