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Eccoci con una nuova puntata di Rumore, lo spazio in cui cerchiamo di partire dalle vostre domande per fare qualche ragionamento insieme. Anche nell’ultima settimana non sono mancate le notizie importanti di cui discutere, a partire dagli strascichi del vertice sull’Ucraina. Ma non solo.

Iniziamo a vedere cosa ci avete chiesto questa settimana voi che avete deciso di sostenere il nostro lavoro.

1)Perché non si decide tutti di non vendere più armi ad Israele e Mosca? Boicottare la violenza è l'unico sistema che possa incidere sulla fine delle guerre che creano solo orrore e morte Flavia

Cara Flavia, è vero che bloccare i rapporti commerciali è uno dei modi migliori per mettere pressione a un Paese. Gli interessi politici ed economici, però, spesso si mettono in mezzo. È dal 2014 che l’Unione europea ha bloccato la vendita di armi alla Russia, dopo l’annessione della Crimea. Ma allora si decise che i contratti già in vigore non sarebbero stati stracciati: semplicemente, si vietò di firmarne di nuovi. Nel 2022 un’inchiesta di Investigate Europe rivelò che tra il 2015 e il 2020 dieci Paesi europei avevano venduto forniture militari alla Russia per quasi 350 milioni di euro. Tra questi l’Italia, con 22 milioni di euro. Anche chiudendo questo ‘buco’, cosa avvenuta nel 2022, il commercio è continuato in modo indiretto. Ad esempio con armi vendute a Armenia o Kirghizistan (contro cui non ci sono sanzioni) che poi vengono inviate in Russia. Su Israele la questione è persino più complessa. Come ben sai, nonostante il genocidio in atto nella Striscia di Gaza, il supporto politico nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu è ancora diffuso in Europa. Senza parlare degli Stati Uniti, dove Donald Trump finora ha lasciato carta bianca a Tel Aviv. Non è un caso che il governo Meloni, al di là di generiche prese di posizione, finora non abbia approvato sanzioni commerciali nei confronti di Israele, neanche sulla vendita di armi, e in generale non abbia sostenuto azioni serie della comunità internazionale. Insomma, siamo ben lontani dal poter mettere “tutti” d’accordo sullo stop alla vendita di armi, anche solo guardando all’Ue e agli Usa.

Luca Pons, redattore area Politica Fanpage.it

2) Per quale motivo, in Italia, non abbiamo una vera opposizione? Perché la Schlein preferisce puntare sulla disperazione della gente, piuttosto che cambiare veramente il partito democratico? –Ivan

Ciao Ivan, quello dell’opposizione, soprattutto a sinistra, è un tema di dibattito già da molti anni. In generale, anche quando a essere in minoranza in parlamento è stato il centrodestra, abbiamo visto che non è stata fatta una vera opposizione, attiva e propositiva. Piuttosto ci si è limitati, almeno nella maggior parte dei casi, a criticare le scelte governative, senza suggerire alternative. Lo stesso possiamo dire che sta avvenendo ora che all’opposizione c’è il centrosinistra. Non mi limiterei quindi a dire che è un problema esclusivamente del centrosinistra, quanto delle attuali consuetudini governative che vedono rafforzato il ruolo del governo a discapito del parlamento. La maggior parte delle decisioni, per dirla in modo semplice, ormai vengono prese dall’esecutivo (quello presieduto da Giorgia Meloni, ad esempio, è ricorso talmente tanto ai decreti legge che è stato pure richiamato dal presidente della Repubblica) e soltanto confermate da camera e senato, dove chi appoggia il governo è quasi sempre tenuto a votare a favore. Questo però riduce al minimo il dibattito e quindi anche la possibilità, e potremmo dire lo stimolo, per chi siede nei posti della minoranza di proporre soluzioni alternative. Inoltre il centrosinistra italiano risulta decisamente più frammentato nelle idee e nelle posizioni politiche del centro destra, che su alcuni temi per loro identitari hanno una grande convergenza. Questo rende necessariamente più complicato mettere d’accordo tutti i suoi esponenti su un’unica proposta o soluzione. Già solo all’interno del Partito democratico, e qui arrivo alla seconda parte della sua domanda, coesistono anime differenti. Questo è dovuto anche alla sua origine, fatta dall’unione di partiti diversi con sensibilità diverse che devono trovare una comunione di intenti. Lo stesso successe, lo ricorderai, quando nacque il Popolo della libertà, un unico grande partito di centrodestra. Quell’esperimento non andò bene per lo stesso motivo e portò Berlusconi a voler tornare a Forza Italia. Il Partito democratico, invece, finora ha sempre cercato di avere ai vertici figure che potessero tenere insieme le varie sensibilità e farne un sunto, pensando che le soluzioni di compromesso che tenessero conto di tutti fossero le ricette migliori da offrire al Paese. Da quando è stata eletta Elly Schlein alla segreteria c’è stato un cambio di passo e, pur stimolando il confronto interno al partito, la nuova linea sembra essere quella di voler trovare un’identità unica e più definita (non a caso ci sono state diverse defezioni con la conseguente nascita di nuovi partiti elettoralmente più piccoli). Questo però è un processo che chiede tempo, ma che quando sarà concluso potrebbe portare maggiore determinazione politica al Pd. O almeno questa sembra essere l’intenzione.

Fabrizio Capecelatro, caporedattore Fanpage.it

3) Perché non si parla dell'istituzione del Crimine Contro l'Umanità di Persecuzione di Genere dello 8 luglio 2025 . è importante per noi donne , soprattutto per quelle Afghane? –Ketty

Ciao Ketty, purtroppo hai ragione: il mondo si è dimenticato dell’Afghanistan e di cosa significhi vivere sotto il regime dei Talebani per le donne afghane. Da quando le truppe statunitensi si sono ritirate dal Paese nell’agosto 2021 i Talebani hanno ristretto sempre più lo spazio dei diritti e delle libertà delle donne. Ci basti ricordare che con la “legge sul vizio e la virtù” le voci femminili non possono essere ascoltate in pubblico, che le donne non possono utilizzare mezzi di trasporto se non sono accompagnate da uomini, che le bambine e le ragazze non possono andare a scuola oltre una certa classe, non possono fare sport, andare nei parchi, lavorare nel settore pubblico salvo pochissime eccezioni. Insomma, nel Paese è in atto una vera e propria apartheid di genere. Per questo lo scorso gennaio Karim Khan, che è il procuratore capo della Corte penale internazionale, ha chiesto l’arresto del leader supremo dei Talebani, Mullah Hibatullah Akhundzada, e del suo giudice capo, Abdul Hakim Haqqani. L’accusa è proprio quella di aver commesso il crimine contro l’umanità di persecuzione “per motivi di genere, contro ragazze, donne e altre persone non conformi alla politica dei Talebani in materia di genere e identità”. La Cpi ha parlato di “atti di violenza diretta, ma anche forme di danno sistemico e istituzionalizzato, compresa l’imposizione di norme sociali discriminatorie”. Questa è sicuramente stata una decisione storica, perché è la prima volta che la Corte penale internazionale presenta un’indagine per crimini di persecuzione di genere: insomma, finalmente anche a livello istituzionale qualcosa si muove per tutelare le donne afghane. Finora, infatti, a denunciare la loro condizione sono state più che altro attiviste e organizzazioni, oltre ad articoli e reportage sulla stampa: ma bisogna fare di più, affinché i Talebani rispondano dei loro crimini. Da quando sono tornati al potere hanno goduto di una sostanziale impunità, che nessuno – dopo anni e anni di guerra sanguinosa e occupazione statunitense – ha voluto affrontare. Le donne afghane sono state tradite dalla comunità internazionale, che le ha abbandonate al loro destino. La decisione della Corte rappresenta un primissimo passo per invertire la rotta, ma è chiaro che da sola non può bastare.

Annalisa Girardi, vice capoarea video Fanpage.it

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