
C'è una vicenda che in questi ultimi giorni è al centro dei dibattiti sui social, sui giornali e in tv, che ha catturato l'attenzione di addetti ai lavori, comuni cittadini e soprattutto dei politici: è la storia dei bimbi di 8 e 6 anni che vivono nei boschi vicino Palmoli (Chieti) e che sono stati allontanati da casa e portati in una struttura protetta, perché il tribunale dei minori ha stabilito la sospensione della responsabilità genitoriale di Nathan Trevaillon e di Catherine Birmingham, mamma e papà dei piccoli. La decisione è stata presa per presunte lacune nelle condizioni sanitarie ed educative: la famiglia anglo-australiana vive in un rudere, "fatiscente e privo di utenze", sprovvisto di acqua corrente e di un bagno, a eccezione di un gabinetto a secco collocato all'esterno, per condurre una vita più a contatto con la natura. Il caso non è ancora chiuso e ci saranno sicuramente sviluppi, che magari porteranno al ricongiungimento della famiglia, una volta espletati tutti gli accertamenti tecnici, e una volta che i giudici avranno verificato che non ci sono rischi per la sicurezza dei minori. Vogliamo però concentrarci qui su uno degli aspetti evidenziati dal tribunale, ovvero l'assenza di socialità per i bambini e le possibili violazioni dell'obbligo scolastico. Anche se non è stato quest'ultimo aspetto in particolare a far propendere il tribunale per l'allontanamento dei minori.
IL TEMA DEL GIORNO
Cosa succede se ai bambini viene negata la relazione con i coetanei?
Nell'ordinanza del giudice che ha disposto l'affidamento ai Servizi sociali, c'è scritto che per i minori si evidenzia un pericolo di "lesione del diritto alla vita di relazione", sancito dall'articolo 2 della Costituzione. Si tratta di un punto centrale in questa storia: i bambini non frequentano le lezioni perché i genitori non sono d'accordo con il tipo di educazione impartita dalla scuola pubblica, ma secondo quanto emerso l'educazione parentale ricevuta non sarebbe idonea e conforme alla legge. Circostanza, quest'ultima, smentita dal ministero di Valditara, secondo cui invece l'obbligo scolastico non sarebbe stato violato, grazie a una corretta istruzione domiciliare. Il punto non è solo stabilire se tutte le carte fossero davvero in regola, e se cioè il dirigente scolastico della scuola più vicina avesse o meno ricevuto la documentazione completa da parte della famiglia (secondo l'ordinanza del tribunale non sarebbe così). Occorre anche domandarsi cosa potrebbe succedere negando ai bambini una vita ricca di relazioni con i coetanei. Nell'ordinanza si sottolinea che l'assenza di contatti con i coetanei potrebbe causare "conseguenze psichiche ed educative". L'homeschooling, lo chiariamo subito, è ammesso in Italia. Si tratta di un'alternativa alla frequenza delle aule scolastiche, come specifica il ministero, e comporta la decisione da parte della famiglia di provvedere direttamente all'educazione dei figli. Ma per i minori è fondamentale anche trascorrere del tempo con i loro pari al di fuori delle aule scolastiche, facendo attività ludiche, perché questo li aiuta a imparare a stare nei contesti sociali, a sapere negoziare, a costruire la propria autostima. Perché in futuro questi bambini dovranno essere in grado di staccarsi dalla famiglia, di essere autonomi e muoversi nel mondo.
I Servizi sociali hanno invece sottolineato che i bambini parlano male l'italiano, non conoscono le basi della grammatica e della matematica: l'educazione parentale in questo caso sarebbe una "no-schooling". Il padre, Nathan Trevaillon, ha dichiarato che i suoi figli frequentano i coetanei delle famiglie che la pensano come loro. La coppia sostiene che i bambini potranno scegliere quando saranno maggiorenni se trasferirsi in una metropoli ‘tossica'. Ma la domanda è: quando saranno diciottenni questi bambini avranno tutti gli strumenti per adattarsi in un contesto differente dal bosco? Saranno insomma davvero liberi di scegliere, come lo sono stati i loro genitori?
L’APPROFONDIMENTO
Bimbi nel bosco e nodo homeschooling, la parola ai pedagogisti: "Tutelare l'insieme dei diritti dei minori: crescere significa sviluppare competenze sociali ed emotive"
A proposito della vicenda legata alla famiglia nel bosco di Chieti, uno dei nodi emersi riguarda il cosiddetto “homeschooling”. Bisogna prima di tutto sottolineare che il tribunale che ha deciso l'allontanamento dei tre bambini dai genitori afferma che la questione scolastica – pur critica – non è la base dell’allontanamento: "Va evidenziato che l’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (art. 2 Cost.), produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore", si legge nell'ordinanza.
Sta di fatto che i piccoli seguono l’educazione parentale (o domestica). In pratica, non vanno a scuola ma per legge il dirigente scolastico è tenuto a dimostrare che l’obbligo all’istruzione viene comunque rispettato (cosa che è stata confermata sia dai legali della famiglia che dal MIM). Al di là del caso specifico, ci sembra importante fare una riflessione sull’educazione e la responsabilità genitoriale. Per farlo, abbiamo chiesto l’aiuto di Maria Angela Grassi, Presidente Nazionale ANPE (Associazione nazionale pedagogisti italiani), che ha risposto alle nostre domande.
Quale è la vostra posizione sull’homeschooling?
“L’homeschooling è una modalità educativa legittima e regolamentata dal nostro ordinamento, che consente ai genitori di curare l’istruzione dei propri figli in modo autonomo, svolgendo direttamente il ruolo educativo con i propri figli o affidandosi a insegnanti privati. Questa scelta educativa, sancita dall’articolo 30 della Costituzione, valorizza la possibilità di personalizzare i percorsi di apprendimento in base alle peculiarità del singolo bambino, promuovendo autonomie di apprendimento, curiosità e un rapporto di fiducia tra genitori e figli. Va però sottolineato che l’autonomia educativa richiede una grande responsabilità da parte delle famiglie per garantire il rispetto degli standard di istruzione previsti dalla legge, attraverso la presentazione di un progetto didattico e il superamento annuale degli esami di idoneità presso le scuole pubbliche o paritarie. Dal punto di vista pedagogico, questa scelta può favorire lo sviluppo integrale della persona, purché si mantenga un equilibrio tra conoscenze disciplinari e crescita socio-relazionale. Tuttavia, richiede un forte senso di responsabilità, capacità organizzativa e didattica da parte delle famiglie affinché si garantisca un livello di istruzione adeguato alle competenze previsti dagli standard di legge”.
Quanto è diffusa in Italia?
“L’homeschooling sta crescendo in Italia, con un aumento considerevole negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, che ha portato molte famiglie a sperimentare modalità di apprendimento alternative. Si stima che prima del 2020 ci fossero circa 5.000 studenti in homeschooling, mentre oggi si supera i 15.000, con una presenza significativa in regioni come Lombardia, Lazio e Sicilia.
Questo fenomeno riflette la domanda crescente di percorsi educativi più personalizzati e dal punto di vista pedagogico rappresenta una sfida significativa per mantenere un equilibrio tra personalizzazione dell’apprendimento e necessità di crescita sociale e relazionale, fondamentali per lo sviluppo armonico del bambino. La libertà di scelta educativa da parte dei genitori, però, richiede anche un forte accompagnamento da parte di professionisti e delle istituzioni per garantire un percorso di qualità e il rispetto dei diritti dei minori”.
Cosa ne pensa in riferimento alla vicenda dei bimbi di Chieti allontanati dai genitori con i quali vivono nel bosco?
"Riguardo alla vicenda specifica dei bambini di Chieti, preferisco non pronunciarmi, essendo a conoscenza solo superficialmente di quanto riportato dai media ed essendo consapevole della delicatezza della situazione. In proposito, mi permetto solo di evidenziare che è fondamentale che ogni caso venga affrontato nel rispetto dei diritti dei minori, valutando approfonditamente le situazioni individuali e garantendo il loro benessere psicofisico e sociale, nel rispetto delle normative vigenti e del principio che pone il benessere del bambino al centro della tutela educativa.
Dal punto di vista pedagogico, ogni intervento educativo deve tutelare l'insieme dei diritti dei bambini, rispettando i bisogni e i diritti degli stessi nella loro totalità, compresi quelli di socializzazione e di relazioni significative con altri coetanei e adulti competenti, oltre a quello di crescere nella propria famiglia di origine, come sancito dalla legge 184 del 1983 e dalle convenzioni internazionali, a meno che interferenze o condizioni di temporanea inadeguatezza rendano necessario un intervento a loro tutela. Ciò sottolinea la delicatezza della situazione dei bambini di Chieti e l’importanza delle scelte e delle soluzioni adottate per il loro presente e futuro”.
Nell’ordinanza del tribunale c’è scritto che "Va peraltro evidenziato che l'ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all'istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione”. Cosa significa? Siete d’accordo?
“A mio parere questa affermazione chiarisce che il tribunale si è concentrato sul rischio che i bambini subiscano un danno nelle relazioni sociali e nello sviluppo della loro vita affettiva, più che sulla mancata frequenza scolastica. Di conseguenza, è stato evidenziato come il pericolo principale per i minori non riguardi tanto l’istruzione formale, bensì la possibilità di sviluppare una vita di relazione equilibrata e completa, fatta di interazioni sociali, affetti e legami significativi con coetanei e adulti.
Lo sviluppo integrale del bambino richiede una dimensione relazionale vivace e tutelata, poiché le competenze emotive e sociali sono alla base del benessere e della crescita armonica della persona. Perciò un intervento che fissi priorità alla vita di relazione tutela il pieno diritto di ogni persona e non solo a un aspetto parziale della sua educazione.
Dal punto di vista pedagogico, questo sottolinea un aspetto fondamentale: crescere significa anche sviluppare competenze sociali ed emotive indispensabili per un equilibrio psicologico e una piena realizzazione personale. È quindi essenziale tutelare non solo il diritto all’apprendimento dal punto di vista cognitivo, ma anche quello alla socialità e alla relazione, che rappresentano aspetti imprescindibili della formazione di ogni individuo”.
L'EVIDENZIATORE
La curiosità di cui vogliamo parlarti questa settimana arriva direttamente da Malnate (Varese), dove all'Istituto Iqbal Masih sarà dato agli studenti e alle studentessa della scuola secondaria di secondo grado, per la prima volta in Italia, la possibilità di frequentare un corso da Deejay. Le lezioni saranno a cura dal DJ e insegnante MasterMax Deejay e coinvolgeranno in totale 25 alunni. Si tratta di un esperienza didattica e formativa unica nel panorama nazionale, che mescola musica, tecnologia e creatività, e che in Europa ha soltanto un precedente in Francia. "Abbiamo avuto un’ottima risposta: tanti ragazzi si sono iscritti con entusiasmo", ha spiegato il dirigente scolastico, Santo D’Angelo. "Il corso per Deejay è un modo per valorizzare la musica come linguaggio universale, ma anche per far capire che dietro ogni brano, ogni mix, c’è tecnica, studio e tanta passione. Siamo felici che la scuola diventi un luogo dove queste passioni possono crescere", ha concluso. E tu cosa ne pensi?
A cura di Ida Artiaco e Annalisa Cangemi