
Ciao!
Questo è il periodo dell'anno in cui tanti docenti precari attendono l'assegnazione delle supplenze annuali per il prossimo anno scolastico, procedura che dovrebbe concludersi in teoria tra fine di agosto e l'inizio di settembre. Una volta ricevuta l’assegnazione di una sede, bisogna presentarsi a scuola per la presa di servizio entro il 1 settembre, altrimenti si perde l'incarico.
Queste però non sono semplici regole burocratiche, hanno una ricaduta pratica sulla vita di tantissimi docenti, che magari provengono dal Sud o dalle Isole, e che si ritrovano spesso nel giro di 24-48 ore a fare le valigie e ad acquistare costosi biglietti aerei, e a dover trovare in fretta un alloggio, in città come Milano, Torino o Brescia, dove un monolocale può costare da 750 fino a 900 euro.
Il ministro dell'Istruzione Valditara proprio in questi giorni ha parlato di un piano welfare per gli insegnanti, lanciando l'idea di "alloggi a prezzo calmierato". Per il momento si tratta solo di belle intenzioni, di concreto non c'è nulla. Intanto però i docenti che attendono in questi giorni la convocazione non possono far altro che sperare di non spendere il loro primo stipendio in voli o in stanze prese all'ultimo momento in B&B. Nella newsletter di oggi abbiamo raccolto alcune testimonianze, storie che parlano di un disagio che i governi continuano a ignorare.
IL TEMA DEL GIORNO
Ora i docenti fuorisede devono spendere almeno 300 euro per prendere servizio a scuola
La questione del prezzo dei biglietti aerei alle stelle riguarda migliaia di docenti fuorisede in attesa di incarico, che sperano in una nomina a tempo determinato, una supplenza annuale (fino al 31 agosto), o una supplenza fino al termine delle attività didattiche (30 giugno). L'accettazione va fatta entro il 1 settembre, e la stessa scadenza vale per le assegnazioni provvisorie, cioè quelle che consentono ai docenti di ruolo di chiedere un trasferimento temporaneo presso un altro istituto scolastico.
Ma basta aprire un qualsiasi portale di ricerca e scorrere i prezzi delle compagnie aeree, per accorgersi che le stesse speculano proprio su chi in questi giorni deve tornare nella città in cui lavora, come spesso avviene in altri momenti dell'anno, con l'approssimarsi delle vacanze di Natale o di Pasqua.
Un volo da Palermo a Milano ad esempio per la data del 29 agosto costa 385 euro con Ita Airways, mentre se si prenota un volo Ryanair da Reggio Calabria a Torino per il giorno successivo il costo è di 308 euro, bagaglio escluso. Non se la passa meglio chi da Cagliari oggi scopre di dover andare a Bologna: costo del biglietto 306 euro, sempre con Ryanair. E potremmo continuare.
Tra l'altro la data del 1 settembre riguarda solo i primi bollettini di convocazione, poi i supplenti potranno ricevere una chiamata successivamente, anche a metà ottobre. Questo costringe tantissimi insegnanti a lunghi viaggi in auto, per risparmiare, per spostarsi da Sud a Nord. È il caso per esempio di Luca e Serena, una coppia di campani, di Salerno lui e di Benevento lei, una coppia di insegnanti che lavora in Lombardia. Serena dopo 7 anni ha ottenuto finalmente un posto a tempo indeterminato, Luca è ancora un docente precario, anche se è passato in prima fascia dopo aver superato il concorso Pnrr1. Le loro scuole si trovano in due province diverse, Brescia e Cremona, sono stati costretti a trovare una casa a metà strada. "Per tornare dalle famiglie in Campania utilizziamo soltanto la macchina, abbiamo la fortuna di essere in due, per cui dividiamo le spese della benzina, tra i 250 e i 300 euro per una tratta. Sarebbe meno stancante viaggiare in treno o in aereo, ma non possiamo permetterci di spendere 300 euro a testa", ci racconta Serena.
"Quando ho cominciato, da giovanissimo, magari avevo più energie, mi è successo di ricevere la convocazione in Lombardia e di non sapere fino a un'ora prima del mio arrivo dove avrei alloggiato. Anche perché, soprattutto nel caso di supplenze brevi, è difficile trovare un affitto. Ma partivo lo stesso, pur non avendo una sistemazione, avevo bisogno di accumulare punteggio", ci dice Luca.
L’APPROFONDIMENTO
Cattedre e caro-affitti, le storie di Carlo ed Elisabetta: “Metà dello stipendio per la casa, così si sopravvive”
Insomma, il caro-vita è un problema sempre più serio per docenti precari e no. A fronte di stipendi ormai al palo da tempo, gestire trasferimenti, affitti e spostamenti per raggiungere il posto di lavoro diventa sempre più difficile. Il risultato è la convivenza con l’incertezza e il dover affrontare costi mensili che spesso superano le entrate. Non è retorica: è quanto vivono giorno dopo giorno centinaia di insegnanti costretti a trasferirsi in città diverse dalla propria pur di avere una cattedra.
Lo sa bene Carlo, originario del Beneventano ma che da 5 anni vive a Carpi, in provincia di Modena, dove insegna diritto ed economia in un istituto tecnico. “Io sono di ruolo, ma da fuorisede devo sostenere il salasso degli affitti – spiega a Fanpage.it -. Lo stipendio base di un insegnante è sui 1400 euro al mese. Se si calcola che nella mia città il fitto di un bilocale è sui 600/700 euro al mese, escluse le utenze, si capisce come sia difficile risparmiare e costruire un futuro, una famiglia”.
Per Carlo “tutto è aumentato, dai generi alimentari alle utenze. Io vivo solo e sono passato dal pagare 40 euro di gas a bollette sopra i 100 euro. Insomma, si sopravvive. Ti fanno passare la voglia di fare questo lavoro, anche se è una scelta che rifarei sempre nonostante tutte queste problematiche”.
Anche Elisabetta, insegnante della primaria 30enne, pugliese ma trapiantata a Bologna, è costretta ad affrontare un disagio simile, a cui si aggiunge quello di essere precaria da ormai 5 anni. “Non ho niente di mio, vivo ancora in una casa in condivisione perché non mi danno il mutuo per comprarne una – ha raccontato a Fanpage.it -. È una vita di precarietà: essere lontani da casa significa non aver alcun supporto, significa continuare a pagare l’affitto anche d’estate quando non si lavora, significa mettere da parte poco o niente, anche perché il costo della vita è aumentato tantissimo. A ciò si aggiunga che non si sa mai fino alla fine se la chiamata per l’incarico arriverà o meno e quando”. Per questo, per arrotondare, è costretta a fare anche altri lavoretti. “Per vivere una vita normale, per avere il minimo indispensabile, a volte arrangio con lavoretti extra, tra ripetizioni e babysitting. Ho fatto anche la cassiera ai concerti”.
L’EVIDENZIATORE
Dopo tre mesi di scuole chiuse, una delle pause più lunghe d’Europa, quasi una famiglia italiana su 2 segnala difficoltà da parte di bambine, bambini e adolescenti nella ripresa scolastica, 3 su 10 notano perdita di competenze o peggioramenti relazionali. Sono alcuni dei risultati del sondaggio lanciato a luglio 2025 da WeWorld, organizzazione umanitaria attiva in oltre 20 Paesi, che insieme al duo ‘Mamma di Merda' ha chiesto alle famiglie italiane di raccontare come vivono questa stagione, a cui abbiamo deciso di dedicare il nostro angolo curiosità.
Dal sondaggio in questione emerge che "la lunga pausa estiva è un tempo vuoto che ricade quasi interamente sulle famiglie, trasformandosi in un esercizio quotidiano di equilibrismo tra costi, ferie e lavoro". Secondo il report, 1 genitore su 20 arriva persino a rinunciare a opportunità lavorative o ad abbandonare il lavoro per far fronte alla gestione del tempo estivo. E in questo scenario, le disuguaglianze si amplificano: "I centri estivi – spiegano gli autori del sondaggio – rappresentano un’opzione troppo costosa per molte famiglie, e le alternative accessibili sono poche”. La spesa media, infatti, è di circa 530 euro a figlio o figlia per l’intera estate, per un’iscrizione che in genere copre 4 settimane e mezzo, a fronte di una pausa scolastica che dura 13 o 14 settimane.
A questa spesa si aggiungono anche altri costi per coprire il buco dei centri estivi, come baby-sitter o altre figure educative. Così, per molte bambine, bambini e adolescenti, l’estate rischia di trasformarsi in un tempo sospeso. La situazione è ancora più critica nei contesti fragili, dove le opportunità educative e ricreative sono più scarse, o quando in famiglia è presente una disabilità. E tu cosa ne pensi? Le vacanze estive sono una opportunità o un sacrificio?
A cura di Ida Artiaco e Annalisa Cangemi