“Vogliono venire? Devono pagare”: con le truffe sull’immigrazione uno dei capi aveva comprato una Ferrari

Beni per due milioni di euro sequestrati, tra questi anche una Ferrari California: i numeri dell'operazione contro l'immigrazione illegale messa a segno questa mattina dalla Polizia di Stato con 45 misure cautelari rendono l'idea di quanto le tre organizzazioni finite nel mirino intascassero coi falsi contratti di lavoro, a discapito di cittadini stranieri, soprattutto provenienti dal Bangladesh e dallo Sri Lanka, che pagavano sia per la presentazione della pratica, sia, successivamente, se questa andava a buon fine. Il volume d'affari era così ingente che anche la camorra se n'era interessata: nell'indagine anche alcuni presunti appartenenti al clan Fabbrocino.
A capo della rete c'erano tre avvocati del Nolano (tutti finiti in carcere), ognuno dei quali guidava un Caf, e tra i destinatari delle misure cautelari c'è anche un poliziotto, che avrebbe materialmente inserito le richieste usando numerose identità digitali. Eseguiti complessivamente undici arresti in carcere, 23 ai domiciliari (tra collaboratori e mediatori) e undici misure cautelari meno afflittive.
"Vogliono venire? Devono pagare"
"Mi hai dato 200mila euro… mi dovevi dare 600mila euro.. vogliono venire? Devono pagare altrimenti se ne devono andare, non faccio neanche una carta se non mi pagano". A parlare nell'intercettazione, agli atti nell'inchiesta, è uno degli avvocati arrestati, ritenuto capo e promotore dell'organizzazione. L'indagine, che poi si è estesa grazie anche alle denunce sporte da diversi cittadini stranieri, parte dal monitoraggio di un poliziotto, in servizio nel Vesuviano, sospettato di essere in affari col clan Fabbrocino (non destinatario di misura cautelare e non indagato nell'inchiesta di oggi).
Di lui parlano due dipendenti del suo stesso commissariato, secondo i quali l'agente stava gestendo un'attività molto lucrosa e relativa ai "flussi" insieme ad un avvocato, e che la camorra avrebbe tentato un'estorsione da 100mila euro; l'agente, dicono ancora i due, si sarebbe però intromesso e avrebbe consegnato soltanto 10mila euro, raggirando però anche il "socio", a cui avrebbe detto di essere riuscito a ridurre il pagamento a 30mila, quindi intascando gli altri 20mila.
La Ferrari California sequestrata
L'automobile di lusso era nelle disponibilità di uno degli avvocati ritenuti a capo del gruppo. È stata acquistata nel dicembre 2016 con una spesa di 167mila euro, ritenuta sproporzionata rispetto alla situazione patrimoniale. Dalle indagini è infatti emerso che il professionista in quell'anno aveva un reddito disponibile di 97mila euro e che il nucleo familiare, per il 2015, aveva un saldo negativo nel calcolo a scalare di circa 210mila euro.
Circa due anni dopo la moglie dell'avvocato ha acquistato un'altra automobile, un'Audi da 37mila euro. E anche in questo caso la spesa è stata ritenuta sproporzionata. Ancora più evidente la situazione del 2022, come riportato nell'ordinanza: la coppia, a fronte di un reddito disponibile di 67mila euro, aveva acquistato beni mobili ed immobili per mezzo milione di euro. Per gli inquirenti i soldi erano i guadagni provenienti dall'immigrazione illegale.
Tra gli arrestati anche un poliziotto
Nelle indagini è coinvolto anche un poliziotto, in servizio a Napoli, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. L'uomo, secondo quanto ricostruito dagli investigatori (coordinati dalla Dda, procuratore Gratteri e aggiunto Del Prete), aiutava attivamente l'organizzazione, occupandosi dell'inserimento sul portale SUI (Sportello Unico per l'Immigrazione) delle richieste che poi sarebbero state inoltrate in occasione dei "click day".
In particolare, l'agente avrebbe inserito quelle pratiche usando le numerose identità digitali che gli sarebbero state fornite da uno degli avvocati a capo del gruppo.
L'interessamento del clan Fabbrocino
Le indagini sono partite da alcuni lavoratori, che hanno denunciato di avere pagato fino a 10mila euro per arrivare in Italia. Complessivamente le domande presentate, e su cui sono ora in corso accertamenti, sono circa 40mila. Il giro d'affari avrebbe attirato l'attenzione di esponenti del clan Fabbrocino, egemone nel Vesuviano: esponenti di rilievo del gruppo criminale avrebbero sfruttato i loro contatti diretti coi Caf per prendere parte al business e avrebbero imposto delle estorsioni.