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Covid 19

Un Posto al Sole senza il Coronavirus: è strano e brutto vedere una Napoli così

Un Posto al Sole torna in tv ma la soap opera Rai ambientata a Napoli è completamente avulsa dalla realtà. Un prodotto che fino a oggi aveva avuto il pregio di voler, tutto sommato, parlare di Napoli senza legarla solo allo stereotipo oggi senza riferimento al Coronavirus e alle difficoltà connesse alla pandemia, sembra una di quelle vecchie telenovelas sudamericane.
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La domanda da cui partiamo è una: una soap opera, una telenovela, deve per forza essere aderente alla realtà? La risposta è complessa. Le telenovelas sudamericane degli anni Settanta e Ottanta se ne fregavano della sospensione dell'incredulità. "Anche i ricchi piangono" era tutta un whiskey, baci e corna. Poi al mercatino dei Vergini ci pensavano i bancarellai ad ancorare il racconto alla realtà partenopea, vendendo intimo da uomo 3×2 come «‘E mutande ‘e Luis Antonio». Tornando ai tempi nostri: la soap italiana per eccellenza "Un Posto al Sole",  che per longevità ed ascolti  è un punto di riferimento della tv italiana, può fregarsene del Coronavirus? Ieri è andata in onda la prima puntata di Upas dopo una lunga pausa determinata dall'impossibilità di allestire set col distanziamento sociale e in piena pandemia. Gli esterni di Napoli si vedono poco, ovviamente, tuttavia colpisce il fatto che il racconto sia totalmente avulso dai fatti in corso.

Un prodotto televisivo del genere deve fregarsene o no dell'infame virus? Dipende. Un Posto al Sole sicuramente non può prescindere da una delle emergenze sanitarie planetarie più grandi dell'ultimo secolo. Restituisce una realtà ridicola, degna della  battuta «f4 – Basito» degli sceneggiatori di Boris. In Upas si parla di camorra, si parla di Napoli, perfino del limoncello, del presepe o del pallone. E perché quando oggi il set è allestito in un ospedale si fa finta che non sia accaduto niente? Sceneggiatori, attori, maestranze Rai sanno benissimo che pure per accedere ad un pronto soccorso oggi devono fare l'ira di dio. Perché invece nella soap opera c'è un mondo ideale? Sa di presa in giro.

«Ci preme sottolineare che le scene dei primi blocchi in onda, fatta eccezione di qualcuna, sono state girate in periodo pre-Covid e se se ne vedranno alcune di vicinanza girate alla ripresa saranno solo un escamotage della regia» ci tengono a sottolineare da Upas. In realtà il problema non è il distanziamento sociale riprodotto per la tv, il problema è che nel racconto si fa finta di niente. Tutti i personaggi ignorano ciò che sta accadendo. Non stiamo dicendo di far  recitare gli attori con mascherine chirurgiche e guanti in lattice, ma un prodotto televisivo che ha fatto dei riferimenti sociali e alla realtà uno dei suoi elementi di forza è ridicolo presentato così. Speriamo che qualcuno se ne renda conto.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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