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Esplosione a Ercolano

Tre morti nell’esplosione nella fabbrica di botti a Ercolano: chiesti 20 anni per imputati

Chiesti 20 anni di carcere per i due imputati a processo per la morte dei tre operai deceduti nell’esplosione della fabbrica di botti clandestina ad Ercolano (Napoli).
A cura di Nico Falco
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Aurora Esposito, la sorella Sara e Samuel Tafciu
Aurora Esposito, la sorella Sara e Samuel Tafciu
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La Procura di Napoli ha chiesto 20 anni di reclusione per Pasquale Punzo e Vincenzo D'Angelo, imputati per l'esplosione nella fabbrica di botti abusiva ad Ercolano (Napoli) che, il 18 novembre 2024, aveva causato la morte di tre giovani operai, le due gemelle 26enni Sara e Aurora Esposito e il 18enne Samuel Tafciu. La richiesta è stata formulata oggi dai pm Stella Castaldo e Vincenzo Toscano, nel corso del processo.

Esplosione a Ercolano, chiesti 20 anni per due imputati

D'Angelo e Punzo, secondo i pm, sono responsabili di omicidio volontario, seppure con dolo eventuale: in sostanza, pur non avendo deliberatamente causato l'esplosione che ha ucciso i tre ragazzi, sarebbero stati consapevoli del fatto che l'evento sarebbe potuto accadere e, proseguendo con la loro condotta, hanno accettato il rischio. La richiesta a 20 anni e non a 30 anni di reclusione è dovuta alla diminuente imposta dalla legge per la scelta del rito abbreviato, ovvero lo sconto di un terzo della pena.

Per il terzo imputato, Raffaele Boccia, i pm hanno chiesto 4 anni di reclusione: risponde solo di avere fornito la polvere pirica per la fabbricazione dei botti. Le famiglie delle vittime sono assistite dagli avvocati Massimo Viscusi, Francesco Pepe, Nicoletta Verlezza, Angelo Melone, Alessandra Cassandra e Ferdinando Letizia.

La strage nella fabbrica di botti illegali

La strage risale al primo pomeriggio del 18 novembre 2024. L'attività era totalmente illegale, nascosta tra le case. Il primo corpo ad essere recuperato era stato quello del 18enne, l'esplosione lo aveva scagliato a una ventina di metri di distanza. I corpi delle due gemelle erano stati recuperati soltanto il giorno successivo: i soccorsi non avevano potuto proseguire perché l'intera area era disseminata di botti inesplosi.

Dalle indagini è emerso che i tre lavoravano già da tempo per Punzo, occupandosi del confezionamento dei botti: Tafciu veniva pagato 250 euro alla settimana, alle sorelle l'uomo dava 150 euro alla settimana.

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